Non conosco Filippo Venturi ma se è vero che la personalità di uno scrittore si legge attraverso la sua penna, mi viene spontaneo pensare che la sua sia davvero speciale. Non voglio dilungarmi in eccessivi convenevoli o complimenti gratuiti, ho solo letto e recensito il suo libro che, tra l’altro, mi è piaciuto perché è un libro fresco e misterioso e ti mette l’acquolina in bocca, visto che si parla di tagliatelle e brasati, oltre che di saporiti aperitivi e simpatiche bevute di lambruschi frizzanti.
A cotanto sapore non poteva che corrispondere uno chef altrettanto squisito, dalla fantasia sottile, un intuito investigativo atipico ma efficace oltre al fatto che riesce a soddisfare il palato dei suoi ospiti. E guai a toccare la sua Bologna, culla di tradizioni e di segreti da svelare, si rischierebbe l’esilio letterario!
A parte il libro, mi è sembrato giusto scoperchiare il pentolone e scoprire qualche ingrediente in più sul simpatico oste tuttofare…
Filippo Venturi, quando il cibo incontra la cultura
Lei è sempre convinto assertore che cibo e cultura siano profondamente
legati tra loro?
Cibo e cultura sono due grandi passioni, fanno parte della mia vita, anche professionale. Il cibo è cultura già di per sé. Le tradizioni sono cultura e quelle culinarie non fanno eccezione. La tradizione è chiusa, nel senso che non s’inventa, ma si tramanda e si percepisce. E allo stesso tempo la tradizione è il futuro.
Già in questo apparente controsenso è racchiuso tutto il prorompente senso di cultura che la cucina porta con sé. Per di più, cibo e scrittura sono arti in cui la mia città eccelle e non credo sia un caso che io provi a cimentarmi in esse. Forse è un modo per stupirla. Di sicuro per restituirle qualcosa di tutto quello che mi ha dato.
La scrittura è stata una naturale attitudine o l’improvviso desiderio di trasferire su carta la sua esperienza di vita?
Scrivere ha sorpreso me stesso in primis. Non ero un predestinato. A scuola non scrivevo temi che venivano letti a voce alta alla classe. A dirla tutta non ero nemmeno un gran lettore. Poi è successo qualcosa. Ho iniziato a scrivere quasi per caso, ma ne sono rimasto travolto. Forse c’era del talento latente.
Di sicuro, ho capito quanto sia importante per me. Scrivere mi fa stare meglio, anzi, mi fa stare proprio bene. In più, le pubblicazioni mi permettono di condividere esperienze con gli altri, di entrare in contatto con loro. E questa è la cosa più bella. La condivisione è tutto.
Bologna per lei è…
La mia città. Il punto di partenza e quello di approdo, il motore di tutto. Sarà sempre l’ambientazione dei miei racconti. Quando uno scrive, deve essere credibile, sennò hai già perso in partenza. La credibilità la conquisti solo se parli di cose che conosci bene. Non potrei mai ambientare le mie storie altrove, semplicemente perché non c’è un luogo al mondo che io conosca come Bologna. Dovrei trasferirmi, stare da un’altra parte per un po’, ed è una cosa che non mi è più possibile.
Al suo attivo sette libri, alcuni mescolati con il cibo altri dedicati al basket, uno a Pozzecco, famoso cestista della Fortitudo. un regalo da fan ai suoi miti?
La pallacanestro è un’altra grande passione. Da quando sono bambino i miei ricordi hanno come sfondo un canestro e un campo da basket. Mio papà mi ha trasmesso un amore viscerale per la Fortitudo. E Pozzecco è un mio idolo assoluto. Aiutarlo a scrivere la sua biografia è stato un vero onore. Credo che il regalo l’abbia fatto il Poz a me, concedendomi questa possibilità.
Filippo Venturi, Quentin Tarantino letterario…
La critica lo ha paragonato al famoso Quentin Tarantino, è d’accordo?
Deve essere stato uno che mi vuole davvero bene, forse un parente… Scherzi a parte, Tarantino è un mito vero. Sono cresciuto guardando i suoi film. Le Iene lo vidi al cinema, che detta così non significa niente, se non aggiungo che eravamo in quattro in tutta la sala. La sua fama a quei tempi era molto di nicchia, esplose grazie al successivo Pulp Fiction, ma il poster Reservoir Dogs io l’avevo già appeso in camera.
Lui scrive storie pulp, ma ci mette dentro anche ironia, sagacia e altri ingredienti a cui io cerco di ispirarmi. E come a lui, ai Cohen, tanto per fare un altro esempio cinematografico. Io scrivo black comedy con personaggi sgangherati, più maldestri che malvagi, noir che provano anche a strapparti il sorriso, e questi sono punti comuni. Ma non sono mai violento e questa è una cosa che mi stacca totalmente da questo filone.
