Ciao iCrewer finalmente sono arrivata alla fine della “trilogia” che JD Hurt ha voluto regalarci. Non ti nascondo che l’entusiasmo iniziale che mi ha coinvolta con il primo e il secondo della serie Honorable Men Series cioè Il conte di Long Island e Lo Zingaro del SoBro non c’è stato.
Ora te lo spiego con la mia recensione del terzo volume:
Dobermann di JD Hurt
Come per i precedenti testi ci troviamo di fronte a storie crude e violente che, come sottolinea l’autrice, per via della trama violenta e delle situazioni sessualmente esplicite, se ne consiglia la lettura a un pubblico adulto e consapevole.
Nonostante adulta e consapevole devo ammettere che spero di non leggere più libri come questi, seppure la capacità narrativa della Hurt sia di tutto rispetto.
Cosa succede quando un uomo, costretto a prendere scelte immorali, trova la propria via di redenzione tra le braccia di una donna che vive sotto la protezione del re di Roma, Claudio la Barbera?
Il suo nome è Dobermann, alias Boris
Una scelta particolare il nome che accomuna l’uomo all’animale che rappresenta questa razza: un cane energico e potente che necessita di molto moto. In caso contrario, è facile che diventi irritabile o perfino aggressivo.
Diciamolo subito e molto chiaramente: il dobermann ha un carattere amabile, socievole, pacifico e affettuoso. Stringe un rapporto di totale fedeltà e devozione con il proprio padrone, per il quale non esiterebbe a sacrificarsi. Inoltre, è incredibilmente paziente e tollerante con i bambini, verso i quali è molto protettivo e da cui, nel gioco, si fa fare praticamente di tutto.
Ed il nostro protagonista lo incarna alla perfezione:
“Mi chiamo Boris Solara, di mestiere faccio il culo alla gente… Ci chiamano cani della mafia. Bambini senza e famiglia che vengono dati ai clan in comodato d’uso. Questa non è la storia di virilità. E’ una trama per bestie. La mia trama”
un cane della mafia a cui hanno inculcato solo di fare del male. Boris non conosce altro, sa solo fare questo avvalendosi per giunta, come arma, di qualcosa che, in realtà, dovrebbe dare piacere e non dolore.
Boris è l’ennesimo ostaggio della mafia e il suo legame inscindibile con essa gli è stato tatuato sullo zigomo, Mob Dog, una scritta indelebile per ricordare agli altri ma soprattutto a se stesso chi è e a chi appartiene. Impossibile recidere quel legame!
Eppure trova la forza, nonostante gli siano state strappate le ali della libertà, del libero arbitrio, per cercare una via di fuga per sfuggire alle grinfie di chi lo vuole morto.
E poi c’è Dafne, maestra, anche lei schiava, prigioniera di una vita che non ha scelto ma che deve vivere perché dalla mafia, dai segreti, dalle bugie e complotti non si scappa. Segreti e mezze verità disseminano il suo passato e il suo presente.
Boris arriva come un fulmine a ciel sereno a sconvolgere e stravolgere il suo mondo di quiete apparente; vorrebbe odiarlo ma c’è qualcosa che la lega a lui in un modo essenziale, unico.
È vero, della mafia e dalla mafia non si riesce a scollarsi Si prova in tutti i modi a lasciarsi alle spalle il passato, a sottrarsi ad una sorte decisa da altri, fuggendo e cambiando vita ma, purtroppo, la mafia è un virus subdolo e quando pensi di averlo sconfitto, ecco che è pronto ad attaccare nuovamente e in maniera più aggressiva.
Le vite umane, in particolare quella di ragazzini/e innocenti, non conta nulla; è solo merce di scambio per estinguere un debito o per creare alleanze all’interno dei clan.
Scritto bene, e le sensazioni trasmesse sono forti e diverse tra loro ma, come ti ho scritto all’inizio, ribadisco che è veramente troppa roba, e sono contenta di essere arrivata alla fine.
Come si conclude? Lascio a te il piacere di scoprirlo mio caro Lettore, io ho già detto troppo; leggilo se hai coraggio e stupiscimi!