Il libro delle due vie
Caro iCrewer abbiamo da poco terminato il nostro giro letterario intorno al mondo, ma oggi per la rubrica Volere è potere ho intenzione di riportarti un attimino a visitare nuovamente il magico mondo dell’Egitto, ché è sempre fonte di nuove scoperte ed emozionanti ritrovamenti. Qualche tempo fa nella necropoli di al-Asasif, nella Valle dei Re è stato rinvenuto un sarcofago riccamente decorato, dai vividi colori, risalente ad almeno 4000 anni fa; una delle sorprese cui si sono trovati di fronte gli archeologi è il frammento di un libro, Il Libro delle Due Vie, già conosciuto dagli storici e considerato il progenitore dei testi sacri Amduat e Libro dei Morti.
Ma che cos’è il Libro delle Due Vie?
Il Libro delle Due Vie è praticamente una guida completa utile al defunto per raggiungere l’Aldilà, attraverso appunto due itinerari, uno via acqua e uno via terra, con tanto di pericoli contrassegnati e formule magiche utili a superarli.
“Il testo risale al Medio Regno e solitamente decorava il fondo delle bare lignee rettangolari provenienti dalla necropoli di Deir el Bersha; vi era descritto il viaggio del defunto attraverso due strade che conducevano all’Aldilà e pare collegassero l’Oriente con l’Occidente. Sorvegliate da terribili guardiani apparivano divise tra loro; la prima era una via d’acqua sulle cui rive sorgevano parecchie località infestate da ostili geni di fuoco e, all’estremità, la “Campagna della Felicità”, posta sotto la sovranità di Osiride.
Il defunto percorreva questa via con il dio Thot identificandosi poi con lui; questo viaggio si può considerare come una traversata del cielo notturno anche se non vi è traccia di una barca sul corso d’acqua. La seconda è una via di terra, tracciata in nero, una specie di argine tra le distese liquide, il defunto si muove lungo questa via sulla barca solare insieme al dio Ra, al quali poi si assimila; questa è la traversata del cielo diurno.
Il viaggio del defunto ha come meta finale il territorio di Horus l’Anziano. Solo dopo molte curve le due vie si incrociano in quella che è la prima tappa del cammino: Rosetau. Con questo nome si indicava la necropoli dove il defunto entrava in contatto con il mondo sotterraneo posto ad occidente. All’ingresso, dove le due Vie si incontravano, vi erano alcuni geni detti “mastiu”, cioè accovacciati, che stringevano tra le mani dei serpenti. Durante la notte il defunto, accompagnato da Ra, entrava nel “Castello della Luna”, una sala enorme con una porta monumentale, portando con sé la dea Maat, che qui appariva come Iside, posta a prua della barca notturna.
Il libro delle due vie
La sensazionalità della scoperta risiede nel fatto che altri frammenti erano stati trovati, ma erano tutti datati posteriormente; in pratica sembra che questo appartenga alla più antica versione del Libro delle Due Vie e che rappresenti addirittura il primo “libro” illustrato della storia.
Possiamo affermare senza ombra di dubbio che il popolo egizio credeva fermamente nella possibilità di avere il controllo del proprio destino, anche dopo la fine della vita terrena, e che il corpo fisico fosse solo uno dei tanti passaggi che l’anima avesse la possibilità di percorrere; la cura e le attenzioni ai minimi dettagli, seppur riservate solo ai pochi eletti, raccontano di una cultura che già migliaia di anni fa si preoccupava di tutti gli aspetti legati alla vita, alla morte, agli altri mondi – fisici e non – e che era davvero avanti a livello di consapevolezze e studi scientifici.
Volere è potere sembra proprio il motto che accompagnava la loro esistenza terrena! E ciò che hanno lasciato in eredità è un patrimonio assolutamente da preservare e tutelare e da diffondere al fine di tornare a vedere il mistero dell’esistenza nella sua totalità, nelle sue infinite possibilità: filosofia questa che nel corso dei millenni sta perdendo di valore, spesso accantonata come mera superstizione. Personalmente credo che per continuare a fare passi avanti l’uomo debba fare anche un passo indietro e abbia il dovere di riappropriarsi del lato esoterico intrinseco nell’umanità, ché, come suggerisce l’origine stessa della parola che deriva dal greco esōterikós – ‘interno’, è stato forse lasciato un po’ troppo andare e merita di essere reintegrato in ogni cultura.
Does this pattern have any connection with the transits of Venus across the ecliptic?
I don’t know, what has been found is a fragment and there are many theories