Gestire una trattoria sarà certamente impegnativo quando trova il tempo per scrivere?
Il tempo per fare una cosa che ti piace lo trovi sempre. Tutti noi abbiamo una professione e una passione. C’è chi corre, chi va in palestra, chi fotografa, chi dipinge, chi semplicemente guarda serie televisive. Io scrivo. Il problema, semmai, è un altro. Io non sono solo uno scrittore-ristoratore. Fortunatamente sono tanto altro. Sono soprattutto un papà. Sono un marito, figlio, fratello, sono un amico. E fare tutto bene non è così facile.
Filippo Venturi e le avventure di Mister Zucchini
Parliamo del suo giallo culinario. Un minestrone genuino dove il profumo dei sentimenti si avverte forte, insaporito da quel non so che di giallo zafferano che rende tutto più coinvolgente. È così?
Innanzitutto ti ringrazio, mi fa piacere se ti è piaciuto. Noi scrittori siamo in un certo senso come i calciatori: ci alleniamo, proviamo a preparare bene la partita, ma poi, come si suol dire, è sempre il campo a esprimersi.
Gli spaghetti alla bolognese non esistono (Mondadori) è il secondo caso di Emilio Zucchini e, anche in questo libro, ho provato a metterci dentro i due ingredienti che secondo me sono i principali: il riso e il pianto. Sono le due emozioni che io voglio provare quando scrivo. Ridere e piangere. Quella è sempre la mia cartina tornasole, perché se ci riesco io, magari è più facile che accada anche a chi legge.
Quanto di Filippo Venturi c’è in Emilio Zucchini?
Tantissimo. Siamo entrambi ristoratori, innamorati della nostra professione, della nostra cucina, della nostra città. Entrambi ci nutriamo di relazioni umane, interpersonali. Per entrambi il cliente è la componente principale.
Ci piace conoscerli, studiarli, ascoltarli, capirli. Grazie al nostro grande spirito di osservazione, attingiamo forza da loro. È lì, nella sala del nostro ristorante, che parte la fantasia, lì che nascono i personaggi. La vita è lì, che si muove ogni giorno.
A parte l’eccentricità e l’intuito di Emilio, la figura che più mi ha colpito è quella di Mirko, il Grande Gandhi, gigante buono capace di sentimenti forti e di forti riflessioni. Come dire che nella vita niente è come sembra, anzi, per scoprire la verità è necessario andare oltre le apparenze. Il suo è un giallo dove alla fine vivono tutti felici e contenti. Tutti hanno diritto ad una seconda occasione?
Esatto, è proprio così: la necessità di andare oltre le apparenze. Proprio perché tutti dovrebbero avere una seconda occasione nella vita, quella che do sempre ai miei personaggi. E invece nella realtà siamo sempre condizionati dal “risultato”. Non riesci? Sei un perdente, punto e basta.
Ame piace giocare proprio su questo punto. Cercare di sottolineare che nella vita non ci sono sempre e solo delle colpe in chi non riesce. Io sto dalla parte di uno che non arriva onestamente, mai di chi arriva barando. Io ho sempre tifato per i secondi, mi stanno più simpatici, sono più umani. Ed è quello che cerco di dire quotidianamente ai miei figli: tu impegnati, dai tutto, mettici passione, poi il risultato è secondario.
La verità ad ogni costo o nasconderla per il bene di tutti?
Nessuna delle due. Ognuno ha una sua verità che deve fare valere rispettando quella degli altri.
Emilio risolve tutti i problemi davanti ad un piatto fumante di tagliatelle
al ragù, alla fine ci vuole poco per stare bene. È d’accordo con me?
Sì, è così. Deve essere così. Oggi stiamo vivendo una fase durissima, piena di preoccupazioni, difficoltà, ansie, quando non addirittura di lutti. Io mi ritengo fortunato, Stiamo tutti bene. Ora sono a casa, le mie attività chiuse. Ma sto cercando di prendere il meglio possibile anche da questo periodo: provo a capire in che cosa mi possa fare crescere, sia personalmente, sia professionalmente. Mi proietto nel futuro, magari tra dieci anni e ripenso a oggi. E mi dico che in fondo andava tutto bene.
Qualche altra idea in cottura?
Nel 2021 attacco a scrivere il terzo Zucchini.
Il mio intuito non ha sbagliato! Filippo Venturi, oltre che oste sopraffino è anche una bella persona, dal grande cuore. Di lui mi ha colpito l’essenza dell’uomo comune, attento osservatore della realtà, capace di raccontare gli aspetti più enigmatici della vita quotidiana con un sano umorismo e graffiante ironia. Il tutto chiaramente condito con un filo d’olio e manciata di pepe! Non sia mai!
Grazie Filippo, al prossimo golosissimo mistero!