Come un soffio di Scirocco, Cristiana Meneghin
Caro iCrewer ecco la seconda parte di Come un soffio di Scirocco. Si tratta di uno dei miei primi racconti. È stato scritto nel 2017 per l’antologia gratuita Io me lo leggo.
Cristiana Meneghin: Come un soffio di Scirocco, prima parte
Dopo aver conosciuto i protagonisti: Samantha e Alvaro e averli lasciati alla richiesta di matrimonio di Alvaro, scopriamo che Giada. Figlia di sei anni di Samantha è stata rapita. La giovane, preso coscienza della situazione, sviene e da qui inizia la seconda parte della nostra storia.
Cristiana Meneghin: Come un soffio di Scirocco, seconda parte
Quando Samantha riprese coscienza era in una stanza d’ospedale. La goccia cadeva lenta nel tubicino della flebo e non si stupì di sentire il bruciore del ferro che l’ago cannula iniettava nel suo sangue. Dopo il parto era diventata anemica e la sua emoglobina non si era più rialzata.
Si stupì invece di trovare la faccia adirata di Massimo.
– Che diamine ci faceva in quella stanza?!
– Perché ora?!
– Era venuto a farle notare quanto fosse una cattiva madre?
E lei sapeva di essere una pessima madre. – Aveva perso sua figlia!
«Non iniziare a piangere Samantha!» le gridò dietro iracondo.
«Che diamine vuoi Massimo?» rispose lei con un filo di voce, ma pronta a dargli guerra.
Un sorriso malefico dipinse il volto dell’uomo, «è anche mia la figlia che tu hai perso!». Samantha emise un verso ironico e lo sguardo dell’uomo la incenerì: «Io la ritroverò e quando accadrà non te la farò rivedere più. Dov’eri mentre giocava?!». Gli occhi dell’uomo le ricordavano lo sguardo di Caronte. Comprese in quel medesimo istante che il suo ex-marito era tornato per traghettarla all’Inferno. Il rimorso la ammutolì, era stato sempre bravo a farla sentire in colpa.
«Eri a spassartela con il tuo nuovo amichetto?» proseguì.
Ma Samantha non era più la bambina che Massimo ricordava ed era pronta a riversagli addosso tutta la sofferenza che in quegli anni le aveva fatto da compagna: «E tu dove sei stato per sei anni?! E dov’è l’arcobaleno di vita e gioia.» ringhiò tra i denti.
«Non sono fatti tuoi!» imprecò lui, ma con astuzia si calmò. Aveva un progetto in mente e non poteva concedersi di perdere le staffe: «Io e Anna ci siamo lasciati e tu sei ancora mia moglie non scordarlo». I brividi percorsero il corpo della ragazza, mentre osservava l’indice che Massimo le stava puntando contro. «Te lo richiedo Massimo: che diamine vuoi?»
«È ovvio, rivoglio la mia famiglia». Samantha non credette alle sue parole, mentre gli occhi iniziarono a lacrimarle. Quanto avrebbe finito di farle male quell’uomo. «Smettila di piangere o potrei anche cambiare idea. Ora manderò dentro il tuo uomo che arriva dal mare e tu lo lascerai e poi uscirai di qui con me. Assieme troveremo nostra figlia. Ho già messo in moto tutti i miei mezzi. Sai che la troverò.»
Bastarono quelle ultime due parole per far rinascere la speranza nel cuore della ragazza. Avrebbe venduto anche la sua anima al diavolo per riavere Giada. Avrebbe rinunciato a tutto per la bambina e lo sapeva: Massimo era l’unico che poteva ritrovarla. «Giuramelo! Giurami che la troverai.»
Annuì lui baciando sulla fronte sua moglie. Una smorfia di disgusto le deturpò il viso. Samantha doveva essere forte. Un’altra volta ancora.
«Io ottengo sempre quello che voglio Samantha». E detto questo Massimo le sfilò l’anello dall’anulare. Aprì la porta della stanza e lo restituì al suo proprietario che con l’animo in subbuglio si gettò a stringere il corpo della ragazza tra le sue forti braccia, ignaro delle decisioni che lei in cuor suo aveva già preso.
«Alvaro come devo dirtelo! Non è il momento in cui io posso riuscire a pensare a noi. Massimo è qui, è tornato, risolverà lui i miei problemi». La loro discussione stava già durando da troppo tempo.
– E tutto il tempo che noi sprechiamo a litigare è tempo che togliamo a Giada. – Non poté non notare Samantha, mentre stava mandando in frantumi la sua vita.
«E così vuoi buttarmi via come uno straccio usato?» domandò lui. Gli occhi di lei indugiarono un po’ troppo su quelle labbra carnose che imploravano di essere baciate. Quanto era bello Alvaro. Anche ora che gridava nella disperazione gesticolando come un matto: «Io ho asciugato le tue lacrime. Le vostre lacrime. Dov’era quando voi avevate bisogno di lui!»
