Ferragosto è il titolo di una delle tante filastrocche di Gianni Rodari, uno degli autori più amati e conosciuti da grandi e piccini. Apparentemente scanzonato, apparentemente semplice, apparentemente poeta per i più piccoli, Rodari è un poeta che va letto fra le righe. La sua leggerezza, l’allegria scanzonata, ad un’attenta lettura rivela messaggi che fanno riflettere sopratutto i grandi.
Gianni Rodari, come già ho avuto modo di dirti in un articolo a lui dedicato nel quarantesimo anniversario della morte, ha fatto della leggerezza, dei buoni sentimenti, della semplicità, il veicolo per diffondere la sua poesia, raggiungendo davvero tutti.
È errato, come spesso avviene, considerarlo solo un poeta per l’infanzia: ci sono valori e sentimenti che abbracciano l’intera umanità e restano eterni, fissi nel tempo. Se un poeta riesce a raggiungere grandi e piccini con i suoi versi, allora si, diventa egli stesso un alfiere dell’universalità, non relegabile ai confini del mondo infantile o scolastico.
E Ferragosto 2020 è già qui…
Ed eccoci oggi, vigilia di Ferragosto, a ricordare che domani è l’apice, la punta massima di questa stagione estiva che dal 16 Agosto comincerà la sua fase discendente per andare incontro alla stagione autunnale. Prematuro e forse pure strano pensarci adesso, convengo, ma se rifletti caro lettore, in fondo manca poco più di un mese al suo inizio.
In fondo Ferragosto non rappresenta altro che la cima dell’estate: un’arrampicata immaginaria, una scalata della vetta e poi, giunti in cima, ci si prepara per la discesa: il tempo di godersi un panorama fatto di qualche giorno di riposo e si ricomincia. Solita vita, solite corse, solito tran-tran… Ci penseremo dopodomani, per oggi, vigilia del dì di festa, godiamoci il meritato riposo e con lui la filastrocca di di Gianni Rodari.
Io, al mio solito, ricamo sopra le parole e leggo oltre
Una poesia oltre alla semplice lettura del testo, si gusta, si mastica, si ingoia e si digerisce, come un buon cibo e diventa nutrimento per l’anima. Si trasforma e trasla in principio nutritivo di cui l’organismo ha bisogno per vivere al meglio. Ecco, l’accostamento poesia-cibo mi mancava e del resto si sposa benissimo con Ferragosto che è fra l’altro, anche la festa delle grandi grigliate e abbuffate.
Ferragosto, di Gianni Rodari
Filastrocca vola e va
dal bambino rimasto in città.
Chi va al mare ha vita serena
e fa i castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate…
In cinque strofe novenarie, più la prima settenaria (non lasciarti impressionare dai termini è più facile di quanto sembra: novenarie vuol dire di nove sillabe, settenaria di sette sillabe), coniugate in rima baciata, Gianni Rodari animizza la sua filastrocca e la spinge a volare dall’ipotetico bambino che non può andare in vacanza…
… E qui potrei aprire la terna completa delle parentesi perchè dietro all’apparente leggerezza “del bambino rimasto in città”, si potrebbero scrivere interi poemi che guardano ai motivi più o meno gravi di chi non può permettersi una vacanza… Ma è Ferragosto ed è meglio non pensarci, o no? A che servono i giorni di festa se non a distrarsi? E se poi c’è chi sta male, chi non può permettersi neanche un giorno al mare… Pazienza. Ci penseremo domani, forse. O forse non ci poniamo neanche il problema. Così gira il mondo, purtroppo.
E chi quattrini non ne ha?
Solo, solo resta in città:
si sdrai al sole sul marciapiede,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.
D’altronde anche Gianni Rodari immagina un Ferragosto alternativo per chi resta in città: si sdrai al sole sul marciapiede, beata fantasia dei poeti che sanno anche far navigare i battelli sottomarini dentro i tombini. In effetti a pensarci bene, la fantasia aiuta molto chi non avendo possibilità materiali può inventarsi una vacanza o una vita intera come meglio desidera: la fantasia non ha limiti ne ha bisogno di denaro per correre libera e sbrigliata. E chi meglio dei bambini o dei poeti sa come lanciare i sogni in corse sfrenate a briglia sciolta?
Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente;
“Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,
inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.
Chi non rispetta il decretato
va in prigione difilato”.
Nei versi che hai appena letto la fantasia di cui parlavo sopra si tocca con mano, anzi si legge concretamente… Non è fantasia spiccata quella di volere condizioni più eque per tutti? Quando divento Presidente… Quante volte abbiamo sentito dire o forse abbiamo anche detto il famoso “se comandassi io”? E non solo da bambini. Ci troviamo a pensarlo ogni qualvolta vediamo un’ingiustizia, una legge iniqua, lo meditiamo in tutti i momenti nei quali mentre c’è si annoia e sguazza nel superfluo, c’è chi non ha il tempo di riposare e forse neanche di respirare, perchè manca del necessario.
A Ferragosto però non si può parlare dei mali del mondo, lo so. E chissà perchè da una filastrocca rimata la mia fantasia ha trovato collegamenti e agganci con tematiche annose, trite e ritrite nel mortaio delle ingiustizie sociali dagli albori del mondo all’eternità.
Ricamo sopra le parole e leggo oltre… Al mio solito. Forse è un vizio. O una perversione mentale.
Ferragosto a ritroso nel tempo
Oltre alla poesia, la storia, le feste, i riti hanno sempre i loro perchè e Ferragosto ha una lunga storia dietro le spalle che risale all’antica Roma. Il nome infatti deriva dal latino feriae Augusti, riposo di Augusto. L’Augusto in questione, è il più Augusto di tutti, Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore romano con un nome lungo un mese intero. E, in effetti il mese di Agosto è da lui che prese il nome.
Nel suo mese Ottaviano Augusto riposa e con lui riposavano tutti e mi viene da pensare che i Romani, da popolo illuminato quale furono, erano molto più generosi e solidali con il popolo dei loro posteri e discendenti. Era un periodo di riposo e di festeggiamenti, istituito dall’imperatore stesso nel 18 a.C.: aveva origine dalla tradizione dei Consualia, feste che celebravano la fine dei lavori agricoli, dedicate a Conso che, nella religione romana, era il dio della terra e della fertilità.
In tutto l’Impero si organizzavano feste e corse di cavalli e gli animali da tiro, esentati dai lavori nei campi, venivano adornati di fiori. Inoltre, era usanza che, in questi giorni, i contadini facessero gli auguri ai proprietari dei terreni, ricevendo in cambio una mancia.