Non è strano che i nomi dei generi letterari prendano spunto non solo dal contenuto dei romanzi, ma anche dall’apparenza fisica dei libri. Ad esempio, i romanzi rosa e i romanzi gialli devono la loro denominazione al colore che gli editori scelsero per le copertine nel momento in cui decisero di farne copie in massa. Lo steampunk è strettamente legato a elementi della trama. E la pulp fiction?
Come mai questo specifico genere di narrativa ha un nome così particolare e – diciamocelo, a meno di non conoscere il significato di quel particolare termine inglese – così poco evocativo? Non rimane altro da fare che mettersi alla ricerca della sua origine.
Pulp fiction: cos’è e perchè si chiama così
Il termine pulp non si riferisce a un tipo di storie bene preciso come può fare, per esempio il romanzo d’amore (qui sappiamo che, per quanto il contorno possa variare, ciò che conta è che il personaggio A e il personaggio B, dopo una serie di avventure, fraintendimenti ed ex che tornano dall’oscuro passato, finiranno insieme per sempre).
A essere individuati come pulp furono soprattutto romanzi a puntate, pubblicati su riviste negli anni Venti e Trenta, con contenuti forti, grotteschi, violenti o anche sensuali. Non solo polizieschi – che sono quelli che a cui oggi si pensa più di frequente – ma anche fantasy e fantascienza, horror, spionaggio e avventura, racconti di gangster. Questi racconti erano spesso caratterizzati da uno stile ridondante e sontuoso, dovuto principalmente al fatto che gli scrittori venivano pagati in relazione al numero di parole che scrivevano. Vi era, quindi, un ampio uso di aggettivi e avverbi che, oltre ad avere il pregio di rendere più accattivante la narrazione, aumentavano il compenso pecuniario dello scrittore.
Le copertine delle riviste in cui questi racconti uscivano erano spesso dai colori molto accesi, con immagini accattivanti, o con ragazze abbastanza svestite ritratte nell’atto di chiedere aiuto all’eroe o di venire da lui salvate. Tutto ciò si può ricondurre allo scopo principale di queste pubblicazioni: intrattenere, far passare qualche ora in divertimento, distrarre un pubblico che aveva bisogno di lasciarsi alle spalle la realtà almeno per qualche ora.
E’ interessante far notare come non mancassero né i personaggi femminili forti e intraprendenti – si annoverano svariate detective o investigatrici – né scrittrici che trovavano nella scrittura di pulp una costante fonte reddito.
Ora che il genere è chiaro, arriviamo al motivo per cui il pulp si chiama così. Tutto sta nel materiale impiegato nella produzione dei pulp magazine: la carta utilizzata per stampare le riviste era di qualità inferiore rispetto a quella utilizzata nei libri, perchè derivata dalla lavorazione della polpa dell’albero – in inglese, pulp. I fogli erano quindi più spessi e tendevano a ingiallire molto velocemente. Tuttavia, un costo di produzione inferiore andava sicuramente a genio al vastissimo pubblico che era interessato ai magazine.
Inoltre, è necessario tenere presente il contesto in cui la pulp fiction è nata: l’America degli anni Venti e Trenta, scossa dalla crisi del ’29, in cui il lavoro era praticamente inesistente e in molti campavano a fatica. Poter comprare per pochi centesimi una rivista che non solo narrava fatti accattivanti e divertenti, o ricchi di suspence e mistero, ma che costava pure poco, diventava un modo per trascorrere il tempo tra un giro alla ricerca di un lavoro e l’altro. L’espediente per passare un paio d’ore in un modo diverso, magari allontanando la mente dalla difficile situazione reale che incupiva le giornate.