Ci rapisce il tempo, è una raccolta di poesie di Antonia Calabrese pubblicata nel Gennaio 2020. Ho già avuto modo di leggere e recensire l’autrice con Tra veglia e sonno, raccolta pubblicata in seconda edizione nel Luglio 2020, di conseguenza Ci rapisce il tempo è precedente dal momento che la pubblicazione risale a Gennaio 2020.
Perché questa precisazione? Se te lo stai chiedendo caro lettore ti rispondo che è necessaria e ti spiego subito il motivo. Le due raccolte si somigliano moltissimo. E non soltanto per lo stile di scrittura. Sarebbe normale: chi scrive deve avere uno stile unico e inconfondibile che può piacere o non piacere, può entusiasmare o lasciare perplessi ma, in ogni caso, risulta come il marchio di fabbrica di un autore.
Antonia Calabrese ha un suo marchio di fabbrica. A prescindere da ciò che può suscitare nel lettore, la sua poesia si riconosce: l’uso spesso forzato di rime, le esclamazioni, le invocazioni, la scelta dei vocaboli nell’intento di trovare la rima a discapito del contesto poetico del brano, rendono lo stile dell’autrice riconoscibile ma devo aggiungere anche spesso forzato e artefatto. Un filo visibilissimo, alternato fra stile e linguaggio usato, lega quindi le due raccolte.
I parallelismi di conseguenza diventano inevitabili fra Ci rapisce il tempo e Tra veglia e sonno, ovviamente non soltanto per lo stile e il linguaggio: anzi, proprio la continuità stilistica potrebbe essere un punto a favore. La soluzione di continuità è presente anche in gran parte delle tematiche, tanto che quando ho cominciato a leggere Ci rapisce il tempo, ho avuto la netta sensazione di vivere un deja vu.
Ad un certo punto mi è pure venuto il dubbio di aver già letto il libro. Essenzialmente le due raccolte si somigliano molto: a mio avviso, Antonia Calabrese, dopo una bella e necessaria scrematura soprattutto delle frequenti ripetizioni, potrebbe benissimo accorpare Ci rapisce il tempo e Tra veglia e sonno, facendone un unico volume.
Ci rapisce il tempo: tra memoria, rimpianto e sentimento i temi poetici di Antonia Calabrese
[…] Sfuggono gli anni come pensieri veloci,/ alites sospinti da un vento ballerino,/ ritmati da un rapidissimo destino/ ai giorni delle stagioni precoci./ (da Buoni auspici)
Ci rapisce il tempo, Amore,/ tu che ispiri lieti i giovanili canti!/ L’età ci ghermisce e ci porta via/ come rondini infreddolite nel cielo./ I ricordi che abitano la mente/ passano davanti agli occhi con leggiadra maestria/ per turbarci l’animo/ e far scorrere in esso malinconia…[…] (da Ci rapisce il tempo)
Il tempo, questa entità che insegue la vita e la avvolge nelle sue spire è il filo conduttore di tutta la raccolta ma non è vissuto soltanto come accezione negativa: il tempo permette all’autrice di capire, di sperimentarne e valicare i confini, di leggere la vita stessa.
Antonia Calabrese racconta se stessa ed invita a leggere il mondo attraverso i suoi occhi.
Quasi tutti i brani presenti nella raccolta sono a carattere autobiografico e se è vero che vengono trattate varie tematiche, dal tempo, all’amore, dall’osservazione della natura, alla fede, è altrettanto vero che l’autrice raramente si stacca dalla sua visuale soggettiva. Scrivendo quasi sempre in prima persona, dà al lettore la sensazione di avere davanti un diario, un itinerario di esperienze che si dipanano nel tempo.
Questa caratteristica è, a mio avviso, la particolarità ed insieme il limite della raccolta. Se da un lato Antonia Calabrese è brava a descrivere le sue emozioni, a trovare metafore, analogie e simbolismi tra esse e l’universo che la circonda, dall’altro mi ha dato l’impressione di essere troppo concentrata sul suo vissuto, togliendo ai versi il respiro ampio che potenzialmente potrebbero avere.
Quanto hai letto sopra, caro lettore, è riportato pari pari dalla recensione da me stilata di Tra veglia e sonno. Ora non ti sembri strano ma le stesse parole sono adattabili per filo e per segno a Ci rapisce il tempo. Per questo motivo, ritengo sarebbe opportuno fondere le due raccolte in un’unica silloge poetica: ne potrebbe uscire un volume più corposo, meno ripetitivo e giocato sul filo conduttore del tempo.
Non aggiungo altro a questa recensione, sarebbe un ripetere cose già dette in precedenza. Termino con uno dei brani contenuti nella raccolta, Nessuno sceglie: scremato da inutili quanto forzate rime e spiegazioni che lo fanno assomigliare ad una riflessione, potrebbe raggiungere buoni livelli di poesia.
Se in poesia le tematiche di base hanno grande importanza, altrettanto importante è la maniera di esprimerle: è essenzialmente questo che distingue la poesia dalla prosa e non la ricerca di improbabili quanto forzate rime.
Nessuno sceglie/ di nascere schiavo./ E tu mi parli/ del mandorlo che fiorisce/ e dell’ inverno/ che al nuovo sole svanisce./ Mentre nel mondo/ che la guerra ferisce/ di povertà e di fame/ tanta gente perisce,/ osservo tutto e nulla/ alla mia mente chiarisce/ perché in questo invecchiato/ tempo che finisce/ non ho rintracciato/ quello che a ragione speravo/ e nello stesso tempo bramavo/ e contemporaneamente ci credevo/ nello stesso momento che lo aspettavo./
Antonia Calabrese
È nata nel salernitano nel 1958, cresciuta ad Arezzo, artista, scrittrice, poetessa e blogger, ha compiuto studi artistici conseguendo il Diploma Accademico presso l’Accademia di Belle Arti di Roma.
Appassionata di letteratura cristiana e sacra, di mitologia ed archeologia, ha pubblicato alcuni libri e collaborato al quadrimestrale torinese Il Granel di senape. Dal 2009 si occupa in prevalenza di pittura ed ha al suo attivo varie mostre personali e collettive.