“Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”
Non è facile scrivere di un papa, soprattutto se il papa in questione è Giovanni Paolo II. Posso solo provare, con umiltà, a scrivere di un uomo proclamato Santo agli occhi del mondo. È come scrivere del Cristo e dire di averlo conosciuto, magari di non averlo potuto toccare ma di averlo sempre ascoltato rapita. Perdonami dunque se le mie parole vacilleranno, per usare la sua frase più bella “Se sbaglio mi corrigerete”
Il ricordarlo ancora mi emoziona e ripercorro tanti momenti, questo almeno me lo posso permettere. Nel ’63 avevo appena sei anni ma sfilano come con un sogno sfocato le immagini in bianco e nero della morte di Papa Roncalli, poi quelle di Paolo VI, probabilmente vissute con la goliardia della giovinezza. Non ho dimenticato però, quel 1978, un anno strano, la storia lo ricorda come l’anno dei tre papi.
Papa Montini muore proprio nell’estate di quell’anno, San Pietro diventa l’ombelico del mondo e l’attenzione del mondo cristiano è rivolta al suo successore. Accade tutto troppo in fretta, è il 26 agosto; dopo solo un giorno di Conclave il cardinale Luciani diventa Papa Giovanni Paolo I, sembra essere il giusto successore ma solo per trenta giorni. La la morte improvvisa lascia tutti senza parole, perplessi e con troppi interrogativi. Per un mese non si parlerà d’altro.
Un nuovo Conclave è costretto a riunirsi e dopo otto scrutini, dalla famosa finestra del Vaticano si affaccia un polacco, l’arcivescovo di Cracovia, Karol Josef Wojtyla, il nuovo Giovanni Paolo II.
Era il 16 ottobre e festeggiavo i miei vent’anni. Come dimenticare!
Papa Giovanni Paolo II, la sua vita la sua Fede
Oggi, come tutto il mondo cristiano e non solo, si rievoca il centenario dalla sua nascita ma cento anni sono tanti da descrivere. Tra l’altro di lui sono piene pagine e pagine di libri testi e trattati, per non parlare delle biografie, Non solo, considerarlo solo un papa sarebbe davvero riduttivo se non un errore.
Proverò quindi a parlarti di lui, come sempre, a modo mio, per ciò che ha rappresentato nella mia vita, senza trascurare la sua giovinezza, la sua formazione personale e spirituale, ciò che lo ha reso infondo l’uomo e il papa che poi abbiamo conosciuto.
La sua vita prima di quel 1978 passato alla storia.
La famiglia Wojtyla vive a Wadowice, una città a 50 km da Cracovia ed è lì che Karol vede la luce. È proprio la famiglia a procurargli le prime grandi sofferenze. A poco più di vent’anni si ritrova completamente solo; nel ’29 perde la madre, Emilia Kaczorowska, nel ’32 muore il fratello medico Edmund, e nel ’41 il padre sottoufficiale dell’esercito. Riceve i primi sacramenti e, dopo la scuola superiore, nel ’38 si iscrive all’Università Jagellónica di Cracovia che purtroppo viene chiusa, l’anno successivo, dall’esercito nazista.
Per sostenersi agli studi ed evitare la deportazione nei lagher, Karol lavora fino al ’44 nelle cave e nella fabbrica di chimica della Solvay. Nel frattempo, nel ’42, i primi richiami spirituali lo spingono a frequentare clandestinamente i corsi di formazione al seminario di Gracovia, oltre ad attività teatrali. Dopo la fine della guerra ritorna in seminario e successivamente alla facoltà di Teologia, fino al novembre del ’46 quando si completa la sua ordinazione al sacerdozio.
Nel ’48 parte per Roma dove consegue il dottorato in Teologia con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce. Wojtyla ritorna in Polonia, riprende gli studi filosofici e teologici e nel frattempo inizia a collaborare con attività parrocchiali, fino ad accettare l’incarico di professore di Teologia Morale ed Etica all’Università di Lublino.
Presenza importante nelle assemblee del Sinodo dei Vescovi, Paolo VI lo nominerà nel gennaio del ’64 Arcivescovo di Gracovia e nel giugno del ’67 Cardinale.
Giovanni Paolo II, “il Santo itinerante”
Wojtyla arriva al conclave del ’78 respirando un’aria difficile e tormentata dalle improvvise quanto inspiegabili tragedie ma, davanti al richiamo del Padre, non si tira indietro. Avverte la necessità di percorrere il sentiero di una nuova ma più forte evangelizzazione, risvegliare e scuotere le coscienze di una cristianità assopita.
È un apostolato senza precedenti, diverso, teso a scardinare pregiudizi, provocare reazioni.
Il mondo, non solo quello cristiano, si ferma, davanti a un uomo che ha scelto di portare la voce di Dio ovunque e a chiunque, indistintamente, senza porsi confini. La forza morale dell’uomo si fonde con l’intensa spiritualità della vocazione.
Lo sguardo attento di Wojtyla va oltre; non mancano le sollecitazioni al rispetto dell’altro, l’unione e la condivisione per una visione più unitaria dell’Europa, anche il mondo politico ascolta silenziosa il suo pensiero.
Ricordo quel giorno di maggio del ’81. Dopo essere stato ferito gravemente in Piazza San Pietro da un colpo di pistola dal turco Alì Agca, il desiderio di Wojtyla, una volta superato le sofferenze, è di incontralo in carcere dopo averlo perdonato. Belle le sue foto in solitaria sulle montagne, “per sentirsi più vicino a Dio”, magari parlando con un estraneo come fosse un amico dei tempi andati.
Un lungo sentiero fatto di gioie sconfinate e dolori indicibili, nella convinzione che tutto può essere vissuto se apriamo il cuore alla speranza.
Non perdere mai l’unica cosa che ti mantiene in vita anche nei momenti di avversità…
la speranza
Mi piace ricordarlo così. Innamorato della Fede, forte nelle convinzioni, aperto alla pluralità dei linguaggi, instancabile viaggiatore spirituale nelle terre dimenticate dall’uomo, perché la pace e la condivisione non fossero più concetti astratti. Commovente il suo fondersi spiritualmente nell’esperienza della condivisione, stringere le mani delle donne africane, cantare e ballare con i giovani, abbracciare con tenerezza i bambini cubani, dispensando parole di conforto, sorrisi. Il suo modo d’insegnare l’amore di Dio.
L’amore non si insegna, l’amore si prova solo imparando
Lo ha insegnato anche scrivendo, perché del suo pensiero rimanesse traccia. I suoi libri parlano di perdono, speranza, misericordia che lui considerava come il secondo nome dell’amore.
Mi hanno colpita molto Aprite i vostri cuori, 100 insegnamenti per la vita per vivere una vita con il cuore aperto agli altri, senza pregiudizi, un libro pubblicato nel marzo del 2005, un mese prima di morire.
Varcare la soglia della speranza esce
Giovanni Paolo II è morto il 5 aprile del 2005 sfiancato dalla malattia. Anche in quell’istante il mondo è stato costretto a fermarsi. Nello stesso anno esce un film a lui dedicato, Karol Un uomo diventato papa, la notizia non mi ha sorpreso, era quasi inevitabile così come la sua canonizzazione avvenuta per nomina di Papa Francesco.
Affidarci all’amore di Dio significa confidare in esso soprattutto nei momenti dolorosi senza mai chiudere le porte alla speranza. So cosa mi direbbe in questo momento…
“Va avanti, non sei sola, non avere paura”