Campioni di sport: quanti ne abbiamo?
Mi piace raccontare di grandi campioni. Che siano glorie del passato o campioni del presente poco importa se l’esempio e i messaggi trasmessi sono stati o sono ancora quelli giusti. Personaggi come Alex Zanardi o miti del passato come Mario Corso e Pierino Prati fanno sempre riflettere se non altro per la loro valenza come persone ancor prima di diventare grandi campioni.
Di Alex Zanardi avrai certamente sentito parlare in questi giorni. La notizia del brutto incidente che lo ha visto coinvolto il 19 giugno scorso lungo la statale 146 nel comune di Pienza ha riempito le pagine dei giornali. La dinamica è ancora tutta da verificare ma si presume che abbia perso il controllo della sua bike schiantandosi contro un camion. Inevitabile l’intervento d’urgenza per le fratture della zona frontale oltre ad una seria commozione celebrale
Per chi, fino ad oggi, ha seguito le imprese di Zanardi è difficile accettare l’idea che, ancora una volta, debba lottare in un letto di terapia intensiva tra la vita e la morte. Sembra quasi che il fato avverso decida periodicamente di metterlo alla prova. Per testare la sua forza, sfidare la sua resilienza, provocare per comprendere fino a che punto un uomo può resistere alle tragedie della vita. E dire che la prova più forte si pensava fosse passata. Già nel 2001 l’ex corridore bolognese rimase vittima di un terribile incidente al Lausitzring durante una gara di Indycarun, che gli costò l’amputazione di entrambe le gambe.
“Appena svegliato in ospedale mi sono concentrato su quello che era rimasto, non su quello che avevo perso”.
Campioni di sport. Uno su tutti: Alex Zanardi e la sfida per tornare a vivere
Chiunque al suo posto sarebbe crollato ma tre mesi dopo Zanardi si presentava a Bologna al Motor Show con gli arti artificiali pronto per inventarsi una nuova vita. Uno come lui, abituato alle sfide, non era pensabile si rassegnasse ad una vita tranquilla. Si fa costruire una parabike e ricomincia a macinare chilometri.
“Alla fine lo sport, tutto lo sport, è questo. Guardare qualcuno che ottiene un grande risultato significa entrare nel percorso che l’ha portato ogni giorno a mettersi in gioco e fare il meglio che poteva. Ti fa dire: lo posso fare anch’io. Ancora di più se sei di fronte a uno che è partito senza gambe, braccia, vista o con un handicap mentale. Ti fa capire che quello che conta è il desiderio: se hai davvero deciso dove andare, l’ultimo tuo problema è diventare campione. Ti basta fare quella cosa lì. E magari diventi anche campione, l’entusiasmo è una spinta forte” .
In vent’anni vince quattro ori olimpici tra Londra 2012 e Rio 2016, oltre a otto mondiali su strada, scrive i libri autobiografici e divulgativi, collabora con la RAI, dove conduce il programma “Sfide”. Il suo sorriso e la sua forza interiore colpisce tutti, lo ricordano anche chi, fin dall’inizio, lo ha visto muovere i primi passi nel mondo delle corse.
Che ami correre non era certo una novità. Come tutti i grandi corridori le prime vittorie le conquista con il kart sotto la supervisione del padre, come lui appassionato del mondo delle corse. E anche i lividi e le “zanardate” non si contano.
Il passaggio dalla Formula 3 alla Formula Uno è una tappa obbligata ma gli costa il primo incidente, questa volta, senza gravi conseguenze. Ritorna in pista nel ’98 ma l’esperienza con la Williams non lo soddisfa e si ripresenta sulla linea di partenza in Germania nella Formula Indy. Il resto è tutto scritto nelle sue biografie dove racconta avventure ed esperienze giovanili, le vittorie e le sconfitte, con uno sguardo ironico ai pregi e ai difetti.
Mi ha colpita la sua autobiografia scritta con Gianluca Gasperini Quel ficcanaso di Zanardi». Osservando lo sport ho capito meglio la vita pubblicato nell’aprile del 2019 con Rizzoli. In questo libro Alex ha deciso quindi di raccogliere una serie di storie emblematiche di atleti, in momenti di gloria o di fatica o di sconfitta, per trarne spunti profondi, utili a chiunque, anche a chi se ne sta in poltrona.
E se i difetti sono un mal comune, i pregi del campione bolognese sono un’eccezione, anzi li definirei “eccezionali”. Essere sopraffatto dal destino e accettarlo senza condizioni, con il sorriso non è da tutti. Sarà per questo che ad Alex si perdona tutto anche l’eccessiva imprudenza, l’ennesima “zanardata” che lo ha ricacciato in un altro tragico incubo. Non so cosa accadrà, non bisogna essere veggenti per comprendere che la sfida raccolta è complicata e imprevedibile, l’unica certezza è che l’anima dell’ex corridore non smetterà mai di lottare. Lo ha sempre gridato forte “Arrendersi mai!”.
