Alessandro Moriccioni mi mette in difficoltà con la recensione di I pittori maledetti.
Un libro che racconta le vite di tanti artisti, ma non è una biografia, che tutto il mondo ammira, ma in che modo le racconta? Proprio qui sta il problema. L’autore si mette in gioco con un linguaggio che, in alcuni tratti, si allontata da quello solito con cui si tratta di arte e di artisti e fin qui nulla da eccepire. Ognuno è libero di cercare la propria strada per esprimersi.
La mia domanda è: quanto giova a un testo che parla di arte utilizzare un certo genere di linguaggio che si dissocia quasi totalmente con il mondo della pittura, dell’architttura e della scultura?
Alessandro Moriccioni analizza tanti, mi prendo la licenza di dire troppi, pittori di fama mondiale passando attrivarso diversi secoli e altrettante correnti culturali. Alcuni capitoli li dedica proprio a spiegare dei periodi storici in particolare e ciò che è nato o variato in quelle epoche. Lo fa con conoscenza dell’argomento, considerando diverse prospettive, ma non mi convince.
Perchè tanta critica rispetto al testo di Alessandro Moriccioni?
Il libro si apre con Brunelleschi, viene considerata la sua vita dal punto di vista dell’artista che ha avuto la possibilità di lavorare per grandi della storia, dai papi alla famiglia Medici. Il ritratto dell’artista in quanto tale non da nulla di più rispetto a quanto già è risaputo, per quanto concerne la sua vita invece vengono svelati dei retroscena che molti non conoscono, ma che non ho trovato particolarmente interessanti.
La stessa cosa per tutti gli altri artisti che vengono trattati nel medesimo modo, lo stile narrativo non varia e diventa ripetitivo.
Forse concentrarsi su meno personaggi e approfondire i soggetti avrebbe dato una marcia in più al testo che, a livello di lettura, risilta piacevole e senza alcun tipo di errore.