Amico di libri.iCrew questo è per me un momento davvero speciale. Scrivere un articolo su Jack Kerouac significa per me fare un salto indietro nel tempo di almeno vent’anni e rivivere con nostalgia momenti della mia giovane età che custodisco intatti nei preziosi cassetti della memoria.
Perchè Jack Keroauc è stato uno degli autori che più ho letto tra i sedici e i vent’anni, e sicuramente è l’autore che più ha influenzato il mio essere, specie in quell’età in cui è facile lasciarsi affascinare da personaggi particolari e prenderli addirittura come guida spirituale ed esempio per indirizzare la vita che verrà. Poi si cresce, fortunatamente, e le suggestioni diventano passioni che dissolvono il potere che hanno su di noi.
Non è mia intenzione quindi, parlarti di questo grandissimo autore in veste di professore che ti fa una lezione, ma preferisco raccontarti e condividere le mie esperienze legate a questo folle e ispirato letterato del novecento.
IL MIO RAPPORTO CON JACK KEROUAC
Il mio incontro con Jack Kerouac è avvenuto, neanche a dirlo, grazie alla musica. Ci sono due nomi fondamentali che hanno gettato le basi del mio io ventenne: Jim Morrison e appunto Kerouac. La biografia del Re Lucertola l’ho comprata per caso, per curiosità. In quella lettura, che raccontava la affascinante vita del leader dei Doors, era spesso citato un tale Allen Ginsberg, il più visionario scrittore di tutta la beat generation, e si faceva spesso riferimento a questo movimento culturale che di sicuro influenzava tutte le produzioni artistiche degli anni sessanta: appunto la beat generation. E allora cosa fai? Non ti incuriosisci? Purtroppo sul finire degli anni ’90 internet non era ancora d’aiuto, forse addirittura non c’era, e quindi
il nostro google era la biblioteca.
Guarda che rileggendo questa ultima frase mi sto quasi commuovendo. E dunque via in biblioteca a cercare notizie su questo movimento e su questo Ginsberg. Devo essere onesto, non sono mai riuscito a leggerlo, l’ho sempre trovato abbastanza noioso e pesante, al contrario di Kerouac che invece mi ha subito conquistato.
Non ero solo in questo percorso di crescita: condividevo tutto con un carissimo amico. Entrambi eravamo sognatori. La musica e le letture erano la mappa verso la libertà. La beat generation e la lettura di questi autori, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Ginsberg, Kerouac e altri nomi che ora mi sfuggono, erano il nostro credo e On the Road era il nostro vangelo.
Sulla strada, considerato il manifesto della beat generation, è il romanzo che ha consacrato nel panorama della letteratura mondiale Jack Kerouac. Quando dico che era il mio vangelo non scherzo. Intanto è un romanzo che ho letto interamente in treno. Facevo avanti e indietro da Milano a Mantova tutte le settimane per svolgere il servizio civile che ai miei tempi era ancora obbligatorio.
Immerso nei sedili del treno mi lasciavo catturare dal racconto del viaggio attraverso l’America, sulla famosa route 66. Non ho mai tradito questo momento magico leggendo delle pagine a letto o sul divano. No. Un libro così l’ho voluto soltanto leggere mentre anche io ero in viaggio. Ricordo che spinto dalla suggestione dell’avventura narrata nelle pagine del romanzo, ogni lunedì mattina, quando scendevo i gradini della stazione di Mantova, mi sentivo galvanizzato dall’idea della nuova scoperta, delle nuove conoscenze e di chissà quali nuovi avventure avrei vissuto in quel posto così distante da casa.
La vita, la vita che brucia, è al centro di tutta la produzione di Jack Kerouac, e in genere di tutti gli autori della beat generation. Gli stessi autori, hanno avuto tutti una esistenza ricca di eventi, di cose fatte, avventure, matrimoni, divorzi, problemi di alcool e di droga e chi più ne ha più ne metta. Questa è gente che non si è mai fermata a pensare. Siamo a cavallo tra gli anni ’40 e gli anni ’50 e la voglia di vivere, di andare oltre il convenzionale, era una bomba a orologeria. Come detto qui, in questi anni e con questi scritti, si sono gettate le basi per tutti i movimenti degli anni sessanta, compreso il sessantotto.
Tornando a On the Road – Sulla strada, pensa che io e il mio amico ci siamo davvero ribattezzati come i due personaggi protagonisti: io ero Sal Paradise, ovvero l’alter ego di Jack Keroauc e lui era Dean Moriarty, ovvero l’alter ego di Neal Cassady che tra i due era sicuramente il più pazzo. Passavamo giornate intere in macchina, alla ricerca di nuovi luoghi, di bar dimenticati dal mondo e di storie di persone da conoscere e da scoprire. Avevamo preso la Brianza come la nostra America e lasciamelo dire: eravamo felici. Felici di cercare la felicità non lasciandoci vincere da quel senso di insoddisfazione che ci contraddistingueva in quegli anni. E non solo.
