Ci ho pensato tanto se mettere il saggio di Bettany Hughes dentro la rubrica di F(t)E(a)M, ma poi mi sono detta: parla di Venere, di Afrodite, della Dea dell’amore. Parla di una figura emblematica che è nata dal mare ed è sopravvissuta alla caduta degli Dei dell’Olimpo, alle religioni monoteiste, al Medioevo. Insomma penso che sia una figura femminile da prendere come esempio.
Perché leggere Venere e Afrodite. Storia di una Dea?
Sicuramente lo consiglio a chi è appassionato di mitologia, di storia e di arte. Il saggio Venere e Afrodite. Storia di una Dea infatti raggruppa opere d’arte, miti, e tanti studi grazie agli scavi archeologici che sono stati fatti per portare alla luce la storia antica di questa Dea.
Bettany Hughes parte dalla sua nascita. O meglio, dal mito della sua nascita. Ci racconta le due versioni che sono state proposte dagli antichi greci sulle spiagge dell’isola di Cipro. Ma ci dice che prima di Afrodite, c’era un’altra Dea con un altro nome che arrivava da paesi più orientali alla Grecia, chiamata Astrea.
Questo saggio, però dice anche molto di più. Non parla solo della sua nascita, della sua evoluzione da Astrea, ad Afrodite a Venere. Ci parla di qualcosa di più fondamentale: come la sua figura è mutata dipendendo dallo sguardo umano.
Forse le varie ipotesi sulla natura dell’erotismo e dell’amore platonico, doni di Afrodite, non sono solo narcisistici sofismi concepiti da uomini privilegiati, ma rispecchiano vere conversazioni avvenute tra uomini e donne, che includono il punto di vista femminile.
Se per gli antichi greci e poi successivamente per i romani, Afrodite e Venere rappresentavano l’amore, la bellezza, la seduzione. Durante il Medioevo, questa Dea non era vista di buon occhio e gli uomini pensavano avesse una cattiva educazione per le donne. Dunque venne vestita per fare spazio alla pudicizia, alla santità, alla Vergine Maria. Solo dal Rinascimento in poi e successivamente nel periodo del Neoclassicismo, Venere viene vista come una donna formosa che seduce, incanta, appassiona e lascia il “velo” dell’innocenza. Ma è proprio qui che viene ricreata con occhi prettamente maschili.
Nei diversi dipinti verrà rappresentata seducente. Oggi la definiremmo una Femme Fatale. Verrà dipinta così perché era così che gli uomini volevano vedere le donne: come se fossero un desiderio.
Da questa visione fallocentrica Freud ci diede la sua versione psicanalizzando il comportamento femminile. Secondo lui infatti Venere rappresentava il narcisismo femminile, giacché la donna, a suo avviso, compensa la mancanza del fallo contemplando il proprio bel volto (seriamente si può pensare una cosa del genere?!). Bettany Hughes troverà altre testimonianze storiche in cui Venere, per un debole pretesto maschile, divenne un simbolo per celare sessismo e razzismo inquietanti e degradanti. Era così palese agli occhi delle donne che il 10 Marzo del 1914 le suffragette andarono a tagliare con una mannaia il “posteriore di Venere”. Si tratta del dipinto di Diego Velazquez “Venere allo specchio” esposto al National Gallery di Londra.
Fortunatamente Venere ebbe una rivalsa con le rivolte femministe negli anni ’70. La presero come esempio di libertà sessuale, di emancipazione e di indipendenza.
Gli antichi capivano che bisogna rispettare il desiderio. I vari tipi di relazioni umane sono difficili. La storia della vita di Afrodite dalla preistoria all’epoca presente, inventata dalla mente umana, ci aiuta a decifrare almeno in parte il desiderio e a rendercelo alleato, anziché a trasformarlo in un fattore di distruzione.