Ciao iCrewer! Come stai passando i giorni che ci separano dalla fine del Carnevale? Sentendo nominare questa festa, credo che uno dei luoghi in cui subito vola la nostra mente sia Venezia. Ed è proprio questa la tappa del nostro viaggio, perché, dopo essere stati a Roma e Napoli, è giusto il momento di fare una sosta sotto i portici di Piazza San Marco, nello storico Gran Caffè Quadri.
Da quando il Gran Caffè Quadri è punto di ritrovo imperdibile?
E così i Quadri comprarono il Rimedio, locale già noto grazie al suo vino malvasia, che si diceva potesse guarire i mali e rinvigorire le membra, e inaugurarono il loro Gran Caffè.
Un locale di classe, di tendenza, che non perse il suo tocco nemmeno con il primo cambio di gestione, nel 1830, quando subentrarono i fratelli Vaerini. Con le sue tinte pastello, i suoi dipinti di vedute di Venezia, e le decorazioni eleganti, il Gran Caffè Quadri fu il luogo di ritrovo prediletto per letterati, intellettuali e politici.
A portare avanti la tradizione, dal 2011, è la famiglia Alajmo, che da poco ha dato inizio a dei lavori di restauro.
Chi sono stati, allora, alcuni degli avventori più illustri?
Ti cito solo alcuni degli innumerevoli personaggi che hanno messo per un attimo in pausa la loro vita seduti ai tavolini del Gran Caffè Quadri, lasciando vagare lo sguardo su San Marco e sulla sua basilica. Musicisti come Richard Wagner, politici come Michail Gorbačëv, e poi Stendhal, George Byron, Marcel Proust, François Mitterrand e Woody Allen.
Tuttavia, ho deciso di parlarti, in particolare, di Alexandre Dumas (padre).
Nato in Francia nel 1802, non ebbe un’istruzione che gli permise largo accesso ai libri – la madre gestiva un negozio di tabacco e il padre era stato diseredato – senza che ciò riuscisse, però, a placare il suo amore per la letteratura, una volta sbocciato.
I suoi romanzi più noti, capolavori assoluti, sono titoli che abbiamo di sicuro già sentito nominare: La regina Margot (1845), I tre moschettieri (1844) e Il conte di Montecristo (1844).
Tra il 1846 e il 1847 costruì persino un proprio teatro, il Théâtre-Historique, in cui vennero messe in scena pièce di autori come Shakespeare, Goethe, Calderón de la Barca e Schiller. Questa avventura, però s’interruppe nel 1850, a causa di ingenti debiti.
Fu amico di Garibaldi e, su suo incarico, fondò il giornale garibaldino L’indipendente.
Morì in Francia, nel 1870, a causa di una malattia vascolare. Nel 2002 i le sue spoglie furono trasferite nel Panthéon di Parigi, sebbene egli desiderasse “rientrare nella notte dell’avvenire nello stesso luogo dal quale sono uscito dalla vita del passato, in quell’affascinante cimitero che ha più l’aria di un’aiuola fiorita dove fare giocare i bambini che di un posto per far dormire i cadaveri“.