È senza dubbio viaggio, la parola più ricorrente durante il mio percorso svolto attorno a Enigmatica Bicicletta , il nuovo libro di Pietruccio Montalbetti, storico membro fondatore e chitarrista dei Dik Dik, gruppo musicale che dal 1965 è sulla scena musicale italiana meritandone un posto di assoluto rilievo.
Un percorso che appunto può essere paragonato a un viaggio, quello fatto durante la lettura del romanzo, quello fatto a ritroso nel tempo fino agli anni appena successivi alla Seconda Guerra Mondiale grazie alla storia e alla trama del libro, e in ultimo, forse il più intrigante e spettacolare, quello fatto durante l’intervista che gentilmente l’artista mi ha concesso per parlare del libro, della sua passione per i viaggi, neanche a farlo apposta, e di tutto il suo lavoro, che mi ha aperto le porte ad un mondo incredibilmente fantastico.
Ringraziando il signor Montalbetti per la disponibilità e per la passione arricchita dall’entusiasmo concentrata in una lunga e piacevole telefonata, ti invito, caro amico iCrewer, a metterti comodo e a scoprire insieme a me gli aneddoti e i percorsi che stanno dietro a Enigmatica bicicletta e più in generale al talento di questo straordinario artista.
Partendo dal libro.
ENIGMATICA BICICLETTA: IL LIBRO
Enigmatica bicicletta è un libro che ho apprezzato moltissimo. Non ci sono molti giri di parole da compiere quando un testo appassiona e coinvolge come questo. Una lettura che mi ha catturato e che ho concluso in pochissimo tempo, un paio di giorni, tanto era la bellezza di lasciarsi trascinare dall’autore in quegli anni di ricostruzione dell’Italia dopo essere stata liberata a seguito del conflitto mondiale.
Un libro che, come per definizione del romanzo storico, inserisce una trama di pura fantasia narrativa, in un contesto ricco di fatti storici realmente accaduti e che, fortunatamente, vengono ancora ricordati, anche attraverso libri come questo, con il fine di non dimenticare e di porsi come da monito per gli anni che verranno.
Lo scempio di cui l’uomo è stato capace, attraverso la deportazione, i campi di concentramento e l’odio razziale, sono il punto di partenza attorno al quale Montalbetti costruisce una storia di denuncia e di condanna, ma allo stesso tempo di speranza e di amore.
Ho chiesto direttamente all’autore come è nata l’idea di scrivere Enigmatica bicicletta…
Il tutto è nato il giorno in cui sono andato alla stazione centrale di Milano a visitare il binario 21, quello che veniva utilizzato dai nazisti per mandare gli ebrei nei campi di concentramento: mi sono accorto che è un luogo veramente angosciante, probabilmente addirittura più toccante della visita stessa a Auscwhitz. Ho sentito dentro di me qualcosa che mi ha colpito nel profondo, su quel binario mi sono reso conto della condizione disumana in cui venivano stipati i prigionieri. Erano davvero dei carri bestiame in cui magari ci stavano venti persone e invece ne mettevano un centinaio, lasciandoli lì anche per alcuni giorni.
Io sono sempre stato contro il razzismo, sono un viaggiatore, ho conosciuto gente di tutte le razze e di ogni cultura, e la sensazione che ho sempre avuto è che la Seconda Guerra Mondiale sia stata una pagina abominevole della storia dell’umanità.
Il vero la, per l’inizio di Enigmatica bicicletta, però è stato molto casuale. Io abito a Milano e spesso esco a fare due passi portando fuori il cane. Un giorno ho visto un signore che stava maneggiando una bicicletta legandola a un cancello, e nei giorni a seguire, mi sono accorto che quella bicicletta era sempre lì. Nessuno era più tornato a riprenderla. A distanza di mesi, un giorno, ho notato che quella bicicletta, pur essendo ancora legata a quel cancello, era stata girata nel verso opposto… quello è stato il vero colpo di lampadina per l’incipit del libro.
