Caro Icrewer,
per il nostro appuntamento domenicale con la filosofia ho deciso di proporti alcune riflessioni riguardanti una recente, ma quantomai attuale, corrente filosofica: l’ecologia profonda.
Oggi più che mai è diventato essenziale comprendere il valore della natura che ci circonda, capire quali sono i suoi e, soprattutto, i nostri limiti verso di essa. L’attuale crisi climatica, il surriscaldamento globale, l’intensificarsi di fenomeni atmosferici sempre più estremi ci lascia facilmente intuire che qualcosa è andato storto e che abbiamo perso di vista l’importanza del mondo che abitiamo.
Quindi vediamo: cosa ci dice la filosofia al riguardo? Come si sono comportati i filosofi del passato nei confronti delle tematiche ambientali? E cosa possono dirci, oggi, riguardo l’ecologia?
Ovviamente, nel cercare di rispondere a queste domande…filosofiamo!
Antropocentrismo ed ecologia
Partiamo, come sempre, dal principio: che significa ecologia?
La sua etimologia è curiosa. Il termine infatti è composto dalle parole greche oikos che vuol dire “casa” e loghia che può essere inteso come “scienza”. Ecco che, quindi, l’ecologia indica la scienza che si occupa della nostra casa e di studiare i rapporti che intercorrono tra tutte le creature che vi abitano.
All’ecologia, però, è stato riconosciuto lo statuto di “scienza” molto tardi, sul finire dell’Ottocento. E questo ha contribuito a far sì che la Scienza, in generale, dedicasse molta poca attenzione alla “casa”, concentrandosi piuttosto su uno dei suoi abitanti: l’essere umano.
Anche per il mondo della filosofia è stato lo stesso. Per lungo tempo i filosofi hanno seguito una concezione che prende il nome di antropocentrismo. Secondo questa visione l’uomo, in virtù della sua ragione, è concepito come una creatura superiore, perfetta, il centro dell’universo per il quale ogni cosa è stata creata. Tutto ciò, soprattutto dal Rinascimento fino all’Illuminismo, ha contribuito a diffondere un approccio dominatore dell’essere umano nei confronti dell’ambiente.
Già Protagora, filosofo greco del V secolo a.C., dicendo che «l’uomo è misura di tutte le cose» aveva aperto la strada all’idea che l’universo e la Natura fossero stati creati per l’uomo e per soddisfare i suoi bisogni e desideri. Anche Bacone adotta un antropocentrismo simile e, anzi, forse persino più estremo. Vissuto intorno alla fine del Cinquecento, scrisse che «l’uomo tanto può quanto sa» e a proposito delle scoperte che è in grado di fare aggiunge:
Non si limitano solo a guidare gentilmente la natura, ma sono capaci di vincerla, di sottometterla e scuoterla dalle fondamenta.
Basti pensare, infine, che nella sua opera Nuova Atlantide immaginava il mondo perfetto come un grande laboratorio in cui fare esperimenti per assoggettare la natura!
Non mancano, tuttavia, figure di pensatori che, al contrario, si sono spesi per l’ecologia. Empedocle, uno dei primi filosofi naturalisti dell’antica Grecia, nell’individuare gli elementi che animano la natura, ha sottolineato l’importanza di un equilibrio tra di essi e tra uomo e natura per poter mantenere l’equilibrio nell’universo. Non diversamente, nel Seicento il filosofo Blaise Pascal ammoniva i suoi contemporanei con queste preziose parole:
L’uomo consideri quel che è in confronto a quel che esiste. Si veda come sperduto in questo remoto angolo della natura; e da quest’angusta prigione dove si trova, intendo dire l’universo, impari a stimare al giusto valore la terra, i reami, le città e sé stesso. Che cos’è l’uomo nell’infinito?
L’ecologia profonda
Nell’era moderna, mentre il nostro pianeta affronta sfide senza precedenti legate alla perdita di biodiversità, al cambiamento climatico e alla distruzione degli ecosistemi, emergono filosofie che si pongono l’arduo compito di riconsiderare il nostro rapporto con il mondo naturale.
Tra queste spicca la filosofia dell’ecologia profonda, concetto elaborato dal filosofo Arne Naess negli anni Settanta. Nei suoi saggi, Naess rifiuta l’antropocentrismo classico, proponendo invece una concezione opposta: il biocentrismo. L’essere umano, secondo l’ecologia profonda, non è affatto superiore alle altre creature, anzi. Tutti gli elementi che popolano il pianeta hanno pari dignità e, per questo, contribuiscono in equale misura all’equilibrio dell’ecosistema generale della Terra.
Secondo questa visione, l’attuale crisi ecologica non deriva solo dal fatto che l’attività umana ha superato il limite di sopportazione del nostro pianeta. Deriva, piuttosto, da qualcosa di più profondo, da un atteggiamento, tipico dell’essere umano, di vedere sé stesso come “soggetto” all’interno della Natura che diventa “oggetto”. Se la Natura è oggetto, allora può essere sfruttata per il benessere umano.
Naess ci invita a guardare in modo profondo al nostro rapporto con la terra e le vite che la abitano, ad abbracciare la natura e le sue creature non come “oggetti” isolati e separati da indagare, studiare, sfruttare o “salvare”, ma come parti di una totalità che ci comprende. «Siamo l’aria che respiriamo» è una delle frasi che ricorre nei suoi saggi. Siamo parte inseparabile del pianeta che abitiamo. Se questo soffre, soffriamo anche noi e così tutte le altre creature che lo popolano, con le quali condividiamo il medesimo destino.
L’ecologia profonda rappresenta un’importante sfida filosofica e pratica nel contesto delle sfide ambientali contemporanee. Essa ha, infatti, i suoi limiti che alcuni studiosi non hanno mancato di far notare (un approccio troppo metafisico, lo svilimento del ruolo umano nell’evoluzione, un’assenza di pragmaticità).
Proprio per questo, per essere veramente efficace, l’ecologia profonda richiede un dialogo aperto e una riflessione critica sulle sue implicazioni etiche, sociali e pratiche. Solo attraverso un impegno collettivo per la trasformazione dei nostri valori e delle nostre azioni possiamo sperare di realizzare la visione di un mondo in armonia con la natura.