Ultimamente, sopratutto sui social, si fa tanto parlare di corsivo. Ciò è dovuto anche ai video ironici di Elisa Esposito, che già lo scorso anno ha iniziato a creare contenuti in cui si esprime in un modo molto particolare, che lei chiama Cörsivœ, ossia uno stile di parlata cantilenato, che aggiunge arzigogoli fonetici che l’italiano standard non prevede.
Li ho definiti video ironici, perchè l’intento primario di Elisa Esposito era quello di ricreare un modo di esprimersi che scimmiottasse la cantilena milanese; non di certo quello di affermare l’esistenza del corsivo parlato. Tuttavia, la confusione creatasi intorno ai suoi video ha fatto sì che la mia curiosità si risvegliasse.
Cosa viene considerato corsivo? E da quando viene usato?
Prima di tutto, chiariamo per bene il soggetto dell’articolo: il corsivo è uno stile di scrittura, non di parlata, e riguarda moltissimi alfabeti, non solo quello latino. In generale, possiamo dire che nasce principalmente per scrivere più velocemente, senza mai sollevare il supporto (penna, ecc.) dal foglio.
In particolare, è pressoché indispensabile per coloro che scrivono con pennello e inchiostro liquido. Questi strumenti, infatti, rendono poco pratico staccare le lettere o tracciarle con grande precisione, come richiesto dallo stampatello. Esiste la versione corsiva dell’alfabeto latino; dell’alfabeto cirillico – da conoscere assolutamente, se si vuole studiare il russo a livelli elevati; i semantogrammi cinesi usati in Giappone hanno un corsivo – usato principalmente in calligrafia e nei rotoli antichi, e non così spesso nella quotidianità; l’alfabeto arabo odierno è derivato dalla scrittura corsiva del precedente. Persino la scrittura geroglifica egizia presenta un’evoluzione del genere.
Tornando a parlare di caratteri latini, i primi esempi di questo tipo di scrittura sono stati rivenuti sulle mura di Pompei, in forma di graffiti. Si tratta, però, di parole incomprensibili per chi conosce solamente la versione moderna di questo metodo di scrittura, tanto più che sono state notate variazioni di città in città.
Il corsivo che conosciamo oggi è un prodotto dell’Umanesimo, del 1500. Era uno stile di scrittura caratterizzato dalla leggibilità, dall’eleganza e dalla velocità di utilizzo. Fino al XX secolo era usato nei documenti ufficiali e nella letteratura, mentre oggi è uno strumento utilizzato principalmente negli scritti personali (e per fortuna, mi permetto di aggiungere, visto che quando scrivo in corsivo velocemente, io stessa poi finisco per non riuscire più a decifrare le parole).
Il carattere corsivo nella stampa
L’inventore del carattere corsivo utilizzato nella stampa fu Francesco Griffo, un incisore di caratteri e tipografo bolognese. Egli riusci a creare uno stile tipografico che imitava la scrittura corsiva, all’epoca utilizzata dalla cancelleria papale e dai letterati – siamo sempre nel periodo umanistico. Le lettere che inventò sono probabilmente alla base dello stile che compare con la dicitura di corsivo anche nei computer: più aggraziate e inclinate verso destra.
Nel 1501, l’editore veneziano Aldo Manuzio ottenne il diritto di esclusiva sullo stile tipografico ideato da Griffo (oggi diremmo che ne acquisì il brevetto, anche se il bolognese ricavò gran pochi vantaggi dalla faccenda), in modo che gli unici libri in cui era presente il corsivo, fossero quelli pubblicati da lui. Manuzio, ritenuto uno dei più grandi editori di tutti i tempi, fu artefice di molte innovazioni, oltre all’uso del corsivo: introdusse l’utilizzo sistematico dei segni di punteggiatura, rimasto grossomodo invariato fino a oggi; e adottò il formato di pagina in ottavi – più o meno lo stesso che sopravvive tuttora – prima caratteristico dei libretti di alcune operette a carattere religioso.
È grazie al lavoro di questi due uomini, che il corsivo si chiama italic in inglese e italique in francese.
Come si usa il corsivo?
Visto che siamo in argomento, facciamo anche un breve ripasso sul metodo di utilizzo di questo stile di scrittura. Un po’ come accade per tutto, compresi grassetto, MAIUSCOLO, sottolineature e via dicendo, il corsivo va utilizzato solamente in casi specifici, in quanto trasmette una sensazione specifica: di solito una definizione, una specificazione.
Si scrive – o si formatta – in corsivo la parola che si vuole enfatizzare (“È leviosa, non leviosà!”); i titoli di libri, film, riviste, opere teatrali e via discorrendo (“Dante scrisse la Divina Commedia.”); i nomi di testate giornalistiche e di quotidiani (Oggi, il Corriere della Sera); le parole straniere, comprese quelle in latino (“Questa è una new entry“); le definizioni, soprattutto di termini tecnici (“Un numero pari è un multiplo di due”); per riportare citazioni, trame o qualsiasi cosa detta da altri.
Nei romanzi, inoltre, il corsivo può essere utilizzato per contraddistinguere i pensieri dei personaggi rispetto al resto della narrazione.