Gusci pubblicato in Italia nel Maggio 2020, è il romanzo d’esordio di Livia Franchini. Il libro in lingua inglese è uscito in Inghilterra nel 2019 con il titolo Shelf Life. In Italia è edito da Mondadori con la traduzione e riscrittura di Veronica Raimo.
L’autrice vive stabilmente, da circa tredici anni, in Inghilterra ed è tra le fondatrici di FILL, il festival della letteratura italiana a Londra. Toscana di origine, è scrittrice, traduttrice, poetessa e sta conseguendo un dottorato in scrittura creativa.
La scelta di vivere in Inghilterra ha spinto Livia Franchini ad affrontare la stesura di Gusci in lingua inglese. L’autrice, pur essendo di madre lingua italiana, ha voluto cimentarsi nella scrittura in inglese per dare alla sua prima pubblicazione un respiro internazionale. Inoltre, come lei stessa afferma in un’intervista, la scelta dell’inglese deriva anche dall’attrazione per il Minimalismo americano, tendenza letteraria (narrativa nello specifico) nata negli USA nel corso degli anni Ottanta.
Pur nella loro disomogeneità, gli scrittori minimalisti sono accomunati da un’attenzione alle vicende quotidiane nei loro aspetti più usuali e ripetitivi. Privi di particolari legami con la tradizione letteraria, i minimalisti si distinguono per uno stile volutamente piano e uniforme, e per il frequente ricorso a temi autobiografici.
Ho riportato la definizione di Minimalismo perché mi sembra aderisca con la struttura di Gusci: il romanzo narra appunto le vicende quotidiane di Ruth infermiera in una casa di riposo, con pochissimi rapporti sociali che improvvisamente vede crollare l’impalcatura della sua esistenza, fino ad allora serena. Da qui l’inizio, capitolo dopo capitolo, di una ricostruzione della vicenda che si può identificare con la ricostruzione della sua vita dopo le macerie lasciate dall’abbandono.
Gusci narra, in parole povere, la fine di un amore con tutto quello che ne consegue in termini di sofferenza. Detto così potrebbe sembrare la solita solfa: lei che viene lasciata quasi improvvisamente, senza nessun motivo apparente e che soffre come una bestia, lui che se ne va senza lasciare quasi tracce di sé, lei che si sforza di ricominciare da sola e che non sempre riesce a superare il dolore.
Ecco, se il romanzo voleva essere minimale, questa mia descrizione sembra minimale al cubo, ma… Il ma c’è. Eccome. Perché se, stringi stringi, il nocciolo della trama è quello da me descritto sopra, è la struttura, l’impostazione che Livia Franchini ha dato a Gusci a fare la grossa differenza.
Gusci, una struttura originale
L’originalità del romanzo è proprio nella sua struttura: Livia Franchini racconta la sua storia attraverso la lista della spesa. E giudica tu, caro lettore, se non è una trovata originale! I vari capitoli in cui Gusci è diviso, hanno quasi tutti il titolo di un prodotto di uso quotidiano: e quindi uova, pane in cassetta, tampax, pollo arrosto, pomodori, eccetera, diventano quasi, tra i ricordi del passato e gli eventi del presente, il filo conduttore di ogni capitolo.
Un’invenzione questa che non solo stupisce per la sua originalità ma spinge il lettore a leggere con voracità e interesse. La lettura risulta quindi interessante e piena di fascino: la lista della spesa, l’unica cosa rimasta a Ruth, la protagonista di Gusci, di una storia d’amore durata dieci anni, diventa quindi da un lato un bulldozer che demolisce il passato e il mito di un amore, dall’altro un’impalcatura sulla quale ricominciare a costruire se stessa e la propria vita.
Il titolo, Gusci, scelto per la versione italiana, richiama all’ambivalenza della storia raccontata: un guscio è una protezione, un involucro, un mondo dentro il quale rinchiudersi e nel romanzo può rappresentare la vita stessa della protagonista prima dell’abbandono. Un guscio però è anche un involucro fragile che può andare in mille pezzi, proprio come succede alla vita della protagonista. Diventa necessario quindi ricomporre i pezzi, ricostruire il guscio, risistemare i frammenti, rivivendoli anche attraverso i prodotti della lista della spesa.
Il percorso intimo di rimontaggio dei pezzi che si legge in Gusci di Livia Franchini è faticoso e non solo per la protagonista che non sempre esce vincente. Il lettore è parimenti chiamato a ricostruire la vicenda assieme a lei. Chi legge infatti, deve mettere assieme i pezzi che compongono la trama come un puzzle, per riuscire ad entrare nella struttura della storia. Forse è una sfida dell’autrice al lettore? Non ti nascondo che, leggendo il libro, ho fatto questo pensiero.
Il modo articolato e originale con il quale Livia Franchini presenta il suo romanzo può essere però un’arma a doppio taglio, a mio avviso. Se da un lato il lettore resta affascinato dalla costruzione di Gusci, dall’altro può smarrirsi tra le maglie della trama e direi che questo non è un rischio aleatorio ma abbastanza concreto. I continui sbalzi di tempo nel contesto del racconto e la realtà che spesso si mescola ai sogni, richiedono al lettore non solo attenzione ma anche la capacità legare i vari contesti e di barcamenarsi tra i capitoli-prodotti della spesa.
Gusci il ritratto di una generazione di donne
L’idea alla base era indagare quali sono i codici e le narrative che impattano sull’identità di una donna della mia generazione
Così ha affermato Livia Franchini in un’intervista che ho letto in rete. E il ritratto che esce dalle pagine del libro è un ritratto realista che non edulcora i contenuti: fragilità e punti di forza sono narrati con sincerità. La protagonista, Ruth, nei suoi tentativi di ricostruzione non è sempre vincente, proprio come accade nella vita. Lo stesso finale del libro, lasciato a mio avviso volutamente aperto e volutamente non spiegato, rimette al lettore lo stesso senso di incertezza e precarietà che si snocciola per tutto il libro.
Livia Franchini stessa, parlando della sua protagonista ha affermato che Ruth è un personaggio con parecchie difficoltà all’adattamento e al cambiamento, con il bisogno incessante di crearsi attorno una forma di protezione. Un guscio o diversi gusci in cui auto-proteggersi e da utilizzare nelle varie situazioni in cui si trova, siano esse amicali, sentimentali o lavorative.
Se l’intento dell’autrice era quello di indagare sulle modalità di comportamento di una donna della sua generazione (Livia Franchini è nata nel 1987), ciò che risulta non è un ritratto di donna consapevole e sicura di se stessa, malgrado l’indipendenza e le aperture mentali. A trentatré anni però c’è ancora molto tempo per rimediare.