Una storia straordinaria questo aneddoto, inizia così infatti Enigmatica bicicletta…
Si esatto, è un noir che parte dal 1938 con le leggi razziali. Il protagonista, che ho scelto di far parlare in prima persona, è un ragazzo che come tanti altri in quel tempo aveva aderito al fascismo. Prima della Guerra il fascismo era un movimento che aveva molti sostenitori, in molti erano propensi ad aderire a questo regime.
Nel ’38, a seguito delle leggi razziali, Luca, il protagonista simpatizzante del Duce figlio di due genitori che invece erano contrari al regime, si trova a fare i conti con un fatto che gli smuove la coscienza. Un giorno, a scuola, arriva il preside in classe e chiede a tutti gli ebrei di alzare la mano, ordinandogli poi ad accomodarsi nei banchi sul fondo della classe e invitando gli altri compagni a non aver più rapporti ne dialogo con loro.
Luca si alza, chiede spiegazioni e per questo viene redarguito.
È questo il primo impatto del protagonista con il regime, poi? Come prosegue la vicenda di Enigmatica bicicletta?
Inizia la Guerra e Luca viene arruolato. Uno dei compiti che gli viene assegnato, in piena estate, è quello di portare da Ferrara a Milano, al binario 21, un gruppo di ebrei stipati e ammassati su un carro bestiame. Donne e bambini che sotto al sole cocente lamentavano il diritto e l’esigenza di bere e di fare i loro bisogni. Nonostante il rifiuto del capitano della compagnia, il protagonista riesce a fare fermare il convoglio vicino a una cascina in modo da farli ristorare.
Succede che un bambino, portato per natura a correre e giocare, si allontana leggermente dal gruppo e il capitano dei militari, credendo che stesse provando a scappare, gli spara e lo uccide.
Questo fatto segna la fine del soldato Luca che subito dopo entra nella resistenza e diventa partigiano.
Non sveliamo tutta la trama, lasciamo che siano i lettori a scoprirla pagina dopo pagina, ma come arriviamo a quella scintilla scoccata con la bicicletta? Come giungiamo al titolo Enigmatica bicicletta?
Alla fine della guerra, nel 1945, Luca mette insieme una task force per punire i crimini di guerra dei fascisti. Durante il tragitto che faceva quotidianamente per le varie commissioni, notava legata a un cancello una bicicletta che a seconda del giorno era girata in un verso o nell’altro. Proprio come è successo a me.
Questa bicicletta veniva usata come mezzo di comunicazione da…
Lasciamo in sospeso, giustamente. Una questione che mi ha colpito molto della storia, che ricordiamo è frutto della sua fantasia e ben inserita in un contesto storico molto particolare, è che nonostante le tante cose brutte e becere successe, c’è lo spazio per i sentimenti. C’è spazio anche per l’innamoramento del protagonista, quasi come a voler dare speranza, giusto?
Ci deve essere sempre speranza. Anche in questo momento in cui noi viviamo oggi, con questa pandemia che è un flagello micidiale, bisogna sempre avere speranza. A me piace vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, anzi tutto pieno.
Questo libro ha lo scopo di non fare dimenticare, mi fa molto piacere che qualcuno, leggendolo, ha chiamato in causa nomi del calibro di Fenoglio e Primo Levi, non tanto in termini di paragone, in quanto loro sono nomi sacri della letteratura, ma in termini di stile narrativo.
PIETRUCCIO MONTALBETTI: MUSICISTA E SCRITTORE
La voglia di raccontare e di parlare dimostrata durante la telefonata da Pietruccio Moltalbetti è davvero paragonabile alla forza di un fiume in piena, tanto che probabilmente non basterebbe una vita intera per raccontare tutta la vita che ha vissuto questo artista. E mi scuso per il gioco di parole.