Il tifo per Zanardi non è diverso da quello dei ultrà che riempivano gli stadi negli anni d’oro del calcio italiano. E per chi li ha vissuti con l’anima e con il cuore la scomparsa a tre giorni di distanza di Mario Corso e Pierino Prati ha lasciato una grande tristezza. Entrambi protagonisti di un calcio probabilmente meno spettacolarizzato ma trascinato dagli entusiasmi per le emozioni e le sfide regalate.
Anche in questo caso il destino ha voluto che il mondo nerazzurro e quello rossonero più che divisi nella sfida si siano ritrovati accomunati dallo stesso dolore per la perdita dei loro più grandi protagonisti. Si potrebbe pensare ad una sfida per acclamare chi fosse il migliore ma sarebbe inutile. Ognuno nella propria realtà ha saputo regalare momenti indimenticabili.
Mariolino Corso, bomber dell’Inter negli anni ’60
Per l’Inter ma non solo, Mario Corso, scomparso a 79 anni, ha rappresentato più che un semplice giocatore, fa parte di quei campioni di sport che non si dimenticano. Io lo ricordo bene, non me ne vogliano i Milanisti o gli Juventini ma la mia fede interista si riconosce in questi nomi che hanno fatto grande l’Inter e soprattutto il calcio italiano.
Non si è voluto tributare la perdita scontata di un semplice giocatore quanto riconoscerne l’infinita classe, quel suo modo di sfruttare le sue doti tecniche a vantaggio del risultato migliore. E Corso, soprannominato “il mancino di Dio”, con il pallone ci sapeva fare. La sua punizione micidiale chiamata “a foglia morta” era per tutti un vero e proprio l’incubo perché imprevedibile.
Gianni Mura, il noto giornalista sportivo lo ricordava bene “Era fatto così: indisponente quando, sotto il sole, in campo giocava nella zona d’ ombra. Ma sempre con un colpo a sorpresa nascosto da qualche parte, da vero prestipedatore.“ Qualità più uniche che rare. Volle spiegarlo lui stesso in una bellissima autobiografia Io, l’Inter e il mio colpo mancino” edito da Limina e scritto nel 2013 insieme a Beppe Maseri.
I suoi traguardi più importanti? intanto vent’anni trascorsi sempre con la stessa maglia alla corte di Helenio Herrera allora tecnico di un Inter megagalattico. Dal 57 al 73 è protagonista assoluto del panorama calcistico nazionale con l’inserimento nel 1961 in Nazionale. Più di di 502 gare giocate, 4 scudetti vinti rispettivamente nel 1963, 1965, 1966 e 1971, due coppe dei Campioni conquistate nel 1964 e 1965 e due Intercontinentali 1964, 1965. Insomma si possono definire senza alcun dubbio vent’anni di gloria! Il resto è affidato alla storia del calcio italiano che non lo dimenticherà, campioni come “Mariolino” Corso sono difficili da dimenticare!
Pierino Prati bomber milanista
Il Milan e probabilmente anche la Roma ricordano, invece, con rispetto l’ex bomber Pierino Prati morto ieri a Catania all’età di 73 anni dopo una lunga malattia. Anche lui, come Corso ha lasciato un segno indelebile di quella professionalità semplice ma autentica, capace di farsi riconoscere in qualsiasi realtà si trovasse ad affrontare. Mi fanno sorridere le note che lo definivano “Pierino la peste”, in effetti il suo era uno sguardo di chi “ne combinava delle belle” ammutolendo tutti per la sua bravura. E non è retorica: era veramente un asso del pallone, ricordo bene anche lui!
Anche la sua carriera la possiamo far rientrare tra quella di veri campioni di sport: dalle giovanili del Milan passa alla Salernitana alla quale regala con i suoi goal ila promozione in serie B. Debutta in Serie A nel 1966 con la maglia del Milan, poi viene nuovamente ceduto in prestito al Savona e anche lì mette a segno 15 reti.Torna con i rossoneri dal 1967 al 1973 sotto la guida di Nereo Rocco che lo schiera subito come centravanti titolare fino al 1973 collezionando 143 presenze e segnando 72 reti.
Con la maglia rossonera conquista Coppa delle Coppe nel 1968, e l’anno successivo Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Con questi numeri era inevitabile l’ingresso in Nazionale con la quale vince nel ’68 il Campionato Europeo e partecipando poi alla finale mondiale del ’70. Dal ’73 passa alla Roma con la quale rimane fino al ’77 totalizzando 110 presenze e 41 gol. Per un campione come lui non potevano mancare le parole d’affetto che il club rossonero ha affidato ad un twitter.
“Ha chiuso gli occhi un gigante della nostra Storia. Dal Bernabeu alla Bombonera: Piero Prati ha dato lustro in tutto il mondo ai colori rossoneri. Ciao Piero.
Campioni animati dallo stesso spirito, la voglia di far bene, capaci di sorprendere anche a distanza di anni. Non è solo la loro professionalità ad averci colpito ma l’umanità che li ha resi comunque un esempio da seguire. Ti invito ad ascoltare le parole di Alex Zanardi, in questo video davvero emozionante…