Possiamo avere momenti di felicità e lunghissimi periodi di ricerca della felicità. Perché di questo si tratta: la felicità è ricerca e fatica.
Paolo Crepet
Cari iCrewers in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo dal titolo “Passione” edito da Mondadori di cui vi parleremo in un articolo futuro abbiamo deciso di illustrarvi brevemente (per quanto ci sia possibile) una delle più illustri figure del panorama letterario italiano, ovviamente parliamo di Paolo Crepet.
PAOLO CREPET
Paolo Crepet nato a Torino nel 1951 è uno psichiatra, un sociologo italiano e uno scrittore che sicuramente avrete visto in varie trasmissioni televisive.
Laureatosi in Medicina e Chirurgia nel 1976 presso l’Universita di Padova, ha proseguito i suoi studi in Sociologia presso l’Università di Urbino, specializzandosi nel 1985 in psichiatria presso la clinica psichiatrica dell’Università di Padova.
Tra i suoi romanzi ricordiamo: “Le dimensioni del vuoto. I giovani e il suicidio” (1993), “Cuori violenti. Viaggio nella criminalità giovanile” (1995; 2017), “Solitudini. Memorie d’assenza” (1997), “I giorni dell’ira. Storie di matricidi” (con Giancarlo De Cataldo; 1998), “Naufragi. Storie di confine” (1999; 2002), “Non siamo capaci di ascoltarli” (2001), “La ragione dei sentimenti (2002; 2004)”, “Voi, noi” (2003), “Dannati e leggeri” (2004; 2006), “I figli non crescono più” (2005), “Sull’amore” (2006; 2010), “Dove abitano le emozioni” (con Mario Botta e Giuseppe Zois; 2007), “A una donna tradita” (2008), “Sfamiglia” (2009; 2011), “Un’anima divisa” (2010), “L’autorità perduta” (2011; 2013), “Elogio dell’amicizia” (2012), “Impara a essere felice” (2013), “Il caso della donna che smise di mangiare” (2015), “Baciami senza rete” (2016) e “Il coraggio” (2017)
La sua teoria sulla Felicità
Dopo avervi raccontato chi è Paolo Crepet passerei a illustrativi una delle sue brillanti teorie riguardanti la felicità, concetto che secondo l’autore nel mondo odierno è stato molto travisato.
Spesso infatti si tende a confondere la felicità con la “gioia effimera”, tuttavia essi non sono due concetti equivalenti, difatti la nozione di felicità è più complessa di quella della letizia momentanea con cui si fa comunemente riferimento a quella sensazione di benessere istantaneo che può donarci l’ottenere qualcosa che ci piace, come il comprare un vestito nuovo, per esempio.
La felicità ha invece a che vedere con la sfera sentimentale della vita e poco con il suo lato materiale e per Crepet non si caratterizza con l’attimo, bensì con un percorso più duraturo composto da momenti vissuti nel presente e che portano a un raggiungimento futuro; la felicità è una sorta di conquista, una ricerca, un obbiettivo da perseguire con tenacia e qui si apre il suo lato più curioso, ovvero che quando la si è raggiunta si cessa di essere felici. Pertanto la felicità è una pulsione tendente al futuro, perché è un continuo tentativo di raggiungere uno stato che quando si è ottenuto ci è già sfuggito, è una ricerca continua.
Un altro legame molto importante e che tengo a sottolineare è la connessione tra sogno e felicità. Crepet invita i giovani a non arrendersi e spiega che come la felicita è una ricerca che implica impegno lo stesso avviene per il sogno, bisogna continuare a lottare per concretizzare i propri sogni che per l’autore sono fatti di un lato amaro e uno dolce, come lo è anche vita.
I giovani devono impegnarsi a tirare fuori il loro talento e combattere per i loro sogni, non devono mai accontentarsi.
In conclusione per capire a pieno il suo concetto di felicità vi lascerei con le sue parole rilasciate in un’intervista.
Penso a mio nonno, ad esempio.Penso a quando costruimmo insieme un aquilone, alle ore che ho trascorso con quel vecchio ad appiccicare la carta e realizzare questo oggetto meraviglioso che poteva volare. Per me era questa la felicità. Ma ero felice perché lui era felice. È importante capire questo. Costruire l’aquilone era qualcosa che lui faceva per sé (non per me) e che lo rendeva felice; ma la sua felicità, di conseguenza, rendeva felice anche me. Ecco il senso della felicità: essere felici per sé e, di conseguenza, per gli altri. E ridere. Ridere insieme. È sempre possibile farlo, nonostante le difficoltà.
È paradossale, ma ridono di più le persone che sbarcano a Lampedusa che quelli che giocano in Borsa a Milano.
Il coraggio. Vivere, amare, educare
Un altro suo romanzo molto interessante e datato 2017 è “il coraggio.Vivere, amare,educare“, questa la sua cover.
E questa la sua sinossi…
Un tempo il coraggio – nella sua accezione di ardimento fisico – era solo opera dell’umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue proprie mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri.
Un po’ come accade ora con la tecnologia: fino a trent’anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare, dunque esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un’interfaccia umana, dunque senza rischio, senza paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è.
Così, anche il coraggio e la forza d’animo che vi è intrinsecamente connaturata stanno diventando sempre più un’astrazione virtuale, svuotata di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo.
Per fronteggiare «la più grande urgenza sociale odierna», Paolo Crepet propone a genitori, educatori e, in particolare, a quei «nativi digitali» che si accingono a esplorare la propria esistenza in una società ipertecnologica un «ipotetico inventario» di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell’esperienza umana (il coraggio di educare, di dire no, di ricominciare, di avere paura, di scrivere, di immaginare, di creare…).
Un inventario concepito come un’associazione di idee, un ‘brain-storming’, un esercizio utile per stimolare adulti e non ancora adulti a ritrovare la forza della sfacciataggine e la capacità di resistenza che la vita ogni giorno ci chiede.
Ma in queste pagine Crepet parla soprattutto di un’altra e più ambiziosa forma di coraggio. Quella che dobbiamo inventarci per creare un nuovo mondo, se non vogliamo che siano altri a inventarlo per noi; quella che i giovani devono riscoprire per non ritrovarsi tristi e rassegnati a non credere più nei loro sogni; quella che tutti devono scovare in se stessi per iniziare un rinascimento ideale ed etico. Perché, alla fine, il coraggio è la magica opportunità che permette di capire il presente e di costruire il futuro.
Spero di avervi incuriosito cari iCrewers è vi rimando al mio prossimo articolo in cui parlerò di un interessante evento che riguarda proprio questo autore e il suo romanzo “Passione“.
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Fa presto Crepet a scrivere di nonni e di aquiloni, di passioni e di sogni. Se lo avessero mandato a “fare il geometri” o a “imparare un mestiere” perchè “c’è bisogno di portare a casa una paga in più” la passione si sarebbe spenta anche in lui. Quanto comodo è indicare come apatici i quarantenni di adesso, dimenticando però che sono i figli di quei sessantenni che avrebbero dovuto educarli alla libera scelta e non imporre una strada predefinita..
Ho letto poco Crepet e solo preso in biblioteca per fortuna…