“Ignorante!”, “Hai sbagliato!” … quante volte abbiamo sentito queste frasi? Pronunciate da qualche capo troppo severo a lavoro o da un insegnante troppo esigente a scuola. Insomma, oggi sembra che tutti non aspettino altro che puntare il dito e smascherare i nostri errori, come fosse qualcosa di esclusivamente negativo, di sbagliato e da “cancellare”.
Di diverso avviso è Gianrico Carofiglio, autore di un saggio dal titolo significativo Elogio dell’ignoranza e dell’errore, curato da Einaudi. Ed è proprio con una recensione di questo elogio che voglio riempire il nostro appuntamento domenicale con il mondo della filosofia!
Elogio dell’ignoranza e dell’errore: il contenuto
Biasimare gli errori e stigmatizzare l’ignoranza sono considerate pratiche virtuose. Necessarie. Ma le cose, forse, non stanno proprio così. Prendendo spunto da aneddoti, dalla scienza, dallo sport, da pensatori come Machiavelli, Montaigne e Sandel, ma anche da Mike Tyson, Bruce Lee e Roger Federer, Gianrico Carofiglio ci racconta la gioia dell’ignoranza consapevole e le fenomenali opportunità che nascono dal riconoscere i nostri errori. Imparando, quando è possibile, a trarne profitto.
Una riflessione inattesa su due parole che non godono di buona fama. Un’allegra celebrazione della nostra umanità. Fin da bambini ci raccontano che se sbagli prendi un brutto voto; se sbagli non vieni promosso e non fai carriera, in certi casi addirittura perdi il lavoro; se sbagli perdi la stima degli altri e anche la tua. Sbagliare è violare le regole, sbagliare è “fallire”. Per l’ignoranza, se possibile, i contorni sono ancora più netti: l’ignoranza relega alla marginalità.
E quando si passa dalla definizione della condizione (ignoranza) all’espressione che indica il soggetto in quella condizione (ignorante), il lessico acquista il connotato dell’offesa. In realtà, l’errore è una parte inevitabile dei processi di apprendimento e di crescita, e ammetterlo è un passaggio fondamentale per lo sviluppo di menti aperte e personalità equilibrate. Così come osservare con simpatia la nostra sconfinata, enciclopedica ignoranza è spesso la premessa per non smettere di stupirsi e di gioire per le meraviglie della scienza, dell’arte, della natura.
Il valore fondante dell’errore
Carofiglio parte dall’ambito che gli è più caro, quello investigativo-giuridico, per dimostrare quanto gli errori e l’ignoranza siano preziosi. Nelle indagini e nei tribunali, sono proprio i fallimenti e i vicoli ciechi quelli che permettono di andare avanti e di avvicinarsi sempre di più alla verità.
Ma questo non vale solo nel campo giuridico. Anche in quello scientifico sono gli errori ad aver permesso il progresso, errori commessi da quelli che venivano universalmente riconosciuti come i massimi esperti nel proprio settore.
Carofiglio fa diversi esempi: dalla casuale scoperta della penicillina ad opera di Fleming, dai fallimentari esperimenti culinari che poi sono diventati grandi cult, fino ai grandi movimenti sociali come quello dei movimenti civili messo in moto dall’ “errore” di Rosa Parks di cedere il posto ad un uomo bianco. Errore che le è valso l’arresto, ma che ha portato dopo una dura lotta all’incostituzionalità della segregazione in America.
Ma questo non vuol dire, come sottolinea Carofiglio, che tutti gli errori e i fallimenti siano positivi:
Viviamo in un’epoca in cui la retorica tossica del pensiero positivo e del «fallire meglio» sembra onnipresente. Siamo costantemente bombardati da messaggi sulla necessità di abbracciare tutti i nostri errori e inserirli in una narrazione mitologica e banalmente ottimistica della vita e dell’esperienza. […] La realtà è diversa: molti errori, molti fallimenti non producono alcun risultato positivo. A volte non offrono nemmeno alcun insegnamento, a parte ricordarci la nostra imperfezione.
Ma allora a cosa serve l’errore? Come dobbiamo comportarci? Cercare a tutti i costi di evitare gli errori, di puntare all’infallibilità e alla perfezione? Oppure disinteressarci delle nostre azioni e “abbracciare” l’errore e l’ignoranza come scelta di vita?
La risposta sta, ovviamente, nel mezzo. E per dimostrarlo, in Elogio dell’ignoranza e dell’errore Carofiglio si allaccia alla storia della filosofia per dare forza ai punti chiavi del saggio. Il richiamo più immediato è a Socrate, che con il suo celebre “so di non sapere” rappresenta l’esempio paradigmatico di saggezza legata alla consapevolezza della propria ignoranza. Anche Montaigne, che nei suoi Saggi esalta il valore del dubbio, sembra fare eco alla riflessione di Carofiglio. Per il filosofo francese, mettere in discussione le proprie certezze è un segno di intelligenza e di apertura mentale.
Clerk Maxwell, ad esempio, parlava di “ignoranza consapevole”, base di partenza imprescindibile per ogni progresso nella scienza. Un concetto simile è espresso anche nella filosofia orientale attraverso la parola shoshin che può essere tradotta come “mente del principiante”. Si tratta dell’atteggiamento tipico di chi osserva il mondo non con una mentalità chiusa e rigida, fatta di pregiudizi e improntata alla perfezione, ma con occhi sempre aperti, nella consapevolezza della propria ignoranza ma animati da quella curiosità che ci spinge ad agire e ad imparare dai nostri errori.
Errare umanum est, dicevano gli antichi. Sbagliare fa parte della vita di tutti i giorni, è inevitabile. Perseverare diabolicum, prosegue lo stesso detto: se non riusciamo ad apprendere dai nostri fallimenti, se incorriamo sempre negli stessi errori, allora questo ci rende davvero degni di quel biasimo che troppo spesso riceviamo gratuitamente.
Il consiglio ultimo di Carofiglio in questo Elogio dell’ignoranza e dell’errore è quello di diventare degli “esperti degli errori”, esperti che descrive efficacemente in questo modo:
Gli esperti sono molto meglio dei non esperti a una condizione cruciale: quando sono capaci di osservarsi, riconoscere i propri errori e correggerli. Quando sono capaci di sottoporre a scrutinio le proprie intuizioni e difenderle solo se e quando hanno retto a tale scrutinio.
Questa dote si chiama metacognizione e richiede una mente aperta, pronta a cogliere tutte le sfumature dell’esperienza, in grado di reagire con prontezza alle sue svolte impreviste. Insomma, il vero esperto è capace di accorgersi quando sta facendo male qualcosa.