Io, che faccio della curiosità e del sapere il mio segno distintivo, ne ho ampiamente approfittato, uscendo dalla strada tracciata dal racconto di Enigmatica bicicletta e ampliando il raggio a tutto il suo percorso artistico. Ho scoperto così, tornando alla famigerata parola viaggio con cui ho iniziato questo articolo, che Montalbetti, il famosissimo membro dei Dik Dik, fin da ragazzo aveva un sogno…
Il mio sogno da bambino non era quello di fare il musicista, anche se ovviamente la passione per la musica e per il rock n’roll c’è da sempre, ma quello di fare l’esploratore. Sognavo di girare il mondo alla scoperta dei luoghi più reconditi. Posso dire di averlo realizzato: da molti anni ormai, ogni anno, da metà gennaio a metà febbraio parto da solo.
Il primo viaggio che ho fatto è stato nello Yucatan, poi via via il Guatemala, l’India, l’Amazzonia, il Tibet… io non faccio il turista, io parto per capire i popoli e quindi mi addentro nella vita di quelle popolazioni. È una esperienza che mi arricchisce e che diventa una costante fonte di ispirazione, anche per i miei libri.
Come è arrivato all’idea di scrivere? Tutti conosciamo i Dik Dik e la loro storia, ma come si decide di iniziare una carriera da scrittore parallela a quella di musicista?
Una delle fortune più grandi della mia vita è stata quella di incontrare mia moglie, una donna molto colta, di conseguenza ho sempre avuto la fortuna di frequentare gente che faceva parte del suo mondo: letterati, scrittori e intellettuali. Una serie di persone grazie alle quali mi sono sempre acculturato e grazie alle quali ho sempre respirato una atmosfera artistica. Più letterati che musicisti.
Un giorno, dopo uno dei miei tanti viaggi, mi sono messo a scrivere con lo scopo di raccontare le mie incredibili esperienze vissute in giro per il mondo. E ho capito che dentro di me provavo qualcosa, sentivo forte il desiderio di condividere.
Il primo libro si intitolava I ragazzi della via Stendhal, ed è un romanzo che si basa sui ricordi legati agli anni in cui ero un ragazzo, in questo quartiere di Milano, in cui sono cresciuto con amici del calibro di Moni Ovadia, Cochi Ponzoni e Richy Gianco. Ci sono tutti i miei ricordi legati al dopoguerra, a quando gli americani giravano per il quartiere portandoci le chewing gum.
Il secondo libro invece si intitolava Sognando la California scalando il Kilimagiaro, ed è il racconto della mia scalata alla conquista di questa montagna simbolo del continente nero. Traguardo raggiunto dopo mesi di preparazione fisica e alimentare. Se oggi sono ancora in ottima forma, e posso permettermi di viaggiare in solitaria, il merito è senza dubbio da attribuire alla mia vita equilibrata e sempre in costante regime alimentare.
Un’altra della mie grandi fortune è stata quella di avere come grande amico Lucio Battisti. Ci siamo conosciuti quando ancora lui non era diventato quello che poi è diventato e nel mio terzo libro, Io e Lucio Battisti, condivido tanti aneddoti e tante avventure legate a questo nostro sodalizio.
Molto interessante e ammetto un pizzico di invidia per questa amicizia. Parlando dello scrivere, nel senso di mestiere, lei come detto ha fatto tanti viaggi. La scrittura di un libro, riferendoci a Enigmatica Bicicletta, ma anche a tutti i suoi lavori, può essere paragonata a un viaggio?
Si, certo. Per certi sensi è un viaggio anche quello.
Pensa che io, duranti i viaggi che facciamo quando giriamo con i Dik Dik per fare concerti, generalmente mi siedo sul fondo del furgone e penso a cosa scrivere. Quando poi inizio a buttar giù parole, entro in un mondo tutto mio.
Ho un modo di scrivere: si inizia scrivendo con il cuore, quindi mettendo giù tutto quello che ho in mente senza guardare virgole e punti. Scrivo come entrato in una forma di catarsi. Poi, una volta ritenuto finito il lavoro, lo riscrivo con la testa, questa volta sì, ponendo attenzione a tutte quelle norme che regolano la giusta riuscita di una scrittura o di un testo.
Si tratta di un lavoro che in genere necessita di almeno sei mesi. In dieci anni ho pubblicato sei libri, e questo dal mio punto di vista, è indice che la scrittura è una pratica che mi piace. È un vero e proprio viaggio all’interno di me stesso.