«Smettila! Non capisci io ora ho bisogno di lui.»
«No! Hai ragione io non capisco. Tu mi ami!»
– Sì! Certo che ti amo! – Gridò il cuore di Samantha. «Solo lui potrà ritrovare Giada. Sai quanto è potente ed è qui, è tornato per aiutarci.» rispose la ragione.
«Sì certo! Sempre che non sia stato proprio lui a rapirla e quanti giorni ci metterà per ridarsi alla fuga.»
Fu il nervoso a far reagire Samantha che con un prepotente schiaffo colpì il dolce viso di Alvaro. Silenzio e delusione fecero eco al rumore della pelle che cozzava contro altra pelle.
«Così è questo che mi merito? Samantha io ti amo e amo tua figlia come se fosse mia. Dimmi che lo ami e io sparirò per sempre.»
– Infliggergli questa sofferenza è l’unico modo per farlo andare via. – Capì lei distrutta.
«Io lo amo Alvaro. Lo sai. L’ho sempre amato ed è lui il padre di Giada non tu». Vide la delusione nello sguardo del giovane e capì di aver perso una parte di se stessa. La migliore parte, quella che la faceva sentire viva.
Alvaro non capì quale di quelle parole lo ferì più in profondità. Con il poco di dignità che gli restava raccolse i cocci del suo cuore e con le lacrime negli occhi uscì dalla stanza.
Le lussuose stanze dell’Hotel Regina Palace sembravano una terribile prigione d’oro. Samantha doveva uscire di lì o sarebbe impazzita. Massimo aveva mantenuto la sua promessa. Stava usando tutti i suoi mezzi per ritrovare Giada. Mancava solo che mobilitasse l’esercito per ritrovare sua figlia, ma a lei qualcosa non tornava.
Non c’era notte in cui non gli tornassero in mente le parole di Alvaro.
– E se fosse stato realmente Massimo a rapirla?
– Ma a che scopo rapire la propria figlia e spendere un capitale per fingere di trovarla?
Non trovava una risposta ai suoi dubbi. Con la speranza che Massimo si decidesse a ridargliela e chiudere così questo teatrino si era rassegnata e cedeva a ogni sua richiesta. Però ora era esausta. Aveva bisogno di aria. In più da dieci giorni nove ore e quaranta minuti non riabbracciava sua figlia e anche se la serenità di Massimo la tranquillizzava in cuor suo Samantha iniziava a temere il peggio.
Guardinga come un gatto si affacciò alla soglia della porta. La guardia del corpo era ancora lì. Il mastino che lui le aveva messo alle calcagna per impedirle di commettere una sciocchezza la guardò. Non appena iniziò a camminare lungo il bianco corridoio si mise a inseguila comunicando a Massimo il suo spostamento.
– Doveva liberarsi di lui, ma come?
Come per incanto l’ascensore davanti a lei si aprì. Una coppia sorridente uscì tenendosi per mano. Con la coda dell’occhio guardò dietro di sé. La guardia del corpo era abbastanza lontano, poteva farcela. Si infilò dentro la cabina e schiacciò lo zero. La porta si chiuse appena in tempo. Il pugno dell’uomo cozzò contro le porte ormai chiuse.
Era nuovamente libera.
Prese un sospiro di sollievo preparandosi a scattare quando le porte si riaprirono. fuori dall’Hotel si gettò in una folle corsa e si fermò solo una volta raggiunto il parco. Per un po’ si nascose tra gli alberi e prima di proseguire nella sua fuga acquistò un vestito in una piccola bottega per cambiarsi d’abito. Sul calar della sera chiamò un taxi e solo una volta seduta al sicuro sul sedile della macchina capì che in realtà non sapesse dove andare.
Le sfere dei lampioni del parco si accesero e il suo cuore fu invaso da una sorta di inquietudine, mentre il primo fulmine squarciò il cielo. Una goccia, poi due, divennero presto un potente scroscio e tutto divenne cupo. Il bip del telefono la fece sobbalzare, era un numero sconosciuto. Il messaggio diceva: Se vuoi rivedere tua figlia viva vieni ad Arona nel parco di Piazzale Aldo Moro. Vieni da sola.
– Un luogo perfetto per un omicidio. – Pensò, ma non poteva tirarsi indietro sarebbe morta per sua figlia. «Mi porti ad Arona, piazzale Aldo Moro, si sbrighi signore.»
Eccoci qui!
Siamo giunti alla fine di una nuova puntata di Come un Soffio di Scirocco, quella che segue sarà l’ultima. Ti ringrazio caro iCrewer per essere giunto sino a qui e alla prossima avventura.
Con affetto