La vita è un’avventura con un inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi, e tanti intermezzi scelti a caso dal caso.”
Roberto Gervaso è scomparso a 82 anni a Milano dopo una lunga malattia. Il giornalismo, il mondo culturale hanno perso una grande figura letteraria. Una penna ironica, tagliente, resa ancora più penetrante con i suoi famosissimi aforismi che adeguava ad ogni situazione. La sua immagine parlava per lui; famosi i suoi coloratissimi papillon e i suoi cappelli tutti rigorosamente firmati Borsalino. Si dice che nel suo guardaroba avesse 300 cravatte a farfalla e tutti da annodare personalmente… Diceva
La differenza che passa tra un farfallino finto già annodato e uno vero da annodare è come quella tra le uova di lompo e il caviale beluga.
Sessant’anni di collaborazioni con giornali, quotidiani e TV oltre che autore di numerose libri, biografie di personaggi famosi, appassionato e protagonista tra i primi della grande divulgazione storica in Italia. La più importante collaborazione fu con Indro Montanelli, il suo mentore, che lo chiama al Corriere della sera affidandogli il compito della ricerca dei dati per scrivere i primi sei volumi della Storia d’Italia. Un’opera enorme divisa in 22 volumi che racconta l’evoluzione del nostro Paese dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente in poi che gli consente di vincere, nel ’67, con lo stesso Montanelli, il Premio Bancarella. Dell’opera saranno poi vendute oltre diciotto milioni di copie.
Uomo di cultura, Gervaso si fa conoscere anche come grande comunicatore. Il pubblico televisivo apprezza i suoi interventi irriverenti, il suo stile pungente, diretto, colorato dai suoi aforismi, (se ne contano oltre 25.000 divisi in tre raccolte) che lo consacrano come opinionista acuto e dissacrante.
Per amarsi a lungo bisogna conoscersi poco
Il suo rapporto con la TV commerciale inizia nel 1996 quando decide di condurre Peste e Corna un programma di successo che va in onda dal lunedì al venerdì su Retequattro e che avrà un grande successo. Nel 2000 si deciderà d’intitolare la rubrica Peste e corna… e gocce di storia.
Roberto Gervaso, la vita e la carriera giornalistica
Nato a Roma nel luglio del 1937 Gervaso sceglie di studiare in Italia e negli Stati Uniti, si laurea in lettere moderne, con una tesi sul filosofo Tommaso Campanella. Successivamente collabora con quotidiani e periodici, lavora per la radio e la televisione, nel frattempo si dedica alla scrittura di volumi di divulgazione storica pubblicati da Rizzoli, Bompiani e Mondadori.
L’attività giornalistica inizia nel 1960 al Corriere della Sera, presentato da Montanelli. Tra il 1965 e il 1970 si fa conoscere, come ti ho anticipato, firmando i primi sei volumi della Storia d’Italia edita da Rizzoli con il quale vince il Premio Bancarella. Nel ’73 si aggiudica lo stesso premio pubblicando, con un grande successo, la biografia di Cagliostro.
Tra il 1970 e l’80 il giornalista pubblica sempre con Rizzoli biografie storiche su Nerone, Casanova, i Borgia e Claretta Petacci. Nel’84 scrive La monaca di Monza. Venere in convento. Con Bompiani invece, pubblica nel ’91 La bella Rosina. Amore e ragion di Stato in Casa Savoia un libro che fa conoscere al pubblico Rosa Vercellana, l’amante e in seguito la moglie morganatica del re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoia.
A questi si aggiungono Scandalo a corte un giallo storico, due raccolte di grandi storie d’amore, Appassionate e Amanti, una raccolta d’interviste immaginarie, un volume di confessioni, uno di galateo erotico, uno sui sentimenti e le sue raccolta di aforismi Il grillo parlante, Bompiani del 1983, La volpe e l’uva del 1989, Aforismi, TEN 1994.
Tra i suoi libri più recenti: Italiani pecore anarchiche pubblicato nel 2003, l’anno successivo scrive Qualcosa non va e Ve li racconto io. Nel 2009 Io la penso così.
Gli ultimi : Lo stivale zoppo del 2013 Ho ucciso il cane nero: Come ho sconfitto la depressione e riconquistato la vita e La vita è troppo bella per viverla in due pubblicato nel 2015. Le sue opere sono tradotte in tutto il mondo.
Roberto Gervaso, il suo pensiero
“Nella vita riceviamo tutto ciò che le diamo” scriveva Gervaso e non poteva esprimere meglio il suo personale modo di affrontare la vita e di giudicarla. Uno sguardo attento alla politica, al costume, al sociale, agli aspetti sociologici che prendeva sempre di petto.
Alla domanda cosa pensasse dell’essere giornalista e cosa fosse diventato il giornalismo, senza indugio risponde,
Quello di ieri era una forte inclinazione, forse addirittura una vocazione. Con un suo codice morale, un’etica civile, un rispetto per il lettore ma anche per il fattorino. Ed eleganza: io andavo in redazione in blazer grigio, dando del lei ai superiori e accettando le critiche. Una missione. Una vita da certosino, come mi aveva detto Indro all’inizio. Scrivere e leggere, leggere e scrivere. Mai fatto parte di un sindacato, mai votato, mai lanciato proclami, mai firmato appelli. Solo i miei pezzi.
Oggi è diventato un lavoro che tendenzialmente esclude la cultura. I giornalisti di oggi, a parte quelli culturali, non leggono nulla. Un mestiere che ti fa sentire molto più importante di quello che sei in realtà, che tifa guardare continuamente l’orologio, che ti fa cercare ciecamente quel colossale imbroglio che è lo scoop…
È un giornalismo che è stato soggiogato alle ideologie. Non nel senso che i giornalisti abbiano delle ideologie, ma nel senso che le hanno sdoganate per fare carriera, perdendo il bene più prezioso: l’indipendenza. Da qui, l’omologazione dei giornali e dei giornalisti. Tutti uguali.
Risposte chiare, precise espresse senza troppi fronzoli, così come le sue interviste, con i grandi personaggi, da Simenon, a Coretta King, Nixon Deng Xiaoping, Oriana Fallaci che considerava “Giornalista più passionale che appassionata. Più spericolata che coraggiosa. Più ambiziosa che imparziale. E comunque aveva il difetto di intervistare prima se stessa, poi il suo interlocutore”,
Una passione per il suo lavoro, quella di Roberto Gervaso, retaggio di una educazione culturale da cui non si è mai allontanato e di cui aveva il massimo rispetto
“Il primo rispetto è per il lettore. Mai farlo sentire ignorante. Bisogna raccontargli le cose che non sa, e spiegargliele senza spocchia. Me l’ha insegnato Montanelli. Prima lezione, e anche l’ultima che mi ha dato, e non era neanche sua perché la rubò a un formidabile premio Pulitzer, Webb Miller: Robertino, ricordati: scrivere facile è difficilissimo. Scrivere difficile, quello sì è molto facile. Stai attento”.
Roberto Gervaso lascia la moglie “che in un momento di distrazione si era invaghita di lui” e la figlia Veronica, giornalista a Canale 5 suo il tweet:
Sei stato il più grande, colto e ironico scrittore che abbia mai conosciuto. E io ho avuto la fortuna di essere tua figlia. Sono sicura che che racconterai i tuoi aforismi splendidi anche lassù. Io ti porterò sempre con me!
Probabilmente gli avrebbe risposto con uno dei suoi pensieri…
“Sono arrivato all’ultima fase della vita. Nella prima devi guardare avanti. Nella seconda in alto. Poi, a un certo punto, devi guardarti dentro. Io sono arrivato qui”