Eccoci, amico iCrewer, a un nuovo appuntamento della nostra rubrica dedicata ai classici. Ai libri cui spetta di diritto un posto d’onore negli scaffali delle librerie e nei ripiani delle nostre biblioteche personali. Vista la prossimità delle feste, penso sia giusto parlare del romanzo natalizio per eccellenza: Il canto di Natale di Charles Dickens.
Diciamoci la verità: chi di noi non lo conosce? O per lo meno chi non conosce la storia? Tutti, in qualche modo, ci siamo incappati durante l’avvicinamento al Natale che si compie ogni anno. Chi con uno dei tanti film tratti da questo romanzo, chi attraverso qualche fumetto che ne ricalca la storia e chi leggendo proprio la versione originale. Ma siamo proprio sicuri che l’abbiamo letta tutti?
Il canto di Natale: una novella di Charles Dickens
La domanda è lecita, proprio per il fatto che da questo romanzo sono state tratte centinaia di trasposizioni teatrali e cinematografiche. Senza contare le parodie e gli adattamenti con personaggi di fantasia: mi viene in mente una versione che devo avere da qualche parte fatta a fumetti con i personaggi classici della Disney.
Quindi do per certo che tutti conosciamo la storia: quella del vecchio Scrooge che grazie alla visita dei fantasmi dei Natali passati si converte e diventa da tirchio e cattivo a buono e generoso durante la notte di Natale. Ma in quanti abbiamo sfogliato le pagine de Il canto di Natale nella versione originale del 1843 scritta da Charles Dickens? Io solo di recente, circa due anni fa.
Intanto trovo meraviglioso che un racconto scritto ormai quasi duecento anni fa sia ancora la storia di Natale più bella e più toccante da leggere. Ho detto racconto perché di questo si tratta, ovvero di un romanzo breve che l’autore ha inserito nella serie de I libri di Natale che si compone di altri titoli scritti tra il 1843 e il 1848.
Un testo che punta dritto al cuore del lettore e che mescola la magia del Natale con un’atmosfera gotica ricca di elementi fantastici. Non solo, scavando a fondo nel significato della trama, si trovano elementi di critica della società di allora, sospinti dall’impegno della lotta contro la povertà e lo sfruttamento minorile.
Il canto di Natale, specie nel capitolo dedicato alla visita del fantasma del Natale presente, è commovente. Durante la lettura mi è sembrato davvero di essere alla finestra della piccola casa della famiglia Cratchit e, grazie al talento letterario dell’autore, ho provato tutta la compassione possibile per la descrizione del loro Natale. Mi sono commosso per il destino del piccolo storpio e malato Tim.
In questo senso l’effetto che la situazione doveva avere sul vecchio Scrooge mi ha investito completamente. Anche se fortunatamente io non avevo, e non ho, bisogno di nessun tipo di conversione verso l’apertura del mio cuore. Almeno credo di sostenere una vita equilibrata in questi termini. Credo.
Ti segnalo dunque amico lettore, l’edizione uscita per Feltrinelli nel 2016, quella che ho acquistato prima delle feste due anni fa e che ho divorato nel periodo che va da Natale a Capodanno.
Questa la sinossi:
È il più famoso tra i racconti natalizi scritti da Dickens. Una storia che ha avuto la capacità di attingere all’immaginario popolare e a sua volta plasmarlo con forza. Per esempio, il disneiano Paperon de’ Paperoni in inglese si chiama Scrooge McDuck, come l’“avaro cattivo e senza cuore” di questo racconto. Scrooge è talmente arido da rifiutare anche il calore del Natale, per lui solo una perdita di tempo e di soldi.
Sarà il fantasma del suo ex socio Jacob Marley a visitarlo per primo. Poi sarà la volta di altri tre spiriti, che gli restituiranno in rapida sequenza la visione del suo Natale passato (di quando cioè lui era un bambino solo e triste), di quello presente (quello del suo contabile Cratchit e del figlio in predicato di morte per la mancanza di cure adeguate) e infine del Natale futuro, quello della sua morte, che verrà accolta con derisione e freddezza da tutti i suoi conoscenti.
È in questo momento che il vecchio avaraccio si pente dei propri comportamenti e cambia registro, ravvedendosi e finalmente celebrando in modo adeguato lo spirito del Natale, con generosità e trasporto per gli affetti familiari. Il celeberrimo racconto dickensiano, tante volte riadattato dal cinema, dalla televisione e persino dal fumetto, in una nuova, puntuale traduzione.
Insomma un racconto che fa sognare e che emoziona tutte le volte. Che sia letto nella versione originale, in quella a fumetti, che sia visto al cinema o in un cartone animato rimane sempre la più bella storia di Natale mai raccontata.
Almeno per quello che è il mio gusto.
Alla prossima e… buone letture!