Immaginiamo come il Sommo Dante abbia potuto accogliere la notizia di una giornata, il Dantedì, a lui dedicata ogni 25 marzo da quest’anno per tutti gli anni a venire. Seguimi e leggi, se vuoi…
Nel mezzo del cammino di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita./
“E così, finalmente ci sono arrivati, hanno creato il Dantedì! Un po’ strano come nome ma del resto, io con le stranezze ho confidenza. Se mi sono inventato un poema imperituro, preso a modello dall’immaginazione popolare come fac-simile dell’aldilà e dai critici di tutto il mondo come traccia indelebile per ogni poetica, che dire, forse qualche merito l’ho avuto!
Mai, però, avrei immaginato quando mortale, abitavo ancora sulla terra che un periodo particolare della mia vita, un periodo di confusione interiore o una fase evolutiva come si chiamerebbe oggi che prelude ad ogni cambiamento più o meno destabilizzante, fosse ricordata, studiata, analizzata, amata, a volte odiata, letta, tramandata e recitata per tutti i secoli a venire.
Io volevo solo scrivere della vita, di come ci si può smarrire e ritrovare, di quanto è importante avere dei punti di riferimento e dei valori eterni e stabili, di come una vita dissoluta possa portare le brutte conseguenze che ho immaginato sbrigliando la fantasia (quella non mi è mai mancata in verità). E poi, diciamolo, mi sono tolto qualche sassolino dalle scarpe, divertendomi a relegare avversari e nemici nel profondo dei vari gironi infernali…
Dante e il Dantedì
Vero, mi sono inventato anche quelli, assieme a diavoli, bestie e mostri di ogni genere: è stato non solo uno spasso ma anche una trovata geniale, considerando che chi mi voleva male o chi ho reputato un flagello per la storia umana, lì è rimasto e rimarrà per sempre. Ho anche scritto di madonne, santi e di bellezza eterna nel mio poema, di cieli e di empirei dove regnano amore e pace. Queste si, sono soddisfazioni imperiture ed immortali a futura memoria. Grande cosa la poesia: sei felice o qualcosa ti va storto, qualcuno ti fa soffrire o gioire? Lo consegni ai versi e resterà per sempre dove lo hai collocato nei secoli dei secoli e se hai fortuna pure tramandato a memoria, da studenti, critici e letterati.
Il Dantedì… un racconto
La mia Comedìa o Commedia, in seguito definita Divina, da un certo Giovanni Boccaccio e consacrata tale nel 1555, non sarà mai e poi mai relegata fra le cose dimenticate o antiche, così come le altre mie opere: milioni di studenti hanno sudato e suderanno sette camicie su quei 33 canti, formati da 115/160 versi, più un proemio iniziale, sulle sue terzine endecasillabe, sulle sue allegorie e metafore…
E prima di poter dire e quindi uscimmo a riveder le stelle, i celebri versi conclusivi del poema, fior di critici e professoroni hanno scritto pagine su pagine di critica; attori e uomini della strada hanno recitato e ne reciteranno ancora i versi in grandi o piccoli teatri, nelle scuole o fra le mura domestiche, senza contare i volumi, i tomi, i libri e libretti scritti sull’argomento.
Molti mi chiamano Sommo e dicono che nessuno è stato o sarà come me, dicono che avrei inventato pure la lingua italiana, dal momento che ho scritto la mia Commedia in volgare, in realtà ho solo inseguito l’onda del cambiamento che era nell’aria: arrivava dal sud; altri mi odiano perché non mi capiscono o mi trovano ormai superato. Dicono, hanno detto e diranno molte cose su di me, una cosa sola è certa: io sono un poeta. Anzi sono il poeta con l’alloro, la pianta dei grandi, dei miti e degli dei.
Ho scritto anche molto altro, è vero ma mi si ricorda essenzialmente per la Divina Commedia… E vuoi che non mi si dedichi un giorno dell’anno per celebrare la mia arte? Ho dovuto pazientare settecento anni per avere una giornata esclusivamente a me dedicata. Troppi, sono troppi. Considerando che si dedicano giornate a qualunque cosa a proposito e a sproposito. Sono quasi offeso e se mi gira la corona d’alloro, quasi quasi riscrivo e modifico qualche girone infernale e scaravento più di qualche emerita personcina fra i dannati: lungo tutto il tempo di sette secoli, hai voglia quanti ne trovo…”
Dantedì da ora e per sempre
Ho immaginato, fra il serio e il faceto che l’Alighieri nazionale (e internazionale) reagisse in questo modo alla notizia divulgata da carta stampata e tv nei giorni passati: una giornata, il 25 Marzo a lui dedicata, il Dantedì. Dici che mi sono presa una libertà più grande del dovuto? Ti rispondo che su Dante è stato scritto e detto di tutto, la sua fama travalica i confini nazionali, la sua opera è talmente studiata e sviscerata che non avrei potuto aggiungere nulla di originale a quanto già si conosce di lui… E quindi, ho usato un pizzico di fantasia, consentimelo.
Ora però, assumo un tono ufficiale e ti riporto la notizia come, con piacere, l’ho letta: Il padre della lingua italiana avrà una giornata dedicata tutta a lui. Il consiglio dei ministri, su proposta del ministro Dario Franceschini, ha approvato la direttiva che istituisce per il 25 marzo la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. “Ogni anno, il 25 marzo, data che gli studiosi riconoscono come inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia, si celebrerà il Dantedì.
Una giornata per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante con moltissime iniziative che vedranno un forte coinvolgimento delle scuole, degli studenti e delle istituzioni culturali. A un anno dalle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante – ha aggiunto Franceschini – sono già tanti i progetti al vaglio del Comitato per le celebrazioni presieduto dal professor Carlo Ossola. Dante – ha concluso Franceschini – ricorda molte cose che ci tengono insieme: Dante è l’unità del Paese, Dante è la lingua italiana, Dante è l’idea stessa di Italia”.
Dantedì: le iniziative
Il professor Carlo Ossola, accademico dei Lincei e presidente del Comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni della morte di Dante, ha detto all’Adnkronos che l’istituzione del Dantedì è una bellissima notizia perché perché “permetterà di ravvivare ogni anno la memoria del poeta, il cui ricordo è vitale per la sopravvivenza della nostra mente”.
Quindi studenti d’Italia, preparatevi a leggere e studiare Dante più di quanto già non fate, dal momento che saranno le scuole ad essere maggiormente coinvolte nell’iniziativa anche se le celebrazioni riguarderanno università, istituzioni di ricerche, accademie e musei ma anche tante comunità locali e associazioni.
Mi chiedo con una piccola nota polemica (consentimi anche questo), Dante è un emblema della cultura italiana ed è noto a chiunque: l’Italia però ha molti altri poeti, altrettanto emblematici e più recenti da prendere in considerazione, non trovi? In ogni caso, se una giornata a lui dedicata può servire a ritrovare l’identità collettiva che valichi i confini di nazione, forse un po’ smarrita, ben venga! Io me lo auguro, sarebbe un piccolo miracolo che la poesia potrebbe vantare.