Danielle e Luc Carton sono andati a spasso per Venezia. E l’hanno fotografata. Se stai pensando che non hanno fatto niente di speciale, dal momento che chiunque si trovi ad andare a spasso per Venezia la prima cosa che fa è scattare fotografie come se non ci fosse un domani, concordo con te. Aggiungo però che i due autori-fotografi hanno avuto un’occasione particolare per vederla come raramente appare e si mostra.
Venezia è una città speciale, unica al mondo e non lo sanno soltanto Danielle e Luc Carton. Tutto il mondo lo sa. Lo sappiamo bene noi italiani che, dalle Alpi alla Sicilia, la amiamo; lo sanno i milioni turisti che annualmente la visitano; lo sanno scrittori e poeti che a Venezia hanno dedicato pagine e pagine piene di stupore incantato per le sue bellezze; lo sa chi ci vive; lo sanno Danielle e Luc Carton che l’hanno fotografata.
Le bellezze incommensurabili dell’arte, della laguna, delle gondole, dei ponti, dei canali, delle piazze, delle calli, ne fanno uno dei luoghi-simbolo dell’Italia, riconosciuto dal mondo intero. E penso pure che ce la invidiano in tanti, ma Venezia è italiana: una città unica, in una nazione che fa dell’unicità il suo passaporto per il mondo.
È normale che Danielle e Luc Carton ne siano innamorati e abbiano esternato il loro amore dedicandole un libro di fotografie. Parlare per immagini è come scrivere un libro zeppo di parole, la fotografia assolve il compito non soltanto di mostrare ma anche di esprimere i sentimenti di chi usa l’obiettivo per filtrarli.
Fare una fotografia vuol dire allineare la testa, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere.
Da quando nella prima metà dell’Ottocento (1826) Joseph Nicéphore Niépce sperimentò un processo che definì eliografia, imprimendo su una lamina di peltro la prima embrionale fotografia, l’arte di far parlare le immagini attraverso un obiettivo ha conquistato il mondo intero, arricchendosi e perfezionandosi nel corso degli anni con nuove tecniche via via sempre più sofisticate.
La citazione di Henri Cartier- Bresson, pioniere del giornalismo fotografico soprannominato “l’occhio del secolo”, riportata sopra, rimarca che una fotografia non è una semplice immagine ma va molto oltre, sia per chi materialmente la scatta, scegliendo angolazioni ed inquadrature e cogliendo attimi di particolare luce, che per chi la guarda, trasferendo in essa sensazioni ed emozioni.
Danielle e Luc Carton in una Venezia deserta, in compagnia di una macchina fotografica
Le immagini di Venezia completamente deserta durante il lockdown di Marzo 2020 hanno fatto il giro del mondo
Daniele e Luc Carton autori-fotografi di Venezia deserta libro fotografico pubblicato da Jonglez Edizioni il 3 Novembre 2020, nel mese Marzo di questo sospeso e infausto 2020 (mese tristemente famoso per la chiusura di ogni attività a causa della pandemia dovuta all’altrettanto tristemente famoso Covid-19) muniti di un’arma non letale ma potente, in quanto “parlante”, hanno fotografato ogni angolo, famoso e non famoso, della bella Venezia che si è offerta ai loro occhi in tutto il suo nudo e solitario splendore.
Se per un attimo provo a mettermi nei panni dei due fotografi, posso immaginarne la grande emozione: non è per niente usuale vedere deserta una città da sempre brulicante di vita e turismo, dove colori, lingue, costumi e abitudini si mescolano in quella grande miscellanea fatta di varia umanità che la frequenta, la ammira e finisce sempre per conservarne un ricordo indelebile.
Eppure così è apparsa Venezia agli occhi e agli obiettivi di Danielle e Luc Carton: vuota, immobile, inattiva e deserta. E sinceramente io non riesco ad immaginare che i due fotografi abbiano provato soltanto tristezza, se pur il momento e l’occasione non erano dei più felici. Lo splendore dei palazzi, dei monumenti, delle cattedrali, la particolarità delle piazze, degli angoli e di tutte le bellezze naturali ed artistiche che rendono Venezia inimitabile nel mondo, erano lì solo per loro, a portata di occhio e di obiettivo. Nel silenzio irreale, nella solitudine totale, solo il click delle macchine fotografiche a registrare quel tempo sospeso, di cui tutti conserveremo per sempre memoria.
Venezia deserta e unica
Gli unici attori protagonisti sono l’immensità dello spazio e il silenzio…
La tristezza è pensare che da un punto di vista economico una città come Venezia, vivendo principalmente di turismo, sia stata e probabilmente è ancora, (la pandemia è tutt’altro che un ricordo) in sofferenza per le tante attività costrette a serrare i battenti onde evitare eventuali assembramenti e relativi contagi. Ed è ancor più mesta la memoria per le tante vittime di un virus invisibile che ancora mette sotto scacco la fragile onnipotenza dell’uomo.
Venezia deserta è la testimonianza di una città dall’atmosfera unica, affascinante, proprio per la sua eccezione e che ci auguriamo di non vedere mai più così…
Non so se cercare il positivo in un periodo non proprio facile, come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia, sia la magra consolazione di chi vuol vedere, a prescindere da tutto, il mondo con un paio di occhiali rosa ma penso che spesso distratti da mille incombenze, indaffarati in diecimila impegni, stressati da centomila oneri, immersi come siamo nel tran-tran quotidiano, non sappiamo guardare né vedere la bellezza che ci circonda, sia essa opera umana o divina. Magari proprio questo periodo di rallentamento forzato serve a rivedere le nostre priorità e a dare il giusto peso a ciò che conta davvero.
Forse una pandemia, malgrado lo strazio che porta con sé per le perdite di vite umane e per i danni all’economia, dovrebbe, in primo luogo, insegnarci ad amare e custodire i nostri simili e in seconda istanza, a curare e preservare ciò che abbiamo ricevuto in eredità consegnandolo a chi verrà dopo come un bene prezioso. E un libro di fotografie può diventare una preziosa testimonianza, anche in tempi di pandemia.