Gli europei di calcio femminile 2022 sono stati sfortunati per le nostre azzurre, la nazionale di calcio guidata dal ct Bertolini aveva un’unica possibilità di arrivare ai quarti battendo il Belgio ma è stata eliminata dal un gol di De Caigny.
Europei di calcio femminile 2022
Molti gridano al flop azzurro, alla crisi del calcio femminile, alle troppe aspettative nei confronti delle ragazze azzurre, che forse hanno preso sottogamba la difficoltà delle sfide europee. Elena Linari, classe 1994, difensore della Roma e della nazionale commenta:
“Inconsciamente abbiamo sottovalutato l’evento, non ci siamo approcciate al meglio, potevamo preparare meglio il tutto. Pensavamo di essere all’altezza, non è stato così e le aspettative fanno parte del gioco. Quattro anni fa non eravamo nessuno, se oggi ci chiedono risultati significa che passi in avanti sono stati comunque fatti. Ripartiamo da qui, dal seguito che il calcio femminile ha costruito, un upgrade importante.”
E’ giusto per il momento mettere un punto e magari analizzare la storia del calcio femminile italiano, per capire meglio le ultime parole della Linari e capire quanti passi in avanti sono stati fatti e quanti ne serviranno per dare orgoglio e parità alle donne nel calcio.
La storia del calcio femminile in Italia
Mentre a livello europeo la prima partita di calcio femminile si è giocata nel 1881 a Preston in Inghilterra, la patria del football, in cui c’era la Seconda rivoluzione industriale e quindi le donne giocavano dopo il lavoro, in Italia la storia del calcio femminile è un pò diversa. Solo nel 1933, nella prima guerra mondiale, un gruppo di ragazze milanesi crea la prima vera squadra di calciatrici donne che però poteva solo giocare a porte chiuse. Quando c’era la possibilità di fare una trasferta, il regime fascista aveva proibito alle donne di praticare uno sport maschile, in quanto il loro ruolo doveva essere quello di madri e mogli.
Dal 1933 dobbiamo fare un altro salto temporale fino al 1946, data in cui si formarono due squadre di calcio femminili (Triestina e San Giusto), seguite poi via via da altre città. Ma ci tocca fare un altro salto temporale: solo nel 1968 a Viareggio nasce la prima Federazione Italiana e si gioca il primo campionato nazionale. Nel 2000 le calciatrici italiane tesserate sono ancora poche, nulla in confronto alle centinaia di migliaia di ragazze inglesi e americane. Guardando le date più recenti, notiamo che i miglioramenti per elevare il calcio femminile italiano sono stati fatti solo da qualche anno, e nonostante questo il livello tecnico della serie A femminile è ancora inferiore rispetto agli altri paesi europei.
Il calcio femminile diventa professionista: inizio di una nuova epoca
Il 1 luglio 2022 segna un’altra data importante per il calcio femminile italiano in cui finalmente è riconosciuto come sport professionistico. Cosa significa? L’avvocato, esperto nel settore sportivo, Cesare di Cintio lo chiarisce bene:
“Credo fortemente che questo sia solo l’inizio affinché anche alle atlete sia garantito il riconoscimento delle tutele lavorative, previdenziali e assicurative previste per i lavoratori e quindi al pari dei propri colleghi calciatori – ha spiegato il legale –. Le differenze principali resteranno comunque, almeno in questa prima fase, relative al peso degli stipendi previsti nel calcio maschile e in quello femminile. I calciatori continueranno a guadagnare molto di più che le calciatrici, ma almeno queste ultime potranno avere un minimo salariale pari a quello dei calciatori di Serie C.
Ora che il cambiamento è in atto, gli investimenti avranno una parte importante nel favorire il processo e diminuire sempre di più il gap tra il mondo del calcio maschile rispetto a quello femminile. Naturalmente si sa, il mondo del calcio femminile è fortemente in ritardo; quello maschile è un’industria con decine di anni di ricerca, sponsor e business.
Grazie ai contratti professionistici fatti alle atlete: le calciatrici potranno usufruire di un contratto collettivo che stabilisce stipendi più elevati, contributi pensionistici e altre tutele di tipo legale e sanitario, e il fondo di fine carriera che garantiranno loro il diritto alla pensione di maternità.
“Però pensate che fino al primo luglio le calciatrici non potevano nemmeno versare i contributi: stiamo parlando di un cambiamento di una portata storica“ – Di Cintio –
Noi speriamo che questo processo di evoluzione vada avanti, senza più disparità tra calcio maschile e femminile.