“Narrativa o Narrativa contemporanea? Questo è il dilemma” avrebbe affermato il noto drammaturgo e poeta inglese….
Caro iCrewer parto con ciò che definisco idiosincrasia non tanto perché nutro avversione verso Shakespeare (non mi permetterei mai) ma perché la domanda di cui sopra crea in me un poco di difficoltà. “Narrativa o Narrativa contemporanea?” è diventata una domanda che mi pongo frequentemente, ogni qual volta il mio lavoro mi porta a classificare un’opera, sia essa sotto forma di presentazione che di recensione. Ad un’analisi puramente superficiale (intesa come valutazione di superficie) troviamo classificate come opere “contemporanee” tutto ciò che è stato pubblicato a partire dagli anni Quaranta in poi; ma la questione non è così semplice.
Anzitutto analizziamo il termine “Narrativa”: per Narrativa s’intende l’attività o la produzione letteraria relativa alla trascrizione artistica di vicende reali o fantastiche, per lo più sotto forma di romanzo, novella, racconto. La narrativa, come diceva Aristotele, “può essere narrazione oppure drammaturgia, a seconda che chi racconta la storia sia interno o esterno alla storia stessa, se questa sia raccontata secondo uno solo o più punti vista.”
Ora analizziamo il termine “Contemporaneo”: per Contemporaneo generalmente s’intende “che appartiene all’età presente, alla vita attuale“; questo potrebbe portare ad equivocare, immaginando limitatamente come “contemporanea” qualunque opera appartenente al momento in cui viene edita e/o conosciuta dal pubblico. Per fare chiarezza su quest’aspetto mi rifaccio alle parole di Giulio Ferroni, che nel suo libro “Letteratura italiana contemporanea“ (edito da Mondadori) descrive il percorso della letteratura italiana fino ai giorni nostri.
[…] “Per ciò che riguarda la storia culturale (e più in particolare quella della letteratura) spesso resta artificiale perfino la collocazione di un autore e di un’opera in un secolo piuttosto che in un altro, proprio perché la vita degli esseri umani e la costruzione delle loro opere può benissimo svolgersi nel passaggio da un secolo all’altro (come è capitato a quelli come me che sono stati a cavallo tra i secoli XX e XI, si sono trovati a averli un po’ assaggiati tutti e due). E d’altra parte gli esseri umani nascono man mano nel corso degli anni: per cui una storia culturale, che deve tener conto dell’intreccio tra le diverse generazioni (per esempio del fatto che, mentre operano i cinquantenni, sono all’opera anche i trentenni, che erano assenti dalla scena mentre gli attuali cinquantenni cominciavano a operare ecc.), dell’affacciarsi verso la fine di un secolo di esperienze che poi continuano a svolgersi nel successivo, non può mai prendere di petto un secolo senza tener conto dei nessi infiniti col secolo precedente, delle strade continuate, di quelle divergenti e di quelle interrotte. Così in questo manuale sulla letteratura italiana contemporanea, che ha come limite di partenza il 1900, si tiene ben presente come la letteratura che si prende in considerazione non nasce di botto in quel 1900, ma procede da tutta una serie di esperienze precedenti: e che tanti autori che siamo abituati a riconoscere subito come appartenenti al secolo XX, in realtà non solo in esso non sono nati, ma hanno anche svolto nel secolo XIX parti più o meno grandi della loro opera, che a rigore si dovrebbero inserire più direttamente nel contesto storico e cronologico che le ha viste nascere. Per limitarci solo agli autori maggiori, è fin troppo chiaro come D’annunzio (nato nel 1863) e Pascoli (nato nel 1855), pur essendo così proiettati verso il Novecento e avendo costituito dei modelli essenziali per tanti poeti del secolo, hanno svolto parte determinante della loro opera nell’Ottocento; così Croce (nato nel 1866) riferimento centrale per tutta la cultura italiana del primo Novecento, ha operato già ad alto livello nel tardo Ottocento; diverso il caso di Pirandello (nato nel 1867) che, dopo le prime opere scritte alla fine del secolo XIX e dopo aver dato all’inizio del secolo XX un romanzo come “Il fu Mattia Pascal” (1904), si è imposto sulla scena italiana e mondiale solo più tardi, grazie ai capolavori teatrali; ancora diverso quello di Svevo (nato nel 1861), i cui romanzi di tardo Ottocento (“Una vita” e “Senilità”) rimasero quasi sconosciuti alla cultura del tempo, e che poi ha affermato la sua modernità tutta “novecentesca” solo nel 1923, con l’apparizione del “La coscienza di Zeno”.
Nel dopoguerra fu posizionato al centro culturale il movimento denominato Neorealismo, che si colloca tra il 1943 e il 1950, cioè fra gli ultimi anni di guerra e i primissimi del dopoguerra. Scrittori come Alberto Moravia, Cesare Pavese, Elio Vittorini già prima della guerra avevano rappresentato la realtà italiana nei suoi aspetti, lontani dalla retorica fascista. Le opere che essi pubblicarono subito dopo la guerra rappresentano molto bene alcuni temi fondamentali del realismo di quegli anni: la quotidianità e i valori dei popoli, la fatica e la durezza della vita contadina, la lotta partigiana, la guerra. Al tema della guerra riporta anche il romanzo “La Storia“, di Elsa Morante che è stato scritto però negli anni Settanta ed è quindi molto lontano dall’esperienza del Neorealismo; ma ne riprende comunque alcuni elementi, a partire dal tema centrale: la storia di un’umile famiglia inserita nella tragica realtà della guerra.
Nel corso dell’ultimo secolo, si moltiplicano quei sottogeneri letterari (romanzo rosa, giallo, horror, azione, psicologico, per bambini, per ragazzi e molti altri) che rispondono ai giusti di un pubblico sempre più largo, e le tendenze della narrativa “contemporanea” sono le più varie. Negli anni Sessanta per esempio conosce un vero boom il romanzo latino-americano con Garcia Marquez prima, con Isabel Allende e con Luis Sepulveda poi. Ad oggi sono veramente numerosi gli autori di romanzi contemporanei, alcuni dei quali però conservano ancora in parte le tecniche antiche pur utilizzando un linguaggio decisamente più moderno per esprimere tematiche più attuali.
In definitiva possiamo concordare quantomeno sul fatto che, seppur necessaria una datazione a fini catalogativi – “narrativa” fino alla prima metà del Novecento e “narrativa contemporanea” a partire dalla seconda – è fondamentale poter inserire i generi letterari in un più ampio spettro culturale/temporale poiché il secolo preso in considerazione è stato caratterizzato da avvenimenti storici, formazioni intellettuali e sociali assolutamente dinamici, contraddittori e soprattutto ad oggi ancora in evoluzione.
Molto molto illuminante il tuo articolo cara Stefania. Ci voleva una spiegazione così esauriente e, nello stesso tempo, semplice, alla “nostra” portata. Brava.
Ti ringrazio! Ammetto che per me era un “domandone” sempre in agguato, e così alla fine facendo ricerche ho imparato anche io delle nuove cose, e son davvero contenta che possa essere utile a tutti 🙂