
Il mio disegno non era il disegno di un cappello.
Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.
Affinché vedessero chiaramente cos’era, disegnai l’interno del boa.
Bisogna sempre spiegarle le cose ai grandi.
Antoine de Saint-Exupéry
Cari iCrewers, oggi affronteremo un tema molto interessante per chi si trova a scrivere una storia, ovvero: il punto di vista.
Il Punto di vista
Leggendo molti libri mi sono spesso imbattuta in grossi errori dovuti a problemi nell’impostazione del punto di vista. Questo mi ha fatto rendere conto di quanto difficile e complicato sia il suo corretto utilizzo e quindi da qui ho compreso l’importanza di scrivere questo articolo.
Ma partiamo dall’inizio!
Il Punto di vista è anche chiamato con l’acronimo POV, abbreviazione del termine anglossassone Point of View. Consiste nella prospettiva da cui si decide di mostrare la storia che si vuole raccontare ai lettori. Quindi capirete che questa posizione viene data dalla voce narrante della storia, detta Narratore.
Quando si inizia a raccontare la propria storia bisogna avere ben in mente il tipo di narratore più adatto a narrarla.
Se si cade in errore la storia perderà veridicità e la lettura probabilmente verrà interrotta.
Il Punto di vista di vista di una storia non è sempre il punto di vista dell’autore
Bisogna subito chiarire che il punto di vista di una storia non coincide sempre con il punto di vista dell’autore; può sembrare banale, ma non è così ed è essenziale sottolineare questa affermazione.
Lo scrittore deve marcare nettamente quello che è il proprio punto di vista da quello dei suoi personaggi; questo, in particolare, se uno dei personaggi è anche il narratore della storia. Tanto più netta è questa separazione, tanto più è bravo lo scrittore e potrà separare le sue sensazioni, i suoi pensieri, le sue emozioni da quelle che realmente esprimono il carattere dei suoi personaggi.
La prima persona
I racconti in prima persona sono quei racconti narrati da uno dei personaggi della storia. Questo personaggio può o meno essere un protagonista. In questo caso la narrazione è affidata a un Io-narrante.
Se da un lato questa può sembrare la scelta più semplice per narrare una storia, in realtà è molto complessa per due motivi: l’autore non deve mai apparire nella storia, l’autore deve conoscere perfettamente il suo protagonista.
Tutto ruota attorno alla scelta di quale personaggio far parlare. Se scegliamo come narratore, ad esempio, un bambino, dovremmo curare ogni dettaglio, dal linguaggio da usare alle sue idee. Se non si rispettano queste regole la storia perde veridicità.
La sua maggiore difficoltà
L’autore deve restare bloccato nella posizione dell’io-narrante. Non può raccontare cosa fanno gli altri personaggi se il narratore non è presente e può solo analizzarli dal punto di vista di quest’ultimo.
Per questo motivo spesso l’autore sceglie di affidarsi a forme alternative di io-narrante. Come ad esempio nell’Ottocento andava di moda il romanzo epistolare. Oppure si può usare un io-narrante non protagonista, ma che rappresenti un personaggio minore, questo permette al autore di raccontare le vicende che hanno reso il protagonista ciò che è diventato.
Attualmente invece molti scrittori utilizzano un secondo narratore. In questo caso l’autore sceglie due io-narranti e sotto al titolo del capitolo inserisce il nome di chi sta raccontando la vicenda.
La terza persona
In questo caso la voce narrante non è un personaggio della storia, bensì una voce esterna creata dall’autore con lo scopo di raccontare i fatti.
Solitamente in questo caso il punto di vista coincide con l’io-narrante in prima persona, ma il tempo verbale usato è in terza persona.
I vantaggi: il narratore può usare il linguaggio che preferisce anche se esprime il punto di vista del personaggio narrante. Questo tipo di narrazione inoltre rende impossibile capire ciò che accadrà fino alla fine della storia. Con l’uso della terza persona si include il fatto che il protagonista potrebbe non essere sopravvissuto alle vicende per poterle raccontare e questo consente di avere un finale imprevedibile.
Un esempio è Il Signore degli Anelli. La storia è raccontata dal punto di vista di Fordo Baggins, ma scritta in terza persona e questo non esclude che egli sia realmente sopravvissuto alla vicenda; infatti, il libro avrebbe potuto tranquillamente terminarlo Samvise Gamgee.
La terza persona onnisciente
Il narratore ha uno sguardo illimitato sulla narrazione, uno sguardo che travalica lo spazio e il tempo. Può accedere ai pensieri di tutti i personaggi, conosce tutto su di loro e decide di raccontare i fatti nel modo che ritiene più opportuno.
Questo è il punto di vista usato nei poemi omerici, è molto antico.
Il suo svantaggio: se questa persona non è usata in modo corretto può far allontanare il lettore dai personaggi creando un rallentamento della storia.
L’opera più celebre scritta in terza persona onnisciente sono i Promessi sposi di Alessandro Manzoni.
La terza persona multipla
Con essa s’intende l’uso di una terza persona in cui l’autore propone dei punti di vista differenti. Quello che muta è il punto di vista che può spostarsi da un personaggio all’altro anche se solitamente ne esiste uno dominante, ma è sempre possibile cambiarlo.
La sua difficoltà: l’autore deve separare nettamente il carattere dei personaggi che narrano la vicenda. Saranno diverse le loro idee, i loro valori, le loro esperienze. Inoltre l’autore deve concentrarsi a rimarcare l’attenzione del lettore sul protagonista.
Un esempio molto famoso può essere Il Confessore di Jo Nesbo; qui il punto di vista è affidato a molti personaggi, ma mai al protagonista.
La seconda persona
La seconda persona è uno stile narrativo molto raro e utilizzabile solo per un certo numero di storie.
Troviamo un narratore esterno, ma che si rivolge direttamente al lettore usando la seconda persona singolare, ovvero il “tu”.
Un esempio di racconti che usano questa opzione narrativa sono i Librogame, genere da noi trattato nella rubrica: “Guida ai generi Letterari”.
http://www.icrewplay.com/librogame-vs-videogame/
In questo caso il lettore è il vero protagonista della storia e l’immedesimazione è spinta alle sue estremità.
Se è pur vero che può sembrare divertente la seconda persona è molto complessa da usare e spesso è relegata solo per brevi stralci di un romanzo, molto più facile è invece usarla per la scrittura degli articoli.
In conclusione voglio sottolineare che la storia non prescinde dalla scelta del punto di vista più adatto per raccontarla. Dovete essere voi e la vostra esperienza a scegliere.
E voi quale punto di vista sceglierete?
Vi saluto cari iCrewers e come dico sempre:
SOGNA, LEGGI, SCRIVI, SEMPRE!!
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