Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, nota come Grazia Deledda, nata in Sardegna a Nuoro il 28 settembre 1871, è la quarta di sette di figli. Scrittrice, è la prima donna italiana ad aver vinto il Premio Nobel, assegnatole per la letteratura nel 1926.
Nata in una famiglia agiata si avvicina alla poesia e alla letteratura grazie al padre Giovanni Antonio Deledda, sindaco di Nuoro nel 1863. Laureato in legge, era un possidente e imprenditore benestante; non esercitava la professione di avvocato ma si occupava di agricoltura e di commercio del carbone. Amante della poesia, aveva fondato una tipografia nella quale stampava una rivista. Componeva versi in sardo.
La madre Francesca Cambosu era una donna austera; dedita alla famiglia si occupò dell’educazione di Grazia. Dopo la quarta elementare la Deledda venne ritirata dalla scuola e della sua istruzione si occupò privatamente il professore Pietro Ganga (nato a Nuoro nel 1875 era un docente di lettere italiane, latine, greche e straniere tra le quali il francese, il tedesco, il portoghese e lo spagnolo). Le impartì lezioni di italiano, latino e francese. Successivamente fu la stessa Deledda che pensò alla propria formazione e per la quale fu molto importante l’amicizia con lo scrittore, storico e archivista Enrico Costa di Sassari che per primo intuì il talento e la bravura di lei.
Il talento della Deledda fu apprezzato molto anche dallo scrittore Giovanni De Nava con il quale intraprese una relazione epistolare. Presto le lettere si trasformarono in tenere lettere d’amore in cui si scambiavano poesie dolcissime, fino a quando lo scrittore calabrese non smise improvvisamente di scrivere. Nello stesso periodo la famiglia venne colpita da alcune disgrazie: Santus, il fratello maggiore di Gazia, abbandonò gli studi e iniziò a bere, diventando alcolizzato. Andrea, il fratello più giovane, fu arrestato per piccoli furti. Il 5 novembre 1892 il padre morì per un problema cardiaco causando la crisi economica della famiglia. Quattro anni più tardi morì anche la sorella Vincenza.
A tre anni dalla morte della sorella, il 22 ottobre 1899 si trasferì a Cagliari, dove conobbe Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze e originario di Cicognara di Viadana (MN). Dopo pochi mesi, precisamente l’11 gennaio 1900, si sposarono a Nuoro ed ebbero due figli, Franz e Sardus. Lo stesso anno si trasferirono a Roma. Madesani lasciò il lavoro per diventare l’agente letterario della moglie.
CARRIERA LETTERARIA
A diciassette anni nel 1888 inviò alla rivista L’ultima moda, diretta da Epaminonda Provaglio, il suo primo scritto Sangue sardo, in cui una donna uccide l’uomo che ama perché non corrisposta, e Remigia Helder, pubblicati entrambi dall’editore Edoardo Perino. Sulla stessa rivista venne successivamente pubblicato il romanzo a puntate Memorie di Fernanda.
Nel 1890 con lo pseudonimo Ilia de Saint Ismail, pubblicò sul quotidiano di Cagliari L’avvenire della Sardegna, sempre a puntate, il romanzo Stella d’Oriente, mentre a Milano con l’editore Trevisini pubblicò un libro di favole per l’infanzia dal titolo Nell’azzurro.
Da dicembre 1893 a maggio 1895 spinta da Angelo de Gubernatis collabora con la Rivista di Tradizioni Popolari Italiane per cui scrive a puntate Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna con un’introduzione di Tolstoj, che ottenne un buon riscontro di pubblico. Negli anni successivi pubblicò racconti e romanzi il cui argomento principale era la Sardegna. Nel 1896 il romanzo La via del male ottenne una recensione favorevole di Luigi Capuana e l’anno successivo uscì una raccolta di poesie, Paesaggi sardi, edita da Speirani.
Cinque anni dopo pubblicò presso Cogliati di Milano il romanzo Anime oneste accompagnato dalla prefazione del letterato Ruggero Borghi che ammirò molto la scrittrice.
Ha collaborato con alcune riviste sarde e nazionali come “Nuova Antologia“, “La Sardegna” e “Piccola rivista” .
Apprezzata da diversi scrittori italiani come Giovanni Verga, Emilio Cecchi, Enrico Thovez, Antonio Baldini e Pietro Pancrazi, era conosciuta e stimata anche all’estero da autori del calibro di David Herbert Lawrence, autore della prefazione della traduzione in inglese del romanzo della Deledda La madre, romanzo pubblicato nel 1920. Era anche traduttrice: è infatti l’autrice di una traduzione in lingua italiana dell’opera di Honoré de Balzac Eugénie Grandet.
Il 10 dicembre 1926 le venne conferito il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione “Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.
Dieci anni dopo, nel 1936, a causa di un tumore al seno che la stava consumando da tempo, tra il 15 e il 16 agosto Grazia Deledda si spense.
La sua ultima opera autobiografica Cosima, quasi Grazia, rimase incompiuta ma a settembre dello stesso anno venne editata a cura di di Antonio Baldini con il titolo Cosima sulla rivista Nuova Antologia.