Il premio Nobel Ivan Bunin nasce come poeta nella Russia zarista di fine ottocento e diviene prosatore con una serie di apprezzati racconti. Se dovessi dirti, caro iCrewer, che ero una fine conoscitrice di questo importante autore russo, premiato nel 1933 con l’ambito riconoscimento, ebbene ti direi una bugia. Prima di questo articolo in effetti non avevo idea di chi fosse. L’obbligo di documentarmi per scrivere queste, seppur poche e superficiali, righe, mi ha aperto uno scorcio di una Russia affascinante e cupa, magnetica e raccapricciante.
Ma andiamo con ordine o rischio, caro iCrewer, di darti un’immagine confusa e distorta del premio nobel Ivan Bunin. Pubblica il suo primo componimento a diciassette anni, siamo intorno al 1883, a mezzo di una rivista letteraria di San Pietroburgo e da lì il il suo astro letterario non scenderà più. Insignito nel 1901 del Premio Puskin, diviene membro onorario dell’Accademia russa delle scienze.
Nel 1903 inizia una serie di viaggi che lo porteranno a conoscere e a mettere a paragone le realtà sociali dell’Europa occidentale e di quella orientale de daranno come frutto artistico, una serie di racconti che escono dai confini imperiali. Il più noto, forse è Il signore di San Francisco che narra di come un milionario aericano in viaggio con moglie e figlia, muore d’improvviso e sullo stesso piroscafo su cui è arrivato a San Francisco, torna a casa in bara.
Solo nel 1910 scrive il suo primo romanzo, Il villaggio, a cui fece seguito Valsecca e continua la sua produzione con racconti e storie in prosa che offrono da un lato la visione di una Russia rurale dura, sporca, povera e dall’altro l’immagine decadente della nobiltà zarista. Una prosa densa e dettagliata, che non edulcora e non risparmia.
“Che la veridicità artistica sia il tratto più caratteristico dell’arte di Bunin è stato riconosciuto sempre dalla critica, sia che essa fosse rivolta a metterne in rilievo gli aspetti formali (linguistici, pittorici, musicali) sia che cercasse di trarne elementi di questa o quella problematica sociale o psicologica” Cit. Ettore Lo Gatto
Il premio Nobel Ivan Bunin ci fornisce uno spaccato direi quasi cinematografico delle problematiche della vita nelle campagne russe e della piccolezza dell’uomo in confronto alla vastità, immensa e insormontabile, della Natura. Ciò non deve confonderci in merito alla natura di Bunin, mai abbandonata neanche negli anni dell’esilio e dell’avversione al nazismo. L’arte di Bunin non era a servizio dei problemi sociali bensì dell’arte in sè per sè.
Il premio Nobel Ivan Bunin rimane avulso dalle prese di posizioni squisitamente politiche, pur avendone di proprie, limitandosi a ritrarre gli accadimenti, interpretando le vicende sociali con gli strumenti della critica politica dell’epoca, contrapponendo capitalismo sfruttatore a proletariato sfruttato senza però immedesimarsi nell’una o nell’altra parte. Il premio Nobel Ivan Bunin rimane al di sopra, interessato alla vita dell’uomo inserita nella grandiosità della natura, alle dinamiche psicologiche della massa che interpreta e non segue.
La rivoluzione del 1917 fu la causa di una lunga interruzione della produzione del premio nobel Ivan Bunin, che dopo aver combattuto la sua battaglia in Russia, a fianco dell’Armata bianca, sconfitta dai bolscevichi, fugge da Odessa e rifugia a Parigi, da dove scrive le più ‘russe’ delle sue opere, venate da una inevitabile nostalgia. Degli anni di silenzio di Bunin ci sono rimaste alcune testimonianze poetiche in un diario pubblicato in forma abbreviata: tutto o quasi tutto ciò che Bunin scrisse lontano dalla Russia morò a dimostrare il suo amore per la Patria perduta.
Fu premiato con il Nobel nel 1933, primo autore di origine russa, e morì nel 1953 di un infarto seguito a una debilitante polmonite. Non tornò mai più in Russia da vivo, ma vi è seppellito. I suoi lavori ebbero una rilettura durante i decenni dell’URSS in chiave anti nobiliare: vennero interpretati come la testimonianza della decadenza della nobiltà e della Russia in mano all’oligarchia. Più di recente, i romanzi di Bunin e i suoi racconti da viaggiatore, che danno prova della conoscenza dell’animo umano e della sua volontà di rappresentare la grandezza della natutra al di là dei confini caucasici, sono tra i libri più letti e pubblicati in Patria.