Ho aperto questo libro con mille aspettative: risate, gag buffe, una performer pasticciona (performer, non ballerina. Non è necessario essere una bella ballerina filiforme per praticare con successo il burlesque. La carne è apprezzatissima!), scene sensuali ma ironiche. Ebbene, caro iCrewer, non fare come me! Questo è un romance, non un chick lit, è una storia d’amore che non ha niente a che fare con il concetto di burlesque. Abbiamo una splendida ballerina che inciampa spesso e un cuoco burbero e bellissimo. E la loro storia, tra l’altro ben architettata, che dopo mille scontri giunge all’happy ending che noi tutti amiamo così tanto.
Cucina e burlesque di Gioia de Bonis
L’autrice tralascia tutta, ma proprio tutta la parte delle risate, che, date retta a me, sono l’essenza, la ragion d’essere del burlesque. L’arte del burlesque nasce come performance di avanspettacolo, una parodia dei gran signori, con scene ilari e grottesche. Non ha nulla a che vedere con la versione patinata del film di Cheer (per quanto sia un film delizioso davvero!). Cucina e burlesque ha enormi potenzialità poco sviluppate.
La terza persona della narrazione non impedisce di entrare ben a contatto coi personaggi, il cui punto di vista è alternato nei capitoli, però questi personaggi hanno scatti di comportamento fulminei: la povera Mirta vessata da una vecchia fruttivendola diventa nell’arco di una mattinata una tigre aggressiva con il nuovo datore di lavoro e lui, uomo tradito, programma la sua futura vita in mezza serata, dopo aver scoperto il tradimento. Insomma… i cambiamenti graduali non sono nelle corde di questo libro.
Ancora: Firenze, cara mia città, in Cucina e burlesque rimane del tutto assente, è utilizzata qui solo per nome, solo come città cartolina in cui sistemare questa storia, che sarebbe potuta essere ambientata anche a Capri o a Venezia o a Canicattì e nulla sarebbe cambiato. Non mi lamento che l’autrice abbia inventato luoghi inesistenti (il mercato della frutta è a Novoli, non è coperto e non è neanche rionale. Tralascio sul fatto che il ristoratore compri carne di maiale e non di manzo… a Firenze… OH GOD!!!), mi lamento del fatto che la storia non sia arricchita da descrizioni, atmosfere, immagini evocative. È povera, monca di una collocazione: non avere un’ambientazione in sintonia con la storia, rende questa ultima piatta, evanescente, debole.
Un finale frettoloso, quello di Cucina e burlesque, un bel segreto trattato per tutto il libro con maestria e svelato verso la fine in modo superficiale.
Un po’ di delusione da parte mia, mi aspettavo davvero tanto di più. La parte positiva è che il libro è scritto senza errori (parlo di errori grammaticali, i refusi purtroppo scappano), in un buon italiano, senza spingere troppo l’acceleratore sulle scene di sesso. Dialoghi stentati, poco naturali: la ricercatezza nel linguaggio non è sempre la scelta più opportuna.
Se consiglio questo libro? Perchè no? Nonostante qualche caduta è molto più piacevole di tanti altri dalle trame già viste e straviste. La storia è carina, ben congegnata, con un buon racconto e può fare buona compagnia a patto che ci si accontenti e non si abbiano aspettative che ne pregiudichino il gusto della lettura.