Diario di una stalker mancata di Francesca Innocenzi, pubblicata da Edizioni Progetto Cultura, è stata una lettura che mi ha rapita dall’inizio alla fine: primo perché l’autrice è una poetessa e ha saputo cogliere con musicalità e armonia l’essenza dei vari stati d’animo della protagonista. Secondo perché ha scavato nel cuore di Rosa mettendo a nudo sentimenti ed emozioni contrastanti attraverso un diario la cui funzione era quella di cercare una via di fuga dal passato, trovare una sorta di liberazione da quella che probabilmente, anzi certamente, era diventata un’ossessione.
Ma come sempre facciamo un passo indietro e analizziamo bene la storia – no spoiler lo prometto – per capire l’intento della scrittrice e cosa mi ha trasmesso.
Vediamolo insieme con la mia recensione!
Diario di una stalker mancata di Francesca Innocenzi: la mia recensione
Interessante la premessa del Diario di una stalker mancata: l’autrice guida con attenzione il lettore sottolineando il fatto che non si tratta di un’autobiografia ma di una storia, forse vera o forse no, di una donna in cerca di redenzione che trasmette i propri pensieri a lei, narratrice imperfetta. Questa donna, la protagonista in prima persona del romanzo, si chiama Rosa, lavora come insegnante e ha una vita normale fino al momento in cui incontra per la prima volta il suo collega di lavoro e s’innamora a prima vista.
La prima volta che ci siamo incontrati, tre anni fa, nel corridoio della nostra scuola, ho pensato che eri bellissimo, l’uomo più bello che avessi mai visto.
Quel colpo di fulmine da il via ad aspettative, speranze e sogni mai realizzati di una donna che idealizza un rapporto che, dalla parte di lui, li lega solo per fini lavorativi e niente più. Il confine segnato dal suo collega inizia a far emergere un lato rabbioso e disilluso di Rosa che inizia a diventare – anche se per lei non è così – ossessiva nel comunicare con lui e nella ricerca di una risposta d’amore.
Mi hai detto non sei la donna per me, neppure se io fossi single lo saresti; ora si fa come dico io, smettila di chiamare, smettila di inviare messaggi allucinanti, è una persecuzione questa; vedi di non tornare ad insegnare nella mia stessa scuola, o parlerò con il dirigente; è meglio che le nostre strade si dividano.
Mi hai lasciato in gola troppe parole non pronunciate, per fragilità, dolore, paura.
Quando il colpo di fulmine diventa stalking
Fino a che punto ci si può spingere per amore? E qual è il confine tra la cortesia, la gentilezza e l’innesco di una scintilla che può trasformare una conoscenza in qualcos’altro? Quanto può essere pericoloso illudere una persona emotivamente fragile e instabile?
Sono tutti interrogativi che emergono in questo romanzo pieno di pathos in cui la ragazza protagonista cerca quasi un’isola felice in cui trovare rifugio dai patimenti del cuore e avere la serenità che brama.
Sicuramente la scrittura è uno degli elementi di cura dalle ferite e dalla rabbia che prova per quell’amore che come un piccolo seme è rimasto sotto terra e non potrà mai diventare quella bella pianta che lei sperava.
Eppure quel sorriso di lui, da sfoggiare indistintamente, senza predilezioni, da bravo ragazzo insomma, quelle lunghe chiacchierate, le passeggiate, gli interessi comuni e l’amore per l’arte devono aver significato qualcosa. Non per lui. E quelle risposte che non ci sono, quei gesti che non arrivano, quel bacio solo sognato diventa un’ossessione al punto da far allontanare l’uomo e fargli cambiare abitudini di vita. Leggendo pagina dopo pagina emerge un differente modo, da parte di Rosa, di vedere la realtà in modo fantastico, interpretandolo non in modo veritiero.
Rosa fa parte di quella categoria che è bisognosa di affetto: una ricerca continua, estenuante al punto tale da vivere un’illusione, una sorta di miraggio che crea una trappola fine a sé stessa. La protagonista in effetti crea una relazione nella sua mente, la porta avanti attraverso sogni vividi e intensi e qualsiasi gesto del collega è letto in maniera distorta ed errata.
Quella notte stessa ho sognato che ero innamorata di te; non ricordo immagini, né gesti o parole, nient’altro se non quel sentimento vivo e pulito. Una volta sveglia, ho capito che non era stato solo un sogno: mi ero innamorata sul serio. È così che è iniziato.