Negli ultimi giorni il web è stato invaso da foto inquietanti di conigli Frankenstein, roditori avvistati in Colorado e in altre zone degli Stati Uniti che presentano escrescenze scure e ramificate sulla testa e sul collo, quasi fossero corna o tentacoli. Non si tratta, però, di creature uscite da un romanzo gotico o da un film horror, bensì di animali colpiti dal papillomavirus di Shope, un’infezione che provoca lesioni verrucose in grado di trasformarsi in escrescenze corniformi.
Le immagini hanno generato un immaginario potente: c’è chi li ha ribattezzati “conigli zombie”, chi “conigli demoniaci”, ma il soprannome che più ha fatto breccia nell’immaginazione collettiva è proprio “conigli Frankenstein”, richiamando il classico della letteratura di Mary Shelley.

Il virus che crea i conigli Frankenstein
Il papillomavirus di Shope prende il nome dal Dr. Richard E. Shope, che negli anni ’30 documentò la malattia nei conigli dal manto bianco. Sebbene le deformazioni possano sembrare spaventose, non sono pericolose per l’uomo né per altri animali domestici. Nella maggior parte dei casi, il sistema immunitario dei conigli è in grado di contrastare l’infezione, facendo regredire spontaneamente le escrescenze.
Questa patologia, oltre a colpire l’immaginazione popolare, ha avuto un ruolo importante nella ricerca scientifica, perché ha contribuito a dimostrare la connessione tra virus e tumori, aprendo la strada agli studi sui papillomavirus umani.
Dalla realtà al mito: il jackalope
La leggenda del jackalope – una creatura mitologica metà lepre e metà antilope – trova le sue radici proprio negli avvistamenti di conigli con strane escrescenze. La tradizione americana racconta di lepri dotate di corna simili a quelle di un cervo, diventate protagoniste di racconti popolari, barzellette e persino souvenir turistici.
Il jackalope è entrato a pieno titolo nell’immaginario folklorico, comparendo in libri, fumetti e cartoni animati, spesso raffigurato come una creatura sfuggente e leggendaria delle praterie americane. Un esempio perfetto di come la natura, osservata con occhi pieni di stupore o paura, possa trasformarsi in mito e letteratura.
Conigli Frankenstein e immaginario gotico
Il soprannome “conigli Frankenstein” non è casuale: l’accostamento alla creatura di Mary Shelley nasce dalla sensazione perturbante che suscitano questi animali deformati, a metà tra il familiare e l’innaturale. Nel mondo della letteratura gotica e horror, il tema della mutazione e della contaminazione tra naturale e mostruoso è ricorrente, e i conigli con tentacoli o corna non potevano che diventare simbolo di questa tensione.
Come spesso accade, la scienza e la malattia diventano fonti di narrazione. La stessa vicenda dei conigli Frankenstein dimostra quanto i confini tra realtà, folklore e letteratura siano sottili: basta un virus a trasformare un animale comune in creatura da leggenda.
Perché i conigli Frankenstein ci affascinano?
L’interesse mediatico per questi avvistamenti non è soltanto legato all’aspetto scientifico. Gli esseri umani hanno da sempre un’attrazione per ciò che appare mostruoso, ibrido, “sbagliato”: dalle chimere dell’antichità ai mostri gotici dell’Ottocento, fino ai moderni film di fantascienza.
I conigli Frankenstein e i cosiddetti conigli con tentacoli si inseriscono in questa lunga tradizione di creature ai confini tra realtà e immaginazione, diventando materia perfetta per scrittori, artisti e narratori contemporanei.
In questo senso, i conigli Frankenstein non sono soltanto un fenomeno naturale e scientifico, ma anche un motivo letterario e culturale, capace di connettere passato e presente, biologia e folklore, scienza e narrazione gotica.