Buondì. O forse dovrei dire buon pomeriggio, e se è sera… buona sera. Qualunque sia l’orario sono qui per darti qualche piccolo suggerimento che spero possa servire in ogni occasione, e ancor di più a te caro iCrewer che stai per affrontare gli esami, perchè ritornare ad usare la grammatica correttamente ci aprirà sempre le porte.
Gli esami stanno arrivando… ma non è mai troppo tardi per rivisitare alcune regole fondamentali.
Si dice che l’italiano sia una lingua molto complessa e, a dire il vero, osservando la grammatica, non c’è molto da scherzare. Accenti, apostrofi, congiuntivi, l’utilizzo della lettera H, famosa “mutolina“, ce n’è per tutti i gusti.
L’era tecnologica ha stravolto un po’ le basi, la velocità nello scrivere su una tastiera di cellulare, o di pc, soprattutto in presenza del “famigerato” T9, cambia in automatico, talvolta errando, le parole in cui è presente un accento, l’apostrofo, o nella peggiore delle ipotesi aggiungendo o togliendo, soprattutto se vai in velocità per cui non vai tanto per il sottile, anzi a volte neanche rileggi ciò che scrivi, e quando il messaggio parte il danno è bello e che fatto.
Ora, se ciò che inviamo è diretto ad un amico/a poco male, a un genitore? Non fa niente. I guai iniziano quando si tratta di scrivere un curriculum, una lettera di presentazione, il tema dell’esame, anche un libro và… un errore grammaticale può causare la tua esclusione!
Poche, semplici regole, da sempre presenti ed ora attuali più che mai. Un piccolo vademecum utile senza la presunzione di volere prendere il posto ai professori; le mie indicazioni vogliono essere solo un rinfrescare la memoria, obnubilata dal bombardamento di mille immagini; come recita un proverbio giapponese: “Tutti commettono errori. È per questo che c’è una gomma per ogni matita“.
A mio avviso queste sono assolutamente da segnare. Inizio dall’accento, spesso bistrattato e poco valorizzato, sul suo corretto uso nella forma scritta, perché riveste un ruolo fondamentale almeno quanto la punteggiatura.
Mi sovvengono le “filastrocche” che mi insegnavano proprio per ricordare alcune parole il cui accento fosse o meno presente, per esempio questa: sul qui e sul qua l’accento non va; sul Lì e sul Là l’accento va; Dà che è la voce del verbo dare – Non mi dà retta – e si differenzia dalla preposizione Da – vengo da casa -, con un’eccezione Da’ con l’apostrofo solo con il verbo imperativo – Da’ da mangiare al cane -; Dì che si riferisce al giorno, dal Di preposizione – quel dì di festa; il Sì affermativo quando rispondi ad una domanda: “Sei Giorgio?” “Sì”, dal Si senza accento “Si chiama Giorgio”.
Filastrocca sull’accento
Una bella poesia per rinforzare e consolidare l’utilizzo dell’accento.
L’accento
L’accento è un segno particolare
su alcune paroline deve stare.
Spari diventa sparì
parti partì
volto voltò
picchio picchiò.
Quando dici sì
metti l’accento sulla i.
Quando dici né
lo metti sulla e.
Su qui quo qua
l’accento non va
ma aggiungilo a lì e là
ed anche a giù e già.
E senza accento due parole lega
è con accento invece spiega.
Attenzione che non tutto si accenta, è il caso del verbo fare per il quale l’accento NON esiste, tranne nel caso si usi l’imperativo, ma si mette l’apostrofo.
Ricapitolando:
È obbligatorio segnare l’accento:
- nelle parole tronche di più sillabe terminanti in vocale: onestà, caffé, perché, andrò, città;
- nei monosillabi che contengono un dittongo: ciò, può, già, giù, più, può;
- nei composti di tre, re, blu, su: viceré, trentatré, quassù, lassù;
- in alcuni monosillabi, per distinguerli da altri di forma uguale ma di significato diverso.
È facoltativo segnare l’accento:
- sulle forme dò, dài, dànno del verbo dare per distinguerle da do (nota musicale), dai(preposizione articolata) e danno (nome);
- sul pronome sé, quando è seguito da stesso o medesimo. Ormai, però, la forma di uso più corretto è quella senza accento: “Quell’uomo pensa solo a se stesso”;
- quando serve per distinguere l’una dall’altra le parole omografe, cioè le parole che si scrivono allo stesso modo ma che hanno un significato diverso e si pronunciano anche in modo diverso a seconda della sillaba su cui cade l’accento.
E l’elenco continua, e ribadisco non sono una professoressa, sapessi quanti errori faccio, per questo mi sono permessa di volerti dare qualche dritta e, prima di concludere, vorrei aggiungere altri piccoli accorgimenti che da qui in poi ti saranno di utilità; i puntini di sospensione… sì proprio questi che vedi in grassetto. Cerchiamo di non farne un uso smodato, non usiamoli al posto della virgola, dei due punti o di qualsiasi altra punteggiatura, rischieresti di mandare ancor di più in confusione chi legge, loro indicano sospensione, incertezza, titubanza; e non staccarli dalla vocale dell’ultima parola della frase e lascia sempre lo spazio dopo.
Eccoti alcuni testi da rileggere divertendoti:
Questo è il punto. Istruzioni per l’uso della punteggiatura
di Francesca Serafini
In questo libro, gli autori hanno elencato 300 errori molto comuni, veniali o più gravi, trovati disseminati nei giornali, nelle chat e nei blog e, in gran numero, nelle conversazioni. Uno strumento utile e divertente da usare come test di autovalutazione o per un veloce ripasso delle forme da evitare, per tutti coloro che desiderano parlare e scrivere correttamente.
Si dice o non si dice di Aldo Gabrielli
Adesso non mi resta che augurarti un bel “in bocca al lupo” per gli esami imminenti.