Sogni di carta, la rubrica di iCrewplay-libri dedicata alle interviste, ospita oggi Erica Isotta, autrice di 25% Una donna su quattro. Conoscere da vicino un autore serve a soddisfare la curiosità dei lettori ma anche la nostra che, come redattori, ci troviamo a leggere e recensire libri che stimolano l’interesse a conoscere l’autore e le motivazioni che lo spingono alla scrittura.
Nel caso di Erica Isotta la mia personale curiosità è doppia in quanto, leggendo il suo libro, ho scoperto qualcosa che ci accomuna… E se vuoi saperne di più, caro lettore, ti invito a leggere la mia recensione di 25% Una donna su quattro.
Intanto però ringraziamo Erica Isotta per la disponibilità e, come di rito, la prima domanda è quasi uno standard:
Chi è e cosa fa Erica Isotta?
Erica Isotta è una giovane donna under 30, Founder e CEO dell’Indie Publisher Europeo, Women Plot. Women Plot vuole condividere storie di donne autentiche e stimolanti mentre coinvolge la comunità con eventi, club del libro virtuali e molto altro ancora. La nostra visione è quella di diventare il punto di riferimento per acquistare libri che supportano il lavoro delle donne e riducono consapevolmente la disuguaglianza di genere. Sapendo tutto questo, possiamo responsabilmente cercare di lavorare per la diminuzione del divario di genere e per sostenere attivamente un cambiamento culturale verso la definitiva parità di genere.
La tua passione per la scrittura risale praticamente all’infanzia o quasi, dal momento che sei giovanissima e sei già alla quarta (se non erro) pubblicazione, quali sono le tue fonti d’ispirazione?
È proprio vero: fin da piccola, ho sempre scritto e raccontato storie. Per anni ho riempito diari fino a desiderare ardentemente di pubblicare i miei romanzi (e poi saggi) al fine di creare una connessione e provocare nuove riflessioni nei lettori. Sarò banale, ma mi ispiro alla vita di tutti giorni, ai piccoli gesti, a quello che mi accade. Tutti i miei libri seguono il filo rosso dei grandi ideali in cui credo e dei quali parlo spesso nella vita di tutti giorni. Non credo che siamo a questo modo per soddisfare l’ideale di vita di qualcun altro. Quindi, cosa fare se non rimanere fedeli a sé stessi?
Entriamo nel vivo di 25% Una donna su quattro; non so se hai avuto modo di leggere la mia recensione: conta poco perché è una nota tecnica non importante, ma ho avuto qualche difficoltà a stabilire il genere letterario del tuo libro. Come lo inquadra Erica Isotta? A quale genere letterario pensi appartenga?
Per me 25% Una donna su quattro appartiene al genere letterario del saggio. Da definizione: “Il saggio è uno scritto critico in prosa, a carattere scientifico o divulgativo, a carattere monografico, nel quale si analizza un argomento scientifico, politico, filosofico, e/o letterario.”. L’obiettivo di 25% è divulgare, sensibilizzare, normalizzare un’esperienza che tocca più vite di quante possiamo immaginare.
Erica Isotta, un’esperienza dolorosa…
25% Una donna su quattro è essenzialmente il racconto di un’esperienza devastante, una storia dolorosa che ti ha coinvolta in prima persona. Per prima cosa, a distanza di un anno, ti vorrei chiedere come va? Come stai? Non stupirti di questa domanda, so anch’io, per esperienza diretta, quanto è duro superare un aborto spontaneo…
Sto meglio. Non è stato facile e continua a non esserlo perché sono infertile e, a differenza di altri, rimanere incinta è stato un vero e proprio colpo di fortuna, successo esattamente il mese prima di cominciare un percorso di fecondazione assistita dopo anni di tentativi. Parlarne mi ha sicuramente aiutato e condividere la mia storia è stato terapeutico. Ho anche avuto la possibilità di raccontare la mia esperienza in una Ted Talk grazie al supporto del TedX di Rovigo. Fare divulgazione sicuramente aiuta a normalizzare la situazione perché permette di venire a contatto con altre persone toccate dalle stessa sorte. Piano piano altre donne, coppie, si fanno avanti e, grazie al gruppo, non ci sentiamo più isolate, inadeguate, non tutelate.
