Il classico di cui desidero parlarvi oggi è piuttosto recente. Si tratta de Il racconto dell’ancella scritto da Margaret Atwood nel 1985.
Per molti questo titolo non risulterà del tutto sconosciuto. Infatti, non tutti sanno che la celebre serie televisiva The Handmaid’s Tale, prodotta a partire dal 2017, è tratta proprio dall’omonimo romanzo della Atwood che proprio in questi ultimi anni ha risentito di un nuovo quanto (in)aspettato successo.
Ma perché questo romanzo torna a far parlare di sé dopo tanto tempo? Scopriamolo insieme!
Il racconto dell’ancella: la trama
Le Ancelle, infatti, sono le uniche donne ancora fertili, affidate ai Comandanti e alle loro mogli affinché mettano al mondo, per loro conto, dei figli attraverso degli stupri ritualizzati.
La “autrice” del racconto è l’Ancella DiFred (tutte le Ancelle perdono il loro nome e ne assumono uno nuovo formato dal suffisso “di” seguito dal nome del proprio Comandante). Il romanzo è strutturato come il racconto della stessa Difred impresso su delle audiocassette ritrovate un secolo dopo.
E ovviamente è dal suo punto di vista che apprendiamo le complessità e la brutalità di Galaad ma anche di tutto ciò che ne sta fuori.
Finzione o realtà?
In effetti Galaad non ha astronavi, né è dominata da alieni o da strane tecnologie. Non siamo in un mondo fantascientifico ma in una realtà distopica, il cui spettro, però, non è mai stato tanto vicino a noi.
La straordinaria scrittura della Atwood così vivida e ricca di dettagli simbolici e scenografici permette immediatamente di comprendere che Galaad si poteva evitare se solo ci si fosse accorti dei segnali. Ma gli uomini de Il racconto dell’ancella li hanno volutamente ignorati, non diversamente da quanto, purtroppo, accade ancora oggi:
Vivevamo, come al solito, ignorando. Ignorare non è come non sapere, ti ci devi mettere di buona volontà. Nulla muta istantaneamente.
È questo ciò che spaventa di più in questo romanzo (come nello straordinario adattamento televisivo) ed è ciò che genera quella tensione narrativa che ti tiene incollato ad ogni pagina. Galaad è una creatura amorfa che si è nutrita e continua a nutrirsi delle paure, dei pregiudizi, delle ipocrisie e dell’arrivismo che si nascondono in ogni società odierna. È un’ombra grande e imponente che nel libro ha preso corpo ma che, sembra ammonire Margaret Atwood, non ci è poi tanto estranea.
Regimi e società
I regimi, dunque, non sorgono all’improvviso. Sono evitabili. Ma quando si realizzano si fondano su una costante: l’ordine.
Anche in questo la Atwood dimostra un’abilità strabiliante. Attraverso una narrazione lenta, misurata, ripetitiva trasmette l’assetto rigidamente gerarchizzato e regolato di Galaad. Tutto deve apparire perfetto, puro, in ordine, perché l’ordine è sinonimo di stabilità e di forza.
Nulla sfugge all’Occhio di Galaad (l’organo incaricato di vigilare sulla società) e ogni deviazione contro l’ordine e la natura (ordine e natura…di Galaad ovviamente) è punita severamente e con inaudita brutalità.
E le vittime prime di questa repressione sono le donne. Ma l’incubo di Galaad non è la crudeltà con cui queste deviazioni e storture sono punite, o nei soprusi che le donne sono costrette a sopportare. Sta, invece, nella santificazione con cui quell’ordine viene presentato: lo stupro diventa rituale di sopravvivenza; la maternità negata un sacrificio per l’umanità; la prigionia è liberazione:
Ora camminiamo per la stessa strada, a due a due, vestite di rosso, e nessun uomo ci grida oscenità, ci parla, ci tocca. Nessuno fischia. Esiste più di un genere di libertà, diceva Zia Lydia. La libertà di e la libertà da. Nei tempi dell’anarchia, c’era la libertà di. Adesso ci viene data la libertà da.
Perché la Storia ci insegna che è così che nascono i regimi: dalla sbagliata convinzione di creare una realtà migliore. Ma migliore, come spiega zia Lydia, che ne Il racconto dell’ancella ricopre il ruolo di educatrice, non significa meglio per tutti, ma significa, sempre, il peggio per alcuni.
Il femminismo di Margaret Atwood
E così se a Galaad governa l’ordine, il lettore respira disordine. Ne Il racconto dell’ancella non ci sono ruoli definiti: le donne sono schiave e sante, ma diventano anche carnefici non meno spietate degli uomini, assetati di potere o vittime inconsapevoli di qualcosa che loro stessi hanno creato.
Alla Atwood però, non è mai piaciuto essere definita una femminista. Certo è che gran parte della sua produzione è rivolta proprio alle donne e parla di riscatti, di lotte ma anche di sbagli e violenza.
Margaret Atwood vuole essere definita solo come scrittrice di storie. Ma ogni storia, si sa, mischia finzione e realtà e se ne può ricavare un insegnamento.
E, dunque, se un insegnamento c’è ne Il racconto dell’ancella forse non è tanto un invito alle donne a farsi sentire e a non lasciarsi sottomettere, ma un richiamo rivolto a tutti (non solo alle donne) a smettere di ignorare i segnali che il mondo ci offre, affinchè possiamo imparare ad interpretarli e ad impegnarci per migliorarlo nel modo corretto.