Dopo qualche settimana di assenza ritornano i miei racconti drabble: 100 parole, titolo escluso, per un racconto. Ogni appuntamento con il drabble se ricordi, ha un tema, un filo conduttore: quello di oggi è la politica.
Mi rendo conto che raccontare la politica facendone l’argomento di una mini storia potrà sembrare cosa insolita… Ma che vuoi caro lettore, la creatività (o la follia?) non conosce limiti e tutto, nessuna cosa esclusa, può diventare spunto e argomento per un racconto, sia pure racchiuso nelle sole 100 parole di un drabble.
Non è la prima volta che affronto l’argomento. Sono recidiva. Ho già pubblicato un articolo qualche mese fa dove per l’appunto s-parlo di politica. È la prima volta invece che tento di parlarne in drabble. Impresa ardua? Sì, penso di sì. Dal momento che in politica le parole si sprecano anzi, a volte, sono addirittura più importanti dei fatti e 100 sono decisamente troppo poche per qualsiasi discorso. Lo sa bene chi di politica campa e lo anche chi di politica mastica, fosse solo l’abc.
“Non so fino a che punto ti interessi di politica, non so se senti l’appartenenza ad una certa area, destra, sinistra o centro, passando per le posizioni intermedie (ce n’è per tutti i gusti e tutti i palati), oppure credi che in fondo politica e politicanti siano tutti nello stesso calderone, tutti ugualmente attenti in primo luogo al proprio tornaconto.
In ogni caso, pur se non conosco la tua posizione spero non sia quella che qualunquisticamente afferma: “tanto sono tutti uguali”. Se per certi versi può essere vero, per altri non lo è: le generalizzazioni offendono chi davvero dà anima e corpo per gli interessi di tutti. E ti assicuro che c’è ancora gente che lo fa. Per fortuna, aggiungo.”
Scrivevo così nel mio articolo di qualche mese fa e lo ribadisco: la politica è necessaria ma sono necessarie soprattutto persone oneste e capaci di adoperarsi per il bene di tutti.
Dopo questa premessa in odore di pubblico comizio, ti assicuro e ti tranquillizzo: non ho nessuna intenzione di candidarmi alle elezioni. Voglio soltanto proporti i miei racconti in drabble. Con 100 parole per ogni “quadretto” spero di coinvolgere la tua attenzione e di mostrarti qualche aspetto e situazione di varia umanità che ha come sfondo il mondo politico in generale.
Come al solito prendo spunto, variando sul tema, dai versi di brani musicali che fanno da filo conduttore e da input ad ogni racconto.
Politica in drabble
E anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti, anche se voi vi credete assolti siete per sempre coinvolti. (da Canzone del Maggio, Fabrizio De Andrè)
Inquietano. Inquietano e suscitano pena e riso. Saranno consapevoli o hanno imparato talmente bene la parte da crederci davvero? Loro sono le figurine, quelle dei telegiornali.
Non lo sanno. Appaiono in video, proferiscono parole come verbi incarnati ma non sanno di essere figurine telecomandate, con la visibilità ottenuta a colpi di inchini al leader-padrone di turno.
Vanno alle interviste in fila, uguali, stessa espressione e stessi discorsi, ligi ai comandi. Si chiamano onorevoli, deputati, senatori, eccellenze ma sono solo figurine robotizzate e lobotomizzate.
La vera atrocità è che ci governano perché li abbiamo votati. Lobotomizzati anche noi, come loro.
Quante squallide figure che attraversano il Paese, com’è misera la vita negli abusi di potere… (da Bandiera bianca, Franco Battiato)
I bagni di folla lo galvanizzavano. Tra la gente acclamante si sentiva potente e lo era. Bastava qualche frase mirata per toccare le corde più tese e sensibili e gli osanna salivano al cielo: tutta linfa vitale per lui che veniva dal nulla e di niente riempiva quei discorsi.
Previdente e smaliziato, sapeva che il potere miete vittime senza pietà, che basta poco per perderlo ma avrebbe difeso il suo con ogni mezzo.
Abile burattinaio in pieno delirio di onnipotenza, non immaginava che il vento sarebbe cambiato soffiando e spazzando i miti abbarbicati al potere, sui piedistalli della miseria morale.
Quello che non ho sono le mani in pasta, quello che non ho è un indirizzo in tasca… (da Quello che non ho, Fabrizio De André)
Di indirizzi in tasca, di chances per ogni situazione ne aveva a bizzeffe. Coloro che aveva favorito non potevano negargli sostegno. Impossibile: era re del mattone, imperatore delle TV commerciali e presidente del pallone. Il suo business aveva due sole regole, aumentare e corrompere.
Il sorriso a sessantaquattro denti, perennemente stampato in faccia, rimbalzò sui suoi subalterni quando comunicò che occorreva dare una svolta drastica ai suoi affari, una svolta necessaria. Colpa di quel maledetto giudice terrone maniaco della pulizia.
Occorreva restare a galla con ogni mezzo: la politica lo salvò dal naufragio e lui cambiò il volto della nazione.
Saludos compagñeros de mi vida e de mi muerte, forse un pò rincoglioniti dalla coca e dalla suerte… (da Compagñeros di Roberto Vecchioni)
Ciò che adesso rimaneva era l’amarezza montante dalle viscere alla gola. Soffocante. Acre e cocente la disfatta di veder crollare, come un misero castello di carte, quegli ideali impalcatura di tutta una vita.
I compagni… Cosa restava dei compagni? Dov’erano i compagni di tanti discorsi, di tante battaglie politiche e sociali? Cos’era diventata adesso quella sinistra imborghesita e relegata nei salotti garantisti, fra discorsi di liberismo becero più conservatori di tutte le destre messe insieme?
Tutto scorre, cambia e si evolve, è vero. Ma esiste una linea di demarcazione fra evoluzione e rincoglionimento? Fra sinistra e sinistrati?