Ciao mio caro iCrewer oggi partiamo alla volta del Canto III della Divina Commedia di Dante Alighieri, sei pronto? Partiamo…
La Divina Commedia – Inferno – Canto III
Alla fine del Canto II, Dante era in cammino verso l’entrata dell’Inferno insieme a Virgilio, pronto per iniziare il suo viaggio.
Il Canto III dell’Inferno è il canto degli Ignavi, coloro che in vita non presero posizione e quindi, per la legge del contrappasso, costretti a correre dietro a un insegna priva di senso, spinti a muoversi dalle punture di vespe e mosconi. Se consideriamo la figura dominante del canto lo possiamo definire il Canto di Caronte.
Si apre con la terribile iscrizione della porta dell’inferno, che occupa le prime terzine ed è scritta in tono fortemente drammatico.
Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate
Dante prova sgomento di fronte al senso di queste parole, ma Virgilio lo esorta a proseguire. L’iscrizione sulla porta dell’inferno, costruita dalla Divina Trinità prima di ogni cosa mortale, appare nella lingua comprensibile a chi, in quell’istante, la sta leggendo.
Superata la porta, Dante è avvolto dalle tenebre nelle quali risuonano sospiri, pianti e lamenti che lo turbano tanto da non riuscire a trattenere le lacrime. Chiede a Virgilio spiegazioni e quest’ultimo gli risponde che le urla che si alzano dall’inferno sono opera degli Ignavi.
Insieme alle anime degli ignavi ci sono gli angeli che, nella lotta tra Dio e Lucifero, nn ebbero il coraggio di schierarsi. respinti sia dal cielo che dall’inferno sono costretti a restare nell’antinferno per l’eternità.
Tra questi dannati, Dante riconosce una figura, colui che fece per viltà il gran rifiuto, e che secondo la maggior parte degli studiosi sta ad indicare Papa Celeste V.
Dopo gli Ignavi, i due poeti si trovano davanti ad un’altra massa di anime, quella dei peccatori destinati a entrare nell’inferno, in attesa di varcare il fiume Acheronte, nome che vuole indicare l’assenza di gioia e che troviamo anche nell’inferno classico e Virgiliano.
Mentre Dante si avvicina alla riva del fiume scorge una figura minacciosa su una nave, si tratta di Caronte, figlio dell’Erebo e della notte, ha il compito di traghettare le anime da una riva all’altra del fiume. La sua figura è ripresa dalla mitologia classica ma Dante gli attribuisce un carattere collerico e spietato, tanto da percuotere continuamente i dannati che trasporta.
Caronte si accorge della presenza di un vivente, Dante, e lo esorta a tornare indietro, profetizzando al poeta il suo destino attraverso le sue parole: Per un’altra via, per altri porti approderai alla spiaggia dell’aldilà, non venire qui per passare, più lieve legno convien che ti porti; questo esplicita che non è nel destino di Dante finire all’inferno.
È Virgilio a intervenire, spiegando al traghettatore che il viaggio di Dante è voluto da Dio, calmandolo. Mentre Dante assiste alla spaventosa scena delle anime che si precipitano tutte insieme per passare il fiume, il suo maestro gli spiega come, le anime di colore che muoiono nell’ira di Dio, si raccolgono qui per passare il fiume perché spinte dalla Giustizia Divina.
Appena Virgilio finisce di parlare un terribile terremoto scuote la regione Infernale, insieme ad un vento impetuoso e Dante perde i sensi e cade a terra in un profondo sonno.
Sulle acque dell’Acheronte finisce il nostro viaggio, con Dante privo di sensi e un intero inferno ancora da attraversare. Continua a seguirci per non perderti i prossimi canti.
Un abbraccio virtuale e buona lettura