La cancel culture è un termine usato per descrivere la pratica di pubblicamente ostracizzare, boicottare o condannare individui, aziende o altre entità che sono considerate aver agito in modo offensivo o inappropriato. Questa pratica si concentra spesso su questioni di identità, come razza, genere, orientamento sessuale, religione o politica.
La cancel culture può manifestarsi in diverse forme, come il boicottaggio di prodotti, la rimozione di opere d’arte o di prodotti culturali dal mercato, la chiusura di account social media o il rifiuto di collaborare con persone o aziende considerate problematiche.
C’è un dibattito in corso sulla cancel culture, con alcuni che la vedono come una forma di giustizia sociale e di responsabilità individuale, mentre altri sostengono che questa pratica possa minacciare la libertà di espressione e di pensiero critico.
La cancel culture nei libri
La cancel culture è un fenomeno in cui alcune opere, idee o persone vengono messe al bando o cancellate a causa delle loro posizioni o opinioni considerate inaccettabili dalla società. Ci sono molti libri che sono stati oggetto di cancel culture, a volte per ragioni valide, a volte per motivi più discutibili.
Ad esempio, nel corso degli anni sono state sollevate preoccupazioni riguardo ai libri che potrebbero perpetuare stereotipi o pregiudizi razziali, di genere o sessisti. Tra questi ci sono stati casi in cui alcuni libri per bambini, come La Piccola Fiammiferaia di Hans Christian Andersen, Pippi Calzelunghe di Astrid Lindgren e Le Avventure di Tintin di Hergé, sono stati messi sotto accusa per il loro linguaggio o rappresentazione di certi personaggi.
Altri libri sono stati criticati per le loro rappresentazioni di violenza, discriminazione o contenuti sessualmente espliciti, come ad esempio Lolita di Vladimir Nabokov, Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald, Catcher in the Rye di J.D. Salinger e Le Avventure di Huck Finn di Mark Twain.
In certe università inglesi sono state inserite in black-list persino Romeo e Giulietta e Amleto di Shakespeare poiché contengono scene di omicidio, avvelenamenti e suicidio.
Inoltre, ci sono stati casi in cui gli autori sono stati messi sotto accusa per le loro azioni o opinioni personali. Ad esempio, l’autrice di Harry Potter, J.K. Rowling, è stata criticata per i suoi commenti riguardo alla comunità trans, mentre lo scrittore statunitense Ernest Hemingway è stato criticato per il suo atteggiamento sessista.
In ogni caso, la questione della cancel culture è molto complessa e polarizzante, con molte persone che sostengono che la libertà di espressione debba essere protetta a ogni costo, mentre altri credono che sia importante considerare il danno potenziale che certi libri o idee potrebbero causare alla società.
L’inchiesta del The Times: Universities black list “harmful” literature
L’operazione non è tuttavia ritenuta un’ondata censoria, ma una risposta opportuna ai nuovi “bisogni degli studenti e della società”. Quella che di fatto è una sostanziale revisione degli insegnamenti contenuti nei classici della letteratura si chiama cancel culture ed è una forma rafforzata di revisionismo in nome del cosiddetto “politicamente corretto” (politically correct).
Stando all’inchiesta compiuta da The Times due università, Essex e Sussex, hanno ammesso pubblicamente di aver depennato alcuni testi dalle letture accademiche. Altre dieci università, appartenenti al prestigioso Russell Group, tra cui Glasgow e Warwick, hanno invece deciso di inserire certe opere tra le letture opzionali per tutelare il “benessere degli studenti”.
Nessuno vuole dunque infrangere il delicato equilibrio psicofisico degli studenti universitari che, da parte loro, non sembrano affatto così fragili e delicati ed esprimono tutto il loro disappunto in merito alla faccenda.
In alcune manifestazioni studentesche si parla infatti di “limitazione alla libertà di pensiero” e persino di restrizioni “insidiose”. Alcuni tra gli studenti in procinto di laurearsi hanno affermato di aver deciso semplicemente di “stare al gioco” e quindi di allinearsi alle letture prestabilite per prendere buoni voti all’esame finale.
Gli scrittori banditi dalla cancel culture
Tra i testi vittima di troviamo anche dei mostri sacri della letteratura mondiale, come le opere William Shakespeare, Charles Dickens, Charlotte Brontë, Jane Austen e Virginia Woolf.
Secondo questa visione Sogno di una notte di mezza estate è un’opera classista; mentre Oliver Twist descrive abusi su minori; tacciata di razzismo anche Virginia Woolf poiché usa troppe volte la parola “negro” nei suoi testi e descrive, in un passo, la pelle di una persona di colore “nera come quella di una scimmia”.
Tra le opere teatrali inserite in black-list vi è anche il dramma La signorina Giulia dell’intellettuale svedese August Strindberg, recitato nei teatri di tutto il mondo, perché parla di suicidio.
In totale i testi ritenuti “dannosi a causa dei propri contenuti” dalle università inglesi sono 1081. Tra questi pure The history of Mary Prince (1831), l’autobiografia della scrittrice Mary Prince, che fu la prima donna nera a presentare una petizione al Parlamento inglese, e la prima donna di colore a pubblicare un racconto di stampo autobiografico nel Regno Unito.
Questa forma di revisionismo estrema in Inghilterra ha colpito anche autori contemporanei, come Colson Whitehead, vincitore del premio Pulitzer nel 2017. Il suo capolavoro La ferrovia sotterranea è stato messo al bando a causa delle sue descrizioni troppo incisive della schiavitù e della violenza insita nelle tensioni razziali.