Essere o Apparire: questo binomio trova conferma in quello in cui la società moderna si sta trasformando. Questo conflitto, se così possiamo chiamarlo, è sempre esistito, solo che al giorno d’oggi ha assunto toni più accesi, marcati, i contorni non sono più sfumati, appartenere all’uno o all’altro diventa quasi uno stile di vita.
Questi due verbi sono totalmente agli antipodi: un po’ come il bianco e il nero, i Guelfi e i Ghibellini, il giorno e la notte – e potremmo continuare all’infinito – e quindi, inevitabilmente ti trovi come dinanzi ad un bivio e devi fare una scelta: appartieni all’essere o all’apparire?
E così capita persino che quando ti trovi davanti una persona, ti viene quasi spontaneo chiederti chissà se parteggia per l’essere o per l’apparire? Quasi glielo chiedo. Ma poi, se sei sveglio, cogli al voglio lo schieramento d’appartenenza, ti basta veramente poco.
V’è da dire che peso rilevante è detenuto dai social che oggi occupano gran parte della nostra vita in generale, della nostra giornata in particolare; oggi non essere social è quasi come non saper parlare: non sei su instagram, ma com’è possibile? Non twitti? Occhi sgranati grandi come piattini come se tu stessi parlando in sanscrito al tuo interlocutore.
Essere o Apparire: e tu, a che fazione appartieni?
In realtà la questione è più seria di quel che si potrebbe pensare, tanto seria che mi pongo spesso una domanda: dove sono finiti i valori, quelli veri, quelli per i quali ci siamo sempre battuti? L’amara verità dei fatti è che oggi vi è una netta predominanza dell’apparire più che dell’essere; nella realtà odierna le persone sono più preoccupate di un tricipite, bicipite, e tutti i muscoli all’appello, o di avere delle labbra perfette per i cosiddetti selfie a culo di gallina – chiedo venia per questo mio francesismo – un fisico da urlo (ma non di Munch) piuttosto che coltivare quelle che sono – da sempre – le vere virtù della vita.
In fondo, ognuno di noi ha una propria personalissima scala – veri valori, per l’appunto – che pensa sulla scorta di ciò che nella propria vita assume importanza.
Mi rendo conto sempre più che, nostro malgrado, nella nostra bella società passano dei messaggi sbagliati, colti in particolare dai giovanissimi; questi ultimi poi, con tutta probabilità, diventeranno adulti pensando che sia più importante – magari – partecipare a programmi televisivi e quindi mettersi in mostra, piuttosto che dimostrare di avere un cervello pensante; che quindi sia meglio avere un bell’aspetto, curato, outfit all’ultima moda e griffe bene in vista. Riflettiamo: è davvero questo che vogliamo per i nostri figli? È questo ciò che crediamo sia meglio per loro? No. La risposta è no.
Se però questo modo di essere e di pensare si va propagando dipende anche e soprattutto dalla società nella quale viviamo che sempre più vuole trasmettere degli stereotipi errati, è proprio la società che ci vuole così: belli fuori, vuoti dentro. Ed è sempre la società che impone certi canoni da seguire, in caso contrario vieni tagliato fuori, irrimediabilmente.
D’altro canto, lo stesso esimio Luigi Pirandello parlava già di maschere, dell’essere e dell’apparire, ritenendo egli stesso che ogni essere umano indossasse una maschera al fine di uniformarsi alle altrui attese, pretese e il fatto stesso che gli uomini vivano in una società rappresenta per essi stessi una condanna, perché si impedisce loro di essere liberi di manifestare se stessi, portandoli a mostrarsi come la società richiede.
Noto è il suo Sei personaggi in cerca d’autore «una perfetta tragedia dell’incomunicabilità in cui viene messo in scena, illuminato dall’amara ironia di Pirandello, l’insanabile conflitto tra l’essere e l’apparire che lacera ogni individuo umano.»
Essere o Apparire: Il narcisismo nella società moderna
Essere o Apparire, il narcisismo nella società moderna, di Enrico Girmenia è uno dei testi ove si incarna questo costante, assiduo dualismo «La patologia narcisistica sta conoscendo una fase
A queste, come ad altre domande, si propone di rispondere questo libro che nasce dall’esperienza clinica dell’Autore e che passa in rassegna la letteratura internazionale sull’argomento.»
Purtroppo, secondo il mio modestissimo parere, le cose non andranno di certo meglio, anzi, questa dicotomia ci fagociterà, ci risucchierà dentro quello che è un circolo vizioso, starà a noi resistere, starà a noi capire – e far capire – che essere belli, possenti, muscolosi, non è tutto nella vita, che è meglio possedere un po’ meno beltà ma un po’ più di sapere, tutto qui.
Questo è ciò che conta: ora, non è che io voglia passare per una bigotta anticonformista che lotta contro tutto ciò che rappresenta la bellezza, la forza fisica e il bel vestire, no, il mio umile concetto è questo: va bene curare l’aspetto fisico, ma bisogna farlo per noi stessi, e non per apparire diversamente da ciò siamo o per accondiscendere qualcuno.
Non importa se per qualcuno non siamo piacenti, non conta se non sai nemmeno come fare a creare una storia su instagram o a twittare, ma chissenefrega! Curiamo il nostro sapere che, sebbene non sempre ci conduca lontano, resterà sempre un personale vanto del nostro bagaglio culturale.
«Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti» (Cit. Luigi Pirandello)