È grazie a questo libro se non ho mai amato più di tanto fare le vacanze stando fisso in un posto: per me vacanza significa essere sulla strada, creare un itinerario e scoprire ogni giorno un luogo nuovo. Sentirmi parte di qualcosa che ancora non conosco. Più scrivo questo articolo e più mi rendo conto di quanto quel ragazzo di venti anni vive ancora dentro di me, pur disposto a fare compromessi con l’età adulta.
Ma il mio personaggio preferito scritto da Jack Kerouac si trova in un altro libro: è Leo Percepied de I sotterranei, altro incredibile romanzo che narra quanto fossero avanti questi artisti rispetto all’epoca che stavano vivendo. Si narra la storia d’amore tra Kerouac – Leo e una ragazza di colore, Mardou.
Una relazione clandestina, che destava scalpore, vissuta nei locali sotterranei di New York frequentati da artisti, tra droga, alcool e jazz. È un mondo che mi affascina anche oggi, non tanto per i vizi che riesco tranquillamente a isolare senza curarmene, ma per le menti e la creatività che ci si incontra. In questi anni di scrittura e di radio, insomma nel mio piccolo posso definirmi un artista, ho conosciuto un sacco di gente che scrive, compone, dipinge, canta e crea.
Gente che vive nel sottobosco dell’arte, gente che non ha ancora fatto il grande salto, gente che fa per il piacere di fare e per dar corda a quella energia che brucia dentro e che chiede di uscire attraverso l’arte.
Ecco io ogni volta che faccio una collaborazione, o incrocio il percorso di qualcuno di questi artisti, mi sento laggiù, in un localino di New York degli anni ’50, mi sento uno dei sotterranei. Mi rendo conto davvero che questa beat generation mi ha destabilizzato il cervello per sempre.
Ho da condividere con te due curiosità legate a questo romanzo: la prima è che il mio primo indirizzo e-mail, credo fosse con Supereva, l’avevo proprio nominato leopercepied@……. , la seconda è che ho prestato questo libro ad un mio compagno di un corso serale di inglese e non mi è mai più tornato indietro. Chiaramente non ho più notizie di quel ragazzo, e neanche della mia copia de I Sotterranei. Potrei andare in libreria a ricompralo, ma mi piace lasciare vivo e intatto questo aneddoto che contribuisce ad arricchire la leggenda di questo romanzo così influente nella mia vita.
Nel 1966 Jack Kerouac è stato in Italia. Ma era un periodo in cui l’alcool aveva la meglio su di lui. C’è un nome che però voglio farti, riferendomi alla esperienza italiana dell’autore: Fernanda Pivano. Giornalista, autrice, critica musicale e chi più ne ha più ne metta. Se in Italia abbiamo conosciuto gran parte di questi scritti e di questi autori che possiamo definire folli o per lo meno particolari, una buona fetta di merito lo dobbiamo a lei.
Inoltre, è lei che ha scritto l’introduzione del mio libro preferito in assoluto tra tutti quelli che ho letto: La strada è di tutti di Cesare Fiumi, uscito nel 2000. Libro che narra di un viaggio fatto nei giorni nostri, seguendo la mappa tracciata da On The Road per evidenziarne i cambiamenti a distanza di cinquanta anni e per rivivere in prima persona le storie scritte da Kerouac. Praticamente il mio sogno. Per parlare di questo libro ti rimando magari a uno dei prossimi appuntamenti con la nostra rubrica Leggilo anche tu.
Concludo con una citazione, del resto non poteva mancare. Anche sulla citazione ti svelo un piccolo aneddoto. Quando è nato Facebook, ovvero i primi anni in cui ci si è approcciati al social, c’era tra tutte le funzioni, quella delle note. Magari c’è ancora ed è relegata al dimenticatoio, io di sicuro non ho più visto nessuno usarla. La prima nota che avevo pubblicato era proprio una citazione di Jack Kerouac. Tratta dal suo primo romanzo La città e la metropoli, che ha una storia incredibilmente travagliata di rifiuti e porte chiuse in faccia, ma che poi per fortuna ha trovato il consenso di un editore che ha dato il via alla grande epopea di questo autore.
Ti lascio quindi con questa citazione che riassume un po’ quello che mi ha insegnato la scoperta di questo autore. Permettimi di scusarmi con te lettore per essere andato lungo, e per non averti fornito le nozioni sull’autore che magari ti aspettavi di trovare in un articolo che fa parte di questa rubrica, ma davvero per me parlare di questo autore è un po’ come parlare della mia guida spirituale.
….allo stesso momento sapeva che c’era qualcosa d’altro che voleva, che non sapeva cos’era, e che non avrebbe mai avuto. Per tutti i suoi amici e per la sua famiglia era solo Joe, robusto, felice, sempre intento a combinare qualcosa. Ma per se stesso era solo uno abbandonato, perduto, veramente dimenticato da qualcosa, qualcosa di maestoso e magnifico che vedeva nel mondo…
Non fermarti mai. Guida sempre la tua vita alla scoperta del nuovo.