Il racconto della tua dolorosa esperienza mi ha coinvolta direttamente, e per certi versi anche stupita per aver scoperto una “cosa” che abbiamo in comune, come spiego anche nella recensione di 25% Una donna su quattro. Conosco la dolorosa trafila di un aborto spontaneo per averlo vissuto per ben due volte e la data della seconda volta, il 13 maggio coincide con la tua. Come te mi sono sentita non adatta, non all’altezza e avendo già una bambina, (che ha sofferto molto per il mancato arrivo del fratellino/sorellina) i sensi di colpa erano anche nei suoi confronti. Quali credi che siano le motivazioni che spingono una donna già abbastanza provata a colpevolizzarsi in questi casi?
In generale, come raccontato in 25%, penso che l’esperienza di aborto spontaneo sia un’esperienza sociale di violenza, come altre lo sono. Ripeto sempre a me stessa e a chi mi circonda che ogni vissuto è valido quanto quello altrui e non c’è una classifica delle sofferenze come alcuni potrebbero pensare. Il senso di colpa è interiorizzato proprio a causa del senso di inadeguatezza che si prova quando non si rispecchia l’ideale proposto e imposto dalla società che ci vorrebbe tutti belli, magri, ricchi, di successo, laureati, sposati, con una o più case di proprietà, e con figli. Quando per qualche ragione “falliamo” – odio l’utilizzo improprio del termine, ma permettimelo per licenza poetica e per chiarezza del messaggio -, subentra il senso di colpa, il senso di inadeguatezza, il “non sono abbastanza”.
La condizione femminile oggi, secondo Erica Isotta
La cultura, la società, le istituzioni o anche la famiglia a tuo avviso giocano un ruolo importante nel far sentire una donna che abortisce spontaneamente non all’altezza?
Assolutamente, viviamo in una società prestazionale dove anche la gravidanza diventa un banco di prova. Quante persone scelgono attivamente e consciamente di essere genitori? Come mai ogni volta che qualcuno dichiara di non avere/volere figli viene loro chiesto il perchè? Presupporre che una persona o coppia voglia, debba o addirittura possa volere dei figli in base al proprio genere è estremamente invadente e presuntuoso. Se l’unica scelta è essere genitori, possiamo ancora definirla scelta?
Anni di lotte e battaglie femminili e femministe sono veramente serviti a creare una coscienza libera e scevra da condizionamenti nella donna, oppure i retaggi culturali del passato sono ancora più presenti di quanto dovrebbero?
Sono ancora presenti. In Italia, c’è una bellissima ondata di novità portata dalle nuove generazioni che sono molto più informate di quanto non lo fossimo noi alla loro età. Purtroppo si trovano a fare a cazzotti con una realtà edulcorata e anacronistica portata avanti da chi crede di avere la verità in tasca. Spoiler alert: nessuno la ha. Il femminismo stesso è un movimento in continuo cambiamento, così ampio e fluido, difficile da definire o generalizzare. Delle nuove generazioni apprezzo la volontà all’ascolto che manca ancora tanto a chi ha molti anni sulle spalle e poca voglia di mettersi in gioco.
Un’ultima domanda anche questa di rito: quali sono i tuoi progetti futuri? Ci sono ancora libri- denuncia sulla condizione femminile da scrivere per te? Gli argomenti non mancano….
Ho ancora tanto da dire. Per quest’anno mi concentro sul dare voce alle storie altrui con Women Plot. Voglio amplificare le voci di altre donne. Ci sono ancora troppe donne oppresse, in silenzio, bloccate dalle sabbie mobili della vita. Voglio dare una possibilità a chiunque voglia raccontarsi. Prima di scrivere, voglio restare in ascolto ancora un po’.
Alla fine di questa intervista saluto e ringrazio Erica Isotta facendole un augurio veramente con il cuore: possa realizzare tutti i suoi sogni e soprattutto quello di diventare mamma, se lo desidera, senza nessuna paura, perché è possibile anche dopo uno o due (e c’è anche chi ne ha avuti di più) aborti spontanei. Non stupirti caro lettore, non conosco personalmente Erica Isotta, ma la solidarietà femminile e la conoscenza di un certo tipo di dolore, accomunano più di quanto non si creda.