Caro iCrewer oggi per la rubrica:
Autori in tasca: Virginia Woolf
inizierò con uno stralcio:
Io provo un senso di fodere estive alle poltrone; di essere rimasta a casa mentre tutti sono in campagna. Mi sento desolata, polverosa e delusa.
La sua solitudine, che attraversa tutte le pagine del:
mi sta tenendo compagnia; anche io avverto questo senso di “polverosità” che mi avvolge mentre fuori imperversa il caldo di una estate rovente e debilitante.
Eppure sono qui, con il pc sulle ginocchia (perchè son comodamente seduta sul divano) per parlarti di una Donna, scrittrice tra le più importanti del XX secolo, Virginia Woolf, al secolo Adeline Virginia Stephen.
Nasce nel 1882 a Londra, in una famiglia benestante; suo padre, Leslie Stephen, era un famoso critico letterario e filosofo dell’epoca vittoriana. Di conseguenza Virginia fu allevata in una atmosfera colta, anche perchè la sua casa natia era frequentata da famosi scrittori dell’epoca quali Henry James e Thomas Hardy.
A parte frequentare dei corsi al King’s College di Londra, i suoi studi trassero il massimo profitto dall’enorme biblioteca paterna; insomma la tipica infanzia vittoriana, fatta di lezioni casalinghe, rispetto delle convenzioni, benessere e la sensazione costante che tutta la vita della casa e della numerosa famiglia (ho dimenticato di dirti, caro iCrewer, che la famiglia Stephen contava, oltre ai figli nati dal primo matrimonio dei genitori, Vanessa, Virginia, Thoby e Adrian), ruotasse intorno alla madre, bella e distante, che la piccola Virginia vede come una cattedrale.
Tutta la famiglia era solita trascorrere le estati con parenti ed amici a St. Ives in Cornovaglia, dove possedevano una casa – Talland House –
Questo avvenimento causò un lungo periodo di depressione in Virginia che cominciò a mostrare i primi segni della malattia mentale, sfociata anche in un tentativo di suicidio; tutto ciò caratterizzò la sua vita, complice una relazione conflittuale con il padre a causa del suo carattere autoritario e tirannico.
Probabilmente è in questo ambito che Virginia comincia a sentire il “peso” della famiglia, ciò che hanno avuto gli altri e che non ha avuto lei e che le fa scrivere un saggio in cui Judith, è l’immaginaria sorella di Shakespeare, dotata dello stesso talento artistico del fratello.
Come poteva una donna, si chiede la scrittrice inglese, dedicarsi alla letteratura se non possedeva “denaro e una stanza tutta per sé”? Si snoda così un percorso attraverso la letteratura degli ultimi secoli che, seguendo la simbolica giornata di una scrittrice del nostro tempo, si fa lucida e asciutta riflessione sulla condizione femminile. Un classico della scrittura e del pensiero sulla condizione femminile.”
Chiaramente la protagonista della nostra storia, Judith, è la trasposizione letteraria di Virginia stessa. E si notano, man mano che si va avanti con la lettura, che è oppressa da valori in cui non si rispecchiava: mentre i fratelli andavano a scuola e all’università e veniva loro permesso di uscire e vivere con spensieratezza, lei e la sorella erano istruite in casa ed educate alla vita domestica.
Eclatanti sono le parole che la Woolf scrive per Judith: “Vive in voi, e in me, e in molte altre donne che non sono qui stasera perchè stanno lavando i piatti e mettendo a letto i bambini. Eppure lei è viva. Perché i grandi poeti non muoiono.”
La forza di queste parole risuona ancora come un monito vivido anche a distanza di tanti anni dopo la pubblicazione del saggio.
Nel corso della sua vita, la scrittrice fu sempre interessata al ruolo della donna nella società e lavorò come volontaria nel movimento che combatteva per il diritto di voto alle donne.
Fondò una casa editrice con suo marito, la Hogarth Press, pubblicando, oltre alle sue opere, anche quelle di giovani autori, come T.S.Eliot.
Ebbe anche una relazione molto intensa con la scrittrice Vita Sackville-West, cui dedicò Orlando pubblicato nel 1928.
Purtroppo i disturbi mentali non le daranno tregua, con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale le sue paure peggioreranno, “voci misteriose” cominceranno a turbinarle in testa e temendo di impazzire sceglierà l’unica strada percorribile per lei: si suiciderà annegandosi nel fiume Ouse nel Sussex vicino casa nel 1941.
La sua scomparsa fu “inghiottita” dalla guerra devastante che era in atto e alla quale non aveva voluto assistere.
Solo negli anni Sessanta il mondo letterario ricomincerà ad occuparsi di lei. Sulla lapide, posta ai piedi dell’olmo nel giardino di Monk’s House dove riposano le sue ceneri, è incisa la frase: “…Le onde si infrangevano sulla spiaggia” che chiude il suo celebre romanzo.
Ed oggi i suoi libri non cessano di incantarci e riempirci di stupore.