Gli epitaffi sono spesso la parola definitiva di un autore, l’ultimo frammento del proprio mondo racchiuso in poche righe. Molti poeti e scrittori hanno lasciato impresse frasi memorabili sulle proprie lapidi, parole in cui riecheggiano la loro visione della vita e dell’aldilà, la loro ironia o il loro romanticismo, spesso più eloquenti di molte loro opere.
Gli epitaffi d’autore
Nel silenzio profondo dei cimiteri, tra pietre logorate dal tempo e foglie adagiate sui sentieri, possiamo incontrare parole destinate a risuonare per sempre. Sono frasi, brevi ma intense, che racchiudono in un epitaffio l’essenza di molti grandi scrittori e scrittrici della letteratura.
Gli epitaffi di scrittori e poeti ci rivelano molto della loro personalità e delle loro opere. Sono frasi lapidarie, incisive e intense, proprio come le vite di chi le ha scelte o ispirate. Queste parole ci offrono una finestra sull’animo umano, sulle riflessioni finali, spesso ironiche o malinconiche, di autori che, persino nel commiato, hanno cercato di lasciare una traccia duratura.
Qui giace uno il cui nome è scritto sull’acqua – John Keats
John Keats, uno dei poeti più importanti del Romanticismo, scelse di far scrivere sulla sua tomba questa frase struggente, “Qui giace uno il cui nome è scritto sull’acqua”. Non desiderava nemmeno che il suo nome fosse inciso sulla lapide. Sapeva che il suo tempo era breve e temeva di non lasciare un segno durevole nel mondo. Il risultato, invece, è un epitaffio che sottolinea l’effimero della fama e la fragilità della vita, trasmettendo ancora oggi la malinconia che permea molte delle sue poesie.
L’ultima frase di Antonio Machado
L’epitaffio di Antonio Machado, poeta spagnolo noto per la sua sensibilità e profondità, recita:
E quando verrà il giorno dell’ultimo mio viaggio, e salperà la nave che non tornerà mai più, mi vedrete a bordo leggero di bagaglio, e quasi nudo, come i figli del mare.
Questa frase, tratta da uno dei suoi versi più celebri, rappresenta la visione della vita di Machado come un viaggio privo di attaccamenti materiali, un cammino essenziale e quasi spoglio.
Machado scrisse queste parole in un periodo di forte dolore e di esilio durante la Guerra Civile Spagnola. Fuggì dalla Spagna per cercare rifugio in Francia, dove morì poco dopo l’arrivo, nel 1939, a Collioure, un piccolo paese vicino alla frontiera. Qui, in un semplice cimitero, si trova la sua tomba, che è ancora oggi meta di pellegrinaggio per coloro che amano la sua poesia e la sua filosofia.
L’epitaffio di Francis Scott Fitzgerald
L’epitaffio di Francis Scott Fitzgerald:
Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato
è tratto dalla frase finale de Il grande Gatsby, il suo romanzo più celebre. Questa frase racchiude il senso profondo della sua opera e della sua visione della vita: il continuo tentativo dell’uomo di andare avanti, di realizzare i propri sogni, pur essendo inevitabilmente trascinato indietro dalle forze del passato.
Fitzgerald usa l’immagine delle barche che remano controcorrente per esprimere la fatica di chi prova a raggiungere i propri ideali, spesso irraggiungibili. Quest’epitaffio è un ricordo struggente della tensione tra desiderio e realtà, tra ambizione e disillusione, temi centrali non solo nel romanzo, ma anche nella vita stessa dello scrittore.
Anche nel mezzo delle fiamme più feroci, il loto dorato può essere piantato – Sylvia Plath
L’epitaffio di Sylvia Plath, “Anche nel mezzo delle fiamme più feroci, il loto dorato può essere piantato” è una frase ricca di simbolismo e speranza. Il loto, simbolo di rinascita e purezza in molte culture, cresce dal fango e fiorisce nonostante le difficoltà. Le “fiamme feroci” rappresentano le sfide e il dolore, elementi che hanno segnato profondamente la vita di Plath.
Questa iscrizione sepolcrale è una sorta di messaggio di resistenza, un richiamo al potenziale di bellezza e crescita anche nei momenti più bui. Nonostante le sue lotte interiori, Plath lascia un messaggio di possibilità, un invito a trovare un significato e una nuova fioritura, anche nelle circostanze più difficili. Le sue parole continuano a ispirare, offrendo un barlume di luce e speranza a chiunque si trovi “nel mezzo delle fiamme.”
Scusate la polvere – Dorothy Parker
L’epigrafe di Dorothy Parker, “Scusate la polvere“, è un esempio perfetto del suo humor tagliente e dissacrante. Parker, famosa per il suo spirito ironico e le sue battute pungenti, scelse queste parole come un ultimo saluto al mondo, con un tono scherzoso persino di fronte alla morte.
Con “Scusate la polvere,” Parker gioca con l’idea della sepoltura e del ritorno alla polvere, trasformando il suo epitaffio in una battuta leggera su un tema altrimenti solenne. Questa frase riflette la sua capacità di sdrammatizzare e di usare l’ironia anche nelle situazioni più serie, lasciando un’ultima, arguta traccia della sua personalità e del suo stile inconfondibile.
L’epigrafe di Leonardo Sciascia
L’epigrafe di Leonardo Sciascia,
Ce ne ricorderemo, di questo pianeta
è una frase che esprime insieme ironia e disincanto. Sciascia, autore noto per la sua riflessione critica sulla società e per l’attenzione ai temi di giustizia e verità, usa queste parole come un messaggio pungente. La frase può essere letta come un commento sull’umanità e sulle sue contraddizioni, come se, guardando indietro, vi fosse un’ironia amara nei confronti delle lotte, delle ingiustizie e dei problemi che caratterizzano la vita su questo pianeta.
Quest’epigrafe è una sorta di osservazione distaccata, quasi a suggerire che, nonostante tutto, ciò che resta della vita terrena è un ricordo. Attraverso queste parole, Sciascia lascia un’impressione duratura della sua visione disillusa, ma profondamente consapevole, del mondo