Buongiorno caro iCrewer e bentrovato in questa nostra rubrica dedicata ai classici della letteratura. Oggi, come anticipato nell’articolo della letture fatte in spiaggia, ti parlerò di Una storia semplice, un breve romanzo scritto da Leonardo Sciascia e pubblicato con Adelphi per la prima volta nel 1989.
Si tratta di un romanzo davvero molto breve, addirittura meno di settanta pagine, che però manifesta lo straordinario talento letterario di uno dei più importanti scrittori del Novecento italiano.
Il mio primo pensiero, infatti, una volta finita la lettura – fatta davvero un pomeriggio sotto l’ombrellone – è stato quello di pensare a quanta bravura serve per condensare un racconto così avvincente e così ben scritto in un pugno di pagine.
Una storia semplice: un classico di Leonardo Sciascia
Una storia semplice è un giallo. Un bel poliziesco ambientato in Sicilia, terra che ha dato i natali all’autore, che senza dirlo esplicitamente ne denuncia la criminalità legata al mondo della droga e della mafia. Lo fa senza puntare il dito e con una scrittura garbata e piacevole da leggere.
La trama è un intreccio complesso di situazioni da risolvere. Quello che salta all’occhio è il fatto che questa complessità fa a pugni con il titolo che definisce i fatti come l’insieme di una storia semplice: per certi lo versi infatti lo è.
Si parte con un uomo che telefona alla stazione di polizia, il quale dopo aver fornito i dati personali, dice di aver trovato qualcosa nella sua abitazione di villeggiatura. Non fornisce altri elementi, se non l’invito alle forze dell’ordine di raggiungerlo per approfondire la questione di persona.
All’arrivo del brigadiere, però, l’uomo viene trovato morto, seduto alla scrivania. Un colpo di pistola che fa pensare al suicidio, se non fosse per un biglietto scritto a mano che dice: ho trovato.
Leonardo Sciascia costruisce pagine meravigliose intorno all’analisi di quel punto posto alla fine della frase essenziale. Questo mi ha molto colpito, a volte davvero si possono scrivere brani meravigliosi partendo da un elemento minimo e semplice.
Inizia così una escalation di fatti, sospetti e intrecci che trascinano il lettore in un vortice senza sosta. Non c’è respiro – del resto sono solo sessantasei pagine – e garantisco, diventa difficilissimo provare ad immaginare chi sia il colpevole.
Ho cercato qualche curiosità on line su questo testo e per prima cosa ho scoperto che è ispirato a un fatto realmente accaduto: il furto della Natività con i santi Lorenzo e Francesco D’Assisi di Caravaggio, avvenuto nel 1969 e non ancora risolto. Questo dipinto è tra le dieci opere rubate più preziose e importanti del mondo che ancora non sono state ritrovate.
Inoltre, e di questo mi compiaccio, Una storia semplice ha ispirato due film. Il primo, omonimo e uscito nel 1991, ha tratto dal romanzo la sceneggiatura e vede tra i protagonisti Gian Maria Volontè, Ennio Fantastichini, Ricky Tognazzi e Massimo Ghini.
Il secondo, invece, che parla del dipinto del Caravaggio, è del 2018 ed è ispirato liberamente al romanzo di Sciascia: Una storia senza nome, con Micaela Ramazzotti, Laura Morante e Alessandro Gassman.
Prima di lasciarti, consigliandoti questa lettura breve ma incredibilmente avvincente, ti lascio con la sinossi che si legge sulla quarta di copertina:
“Una storia semplice” è una storia complicatissima, un giallo siciliano, con sfondo di mafia e droga. Eppure mai – ed è un vero tour de force – l’autore si trova costretto a nominare sia l’una sia l’altra parola. Tutto comincia con una telefonata alla polizia, con un messaggio troncato, con un apparente suicidio.
E subito, come se assistessimo alla crescita accelerata di un fiore, la storia si espande, si dilata, si aggroviglia, senza lasciarci neppure l’opportunità di riflettere.
Davanti alla proliferazione dei fatti, non solo noi lettori ma anche l’unico personaggio che nel romanzo ricerca la verità, un brigadiere, siamo chiamati a far agire nel tempo minimo i nostri riflessi – un tempo che può ridursi, come in una memorabile scena del romanzo, a una frazione di secondo.
È forse questo l’estremo azzardo concesso a chi vuole “ancora una volta scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”.