Tutti noi conosciamo i sette vizi capitali, c’è chi li condanna e chi farebbe di tutto per lasciarsi andare ai peccati tanto condannati dalla Chiesa. Secondo Tommaso D’Aquino, i vizi capitali ne generano altri. E dunque, di peccato capitale spesso si macchia la grande narrativa quando crea emblematici personaggi “viziosi”, dai quali discendono un numero infinito di cloni letterari e tutta un’ampia varietà di peccatori eccellenti.
Molti studiosi di sociologia e di psicologia, molti teologi e antropologi ci hanno trasmesso la propria opinione sui peccati capitali e su come, in diverse epoche, ne è mutata l’accezione e la percezione di gravità sociale. Attraverso 7 incontri, svilupperemo 7 articoli che tratteranno ogni vizio in maniera più approfondita.
I sette vizi capitali
I 7 peccati capitali sono un elenco di comportamenti perpetrati che portano alla corruzione dello spirito dell’uomo, poiché si impadroniscono della vita dell’uomo svuotandolo completamente delle virtù dello spirito.
L’elenco dei 7 peccati capitali fu stilato da un monaco asceta di nome Evagrio Pontico, verso la seconda metà del 300 d. C. Evagrio nel primo elenco descrisse 8 peccati capitali, “aggiungendo” la tristezza e la vanagloria ma omise l’invidia.
Nel corso dei secoli la tristezza venne raggruppata nell’accidia e la vanagloria nella superbia, più tardi, infine, venne aggiunta l’invidia. Ecco l’elenco dei 7 peccati capitali pervenuto ai nostri giorni.
1. Superbia
La superbia si manifesta nella volontà che gli altri riconoscano al superbo la sua superiorità totale, che essa sia derivata per meriti o non sia palpabili nella realtà, superbia vuole il riconoscimento e la sudditanza dell’altro. La superbia si manifesta con eccessiva autostima e disprezzo per gli altri.
Viene considerato il peccato più mortale (per lo spirito) dei 7, poiché il superbo si vuole sostituire a Dio, infatti giudica gli altri, stila e mette in pratica sentenze nei confronti degli altri uomini.
2. Invidia
L’invidia è la tristezza che nasce nell’uomo nel constatare che altri individui hanno qualità o cose che lui non possiede. Nasce dalla miseria interiore del paragonarsi agli altri, giudicandoli negativamente per quello che sono o hanno.
L’invidioso è felice quando agli altri la vita va male o perdono qualcosa che agli occhi degli altri e dell’invidioso li rende speciali per le loro qualità acquisite.
3. Lussuria
La lussuria è la perdita di sé stessi nel piacere sessuale. Si esprime nel piacere sessuale fine a sé stesso, nel quale non solo svuota completamente lo spirito di chi la pratica, ma svuota completamente anche le proprie vittime.
La lussuria non prova amore per sé stessi o per l’altro, non prevede nemmeno la riproduzione, la lussuria si ciba solo del piacere dell’atto sessuale. Il lussurioso dunque salta di persona in persona per continuare a provare un piacere insaziabile che si scarica ad ogni orgasmo.
4. Gola
La gola è l’ingordigia totale, l’insaziabilità non solo del cibo come farebbe pensare il termine, ma di qualsiasi cosa. Esprime l’ingordigia, dei pensieri, dei vizi, delle emozioni e dell’accumulare denaro con qualsiasi mezzo.
La gola è il peccato dell’insaziabilità su tutti i piani materiale e spirituale. Va di pari passo con la lussuria quando si unisce all’insaziabilità sessuale.
La gola si manifesta anche nello spreco come disprezzo nei confronti dell’abbondanza.
5. Accidia
L’accidia è il rifiuto del vivere e si manifesta come una noia e inerzia costante nel praticare qualsiasi tipo di opera o azione. L’accidia si esprime anche nella meccanicità del vivere e nell’apertura all’evoluzione in tutti i campi, che sia materiale o spirituale.
6. Ira
L’ira è una rabbia animalesca e irrefrenabile che acceca la mente, svuota il cuore e distrugge tutto ciò che ha di fronte in nome e per conto di un torto subito. Acceca la ragione e si nutre non solo degli istinti animali dell’uomo, ma anche dei pensieri e dei sentimenti. Infatti carica di rabbia l’uomo come fosse posseduto, alimentando la mente di pensieri incessanti e portando l’odio nel cuore.
L’unico antidoto dell’ira rimane il perdono, il perdonare sé stessi e gli altri per i torti subito.
7. Avarizia
L’avarizia consiste nell’identificare sé stessi nei beni materiali, a tal punto da non volersene separare. In poco tempo l’avaro è vittima della sua stessa prigione d’oro, dalla quale non ne sa uscire eliminando qualsiasi persona che possa in qualche modo intaccare il suo tesoro.
L’avarizia si differenzia dall’avidità (Gola) in quanto la prima si forma attraverso un’attaccamento morboso ai beni materiali, ma non solo anche a persone o animali, la seconda deriva dall’insaziabilità dell’accumulo di qualsiasi cosa.
Il peccato di Gary A. Anderson
Per completare e approfondire il significato dei sette vizi capitali, ti consiglio di leggere Il Peccato di Gary A. Anderson. Ecco la trama:
Che cosa è il peccato nella tradizione giudaico-cristiana? In che modo i suoi effetti perdurano e possono estinguersi attraverso il tempo? Come è possibile espiare le azioni peccaminose?
In questa acutissima e brillante analisi storico-filologica dei testi biblici l’Autore documenta il processo attraverso cui il peccato, concepito negli strati più antichi della Bibbia come un fardello caricato sulle spalle di chi ha commesso una colpa, o una macchia sulle sue mani, si modifica significativamente a partire dal periodo del Secondo Tempio e via via fino al II secolo a.C.
Il peccato assumerà nel Nuovo Testamento, in tutta la letteratura rabbinica e nella cristianità aramaica, la metafora commerciale-finanziaria del debito che deve essere ripagato.
L’idea della macchia resterà, ma a quella del fardello si sostituirà l’idea che nel gran libro contabile di Dio, nella banca celeste, verrà registrato un debito: il peccatore diviene il debitore che potrà estinguere il suo debito con la pratica costante dell’elemosina. L’uomo virtuoso e caritatevole diventa invece un creditore il quale accumula un tesoro in cielo che frutterà interessi.
Una nuova concezione che subì un tormentato ripensamento all’insorgere della Riforma protestante.