Venendo invece al suo mestiere di musicista, ci sono analogie tra scrivere narrativa e comporre musica? Scrivere le note è come scrivere storie?
Sono due cose sostanzialmente diverse. Intanto con una canzone di tre minuti puoi anche rischiare di non esprimere veramente te stesso, mentre nel lungo periodo di un romanzo ciò che sei, ciò che hai dentro, viene fuori per forza.
Scrivere la musica non è come scrivere un libro, è più un lavoro in cui ci si mette lì, si prova a far girare qualche accordo cantandoci sopra un inglese maccheronico. La musica, secondo me, è un arte da portare all’essenza, meno accordi si fanno e meglio è per la canzone che verrà. Ci sono grandi capolavori scritti con solo tre accordi. Poi è la melodia che conta, i rivolti e le varianti di tutti quegli accordi.
Detto ciò, ti confesso che in futuro mi piacerebbe molto unire le due arti in una sorta di spettacolo narrativo musicale, ma non per riempire i teatri, ma per andare a condividere le mie esperienze con i ragazzi nelle scuole. Non c’è insegnamento migliore che il mondo. Le culture, le diverse religioni, i diversi pensieri.
Mi piacerebbe raccontare le mie avventure fatte con lo zaino in spalla magari intervallandole con qualche canzone.
In ultimo, e poi la ringrazio davvero per questa lunga e interessante chiacchierata iniziata con il nuovo romanzo Enigmatica bicicletta, le chiedo come ha vissuto la quarantena e se è nata qualche idea a seguito di questa pandemia…
La mia paura è che sarà un vero e proprio disastro economico.
Cercando di vederla in un verso positivo, credo, anzi spero, che per molti questa pandemia possa essere una lezione di vita. E credo che ci sarà una grande necessità di ritrovare le proprie radici e di andare a studiare la storia.
In particolare potrebbe esserci un nuovo interesse, positivo, per un certo tipo di cinematografia, per quella che è la storia della musica andando a cercare nei lavori del passato.
Se mi chiedi se è stata di ispirazione per scrivere ti dico di no. L’ho vissuta serenamente, leggendo, studiando e guardando molti film.
Casualmente, però, c’è una nuova canzone che abbiamo fatto con i Dik Dik, incisa prima che tutto iniziasse, che si intitola Gli Angeli, scritta pensando a tutti quelli che non hanno un futuro, che dormono sotto i porticati nei sacchi a pelo e a tutti quelli che si adoperano per garantirgli con il volontariato una esistenza minimamente dignitosa, che ora può suonare anche in riferimento ai medici e ogni forma di esperienza umanitaria che abbiamo letto o visto in questi mesi.
Uscirà nel nuovo album che si chiama Un viaggo d’avventura, in cui ognuno di noi membri del gruppo, racconta il suo percorso, partendo dai sogni che aveva fin da ragazzo. In fondo la nostra vita, e quella del nostro gruppo, è una grande avventura. Speriamo di poter presto tornare a girare in Italia e nel mondo per suonare la nostra musica.
CONCLUSIONI
Ringrazio davvero Pietruccio Montalbetti per questa incredibile e lunga chiacchierata, ridotta un po’ all’osso nella trascrizione dell’articolo, quasi, come direbbe lui, musicata con soli tre accordi.
È stato per me un onore, oltre che una esperienza di crescita, sia per quanto riguarda la conversazione che per quanto riguarda la lettura del suo Enigmatica bicicletta.
Un libro che, chiudendo questo articolo che è un misto tra l’intervista e la recensione, consiglio di cuore a tutti. Innanzitutto per arricchire la propria conoscenza dei fatti e di quel periodo così particolare della nostra storia, per, come già detto, non dimenticare e anche, più semplicemente, per gettarsi tra le pagine di un romanzo che scivola via piacevole e coinvolgente nonostante gli orrori che è costretto a raccontare. Bravo quindi l’autore nel far fluire una storia appassionante nella storia disarmante.