Quest’oggi voglio parlarvi di un giornale molto particolare: il Cherokee Phoenix, il primo giornale bilingue ad essere stato pubblicato dai nativi americani sia in inglese che nella lingua Cherokee!
Sebbene la sua vita sia stata piuttosto breve (è stato pubblicato per soli 6 anni) ha giocato un ruolo assai importante nella storia dei Cherokee e di molte altre tribù di nativi americani in uno dei momenti forse più difficili della loro storia.
Senza ulteriori indugi scopriamo insieme la sua storia!
Il Cherokee Phoenix: la storia
Tutti conosciamo la tragica storia dei nativi americani, anche se molto spesso soltanto attraverso le “finzioni” dei film western.
I popoli originari delle Americhe sin dal XV secolo hanno dovuto affrontare l’arrivo dei colonizzatori europei che non hanno perso tempo a conquistare i loro territori tra una strage e l’altra.
Così all’inizio dell’Ottocento la maggior parte dei nativi (o pellerossa per usare un’espressione di uso comune) superstiti o viveva in piccole riserve oppure si era “civilizzato”, un termine assai sgradevole che sottolinea come alcune tribù avessero adottato usi e costumi occidentali per sopravvivere. Tra queste c’era quella dei Cherokee che aveva creato un proprio Stato in un territorio che corrisponde grossomodo all’odierna Georgia.
Nonostante la loro civilizzazione non avevano certo rinunciato alla loro identità culturale, anzi! Verso la fine del Settecento Sequoyah, uno studioso Cherokee, aveva inventato un proprio alfabeto con il quale aveva permesso a molti membri della sua tribù di imparare a leggere e scrivere.
Ma i rapporti tra “bianchi” e “pellerossa” non erano affatto semplici. Per questo il governo Cherokee decise di finanziare la realizzazione di un giornale “nazionale” sfruttando la scrittura inventata da Sequoyah e affiancando ad esso l’inglese in modo tale che potesse avere una risonanza maggiore. A capo di questo giornale bilingue fu posto Elias Boudinot, un insegnante Cherokee, affiancato da Samuel Worcester, un missionario americano.
Il nome del giornale e il riferimento alla mitologica creatura che rinasce dalle proprie ceneri non sono casuali. Buodinot intendeva infatti mantenere unita e informata la popolazione Cherokee e supportarla soprattutto nei contenziosi con i bianchi.
Il primo numero fu pubblicato a New Echota, la capitale della Nazione Cherokee, il 21 febbraio 1828 ed ebbe subito grandissimo successo e non solo tra la tribù dei Cherokee ma anche tra le altre tribù di indigeni tanto che l’anno successivo Boudinot cambiò il nome del giornale in Cherokee Poenix and Indians’ Advocate.
Tuttavia, la situazione era destinata a degenerare. Lo stato della Georgia, impegnata come molti altri nella corsa all’oro, avanzava pretese sempre più forti sui territori Cherokee. A partire dal 1830 a seguito dell’Indian Removal Act molti nativi americani furono strappati alle loro case e deportati ad ovest del Mississippi. Il Cherokee Phoenix cercò di sostenere le tribù indigene in questo momento cruciale ma a causa delle forti pressioni Boudinot fu costretto a dimettersi e da allora il giornale perse sempre più importanza.
L’ultimo numero è del 31 maggio 1834 poco prima che le truppe della Georgia occupassero la capitale Cherokee di New Echota e sequestrassero la tipografia dove il giornale era stampato.
Dopo la sua chiusura il giornale continuò ad essere pubblicato saltuariamente sotto un altro nome. A partire dagli anni 2000, però, il giornale ha ripreso la sua pubblicazione sotto il nome originale di Cherokee Phoenix grazie all’impegno della neonata Nazione Cherokee. Oggi si occupa di politica, attualità, storia e cultura Cherokee.
I contenuti del Cherokee Phoenix
Ma di cosa parlava questo giornale?
Nel primo numero troviamo un elogio rivolto a Sequoyah e alla sua straordinaria invenzione senza il quale il progetto del Cherokee Phoenix non avrebbe mai visto la luce.
Grazie a questo giornale apprendiamo molto sulla vita dei Cherokee: vi ritroviamo segnalazioni di eventi e appuntamenti culturali, notizie di cronaca cittadina, necrologi e ricordi appassionati di connazionali scomparsi.
Ma per la maggior parte il giornale si occupava di tenere informato il popolo Cherokee su ciò che accadeva all’esterno e all’interno del territorio nazionale ma anche, e soprattutto, di denunciare i soprusi dei bianchi nei confronti delle popolazioni indigene.
Ritroviamo ad esempio, molte lettere di Cherokee accusati (e condannati) ingiustamente dai bianchi per reati che non avevano mai commesso, inchieste su furti di beni e proprietà Cherokee da parte dei bianchi e ovviamente anche furiose denunce di inadempienze da parte del governo americano che, a dispetto delle proprie promesse, aveva abbandonato la difesa dei confini degli stati indigeni lasciandoli esposti a incursioni di ladri, briganti e persino…”selvaggi” (è così che i Cherokee, civilizzati, definivano le popolazioni di indigeni che non si erano piegati al processo di occidentalizzazione).
Questa attività di “reportage” si intensificò soprattutto quando le deportazioni di nativi americani divennero più massicce. Il giornale per diversi anni, infatti, si impegnò a monitorare gli spostamenti di indigeni lungo quella che viene tristemente ricordata come Sentiero delle Lacrime, denunciando la crudeltà e la follia di queste tratte dove molti indigeni persero la vita.
Vi lascio con un accorato sfogo dello stesso Boudinot, apparso in uno dei primi numeri del giornale:
Se l’uomo bianco vuole civilizzare gli indiani, perché li manda a occidente? Un trasferimento lì sarebbe civiltà? No, sarei piuttosto propenso a pensare che li metterebbe in una condizione più selvaggia, indigente e deplorevole. Perché si tenta di spingerli di nuovo nell’oscurità? La causa è l’avidità dei bianchi. Gli indiani non desiderano essere guidati come un enorme branco di antilopi.