Cagliosa, un calcio al pallone, la strada per ritrovare se stessi e guardare avanti
Mi sono sempre chiesta perché Giuseppe Franza abbia scelto Cagliosa (Ortica editrice) come titolo del romanzo, se non altro per capire cosa colleghi il termine al libro. Ho scoperto seguendo la logica della ricerca, che per coniare il termine è stato necessario combinare lo spagnolo col napoletano, davvero una miscela, è il caso di dirlo, esplosiva!
In effetti, nella traduzione spagnola, Callao è un sasso che, trasferito nella lingua napoletana, assume il significato di “Statti accuort ca t’ do o’ cagliosa”( trad. stai attento che ti do un colpo forte”). La traduzione è molto personale, non me ne voglia l’autore che pur vivendo nella Capitale, difende molto bene la sua napoletanità e per questo chiedo venia. In ogni caso, si potrebbe tradurre in miliardi di modi ma il risultato sarebbe sempre lo stesso.
Senza girare intorno alle parole: il libro mi è piaciuto! Perché? Una volta chiuso ritornavo curiosa a leggerlo, perché, nonostante sia una storia di fantasia, parla di cose reali, di verità davanti alle quali le spiegazioni lasciano il tempo che trovano. Il fatto che l’autore sia cresciuto nella periferia di Napoli lo ha certamente aiutato a comprenderne le dinamiche e a descriverle adeguandole al personaggio. Ponticelli è un microcosmo con le sue leggi, dove la precarietà è la regola, arrangiarsi è un’arte, sognare qualcosa di diverso è visto con diffidenza, quasi fosse qualcosa da evitare per non rischiare di mettersi troppo in discussione
Per il suo protagonista l’autore sceglie di usare una tattica diversa; lo lascia libero di vivere le sue contraddizioni, nel bene e nel male, rispetta il suo carattere, la sua vita fatta di difficoltà, d’incertezze, ma anche di passione per l’arte e il Rione Incis Club, la squadra di calcio del rione.
Ho apprezzato sia l’autenticità della scrittura che la scelta di mantenere inalterato il linguaggio partenopeo, una scelta, per me, di sangue meridionale, azzeccatissima, anche se a tratti eccessiva. Per un pubblico meno preparato a comprendere i francesismi di questo genere risulterà certamente poco scorrevole: il consiglio è di lasciarsi andare ad una libera interpretazione. Giusta invece la scelta di affidare il racconto alla voce narrante, guida e interprete di uno stile di vita e di una mentalità a volte difficile da comprendere anche per il lettore. La scrittura lo accompagna in una realtà che fagocita i sogni di chi la vive, dalla quale lo stesso protagonista, pur se attratto, si allontana.
Cagliosa, la gioia per la vittoria
Leggere Cagliosa mi ha ricordato le commedie napoletane, quella miscela di sentimenti e amarezza che si nascondono dietro sguardi di rassegnata ironia. Il personaggio di Giovanni o’ Vangò, (da Van Gogh) è un Pulcinella scapestrato, inaffidabile ma dal cuore d’oro e il sogno di vivere una vita migliore.
Ciò che fa male viene lasciato negli spogliatoi di un campo di calcio dove i personaggi si muovono e si alternano seguendo il loro istinto. Tutto in qualche modo si ridimensiona, anche i dolori più profondi si esorcizzano tirando con violenza il pallone in rete.
Lontani dai riflettori, sui campi polverosi e invasi dalle erbacce, Giovanni e compagni combattono per resistere alla forza centrifuga del non senso per sopravvivere a loro stessi
Ecco,Cagliosa è ciò che colpisce, ti fa sbandare cadere, rialzare, ti fa fermare e ti fa riflettere. Tutto può accadere in pochi mesi, giusto quelli in cui si gioca un piccolo campionato di provincia o in un solo incontro, l’ultimo, che ti fa capire che la vita, per quanto dura e deludente, può sorprendere. Ogni partita è una sfida con se stessi e va giocata, al massimo, senza paura, perché vincere vuol dire vedere la luce, forse cambiare davvero.
Il romanzo di Franza non va solo letto, va interpretato nella maniera giusta godendo della originalità del testo scritto. Cagliosa è una piccola poesia napoletana, incomprensibile ma dolcissima e vera.