Alexandre Dumas padre e i moschettieri del re
Caro iCrewer eccomi qui a parlarti di uno dei miei autori celebri preferiti e spero con questo articolo di farlo amare anche a te.
Inizio con il raccontarti che su Alexandre Dumas occorre fare una specificazione, infatti devi sapere che due scrittori portano lo stesso nome. Uno è conosciuto come Alexandre Dumas padre, mentre l’altro come Alexandre Dumas figlio.
Come differenziarli?
Semplice!
Alexandre Dumas padre è colui che ha scritto Il Conte di Monte Cristo e la trilogia formata da: I Tre Moschettieri, Vent’anni dopo e Il Visconte di Bragelonne; mentre il figlio ha scritto molte opere teatrali e il romanzo La Signora delle Camelie a cui è ispirata La Traviata di Giuseppe Verdi.
Alexandre Dumas padre
Ebbe una vita molto al di sopra delle sue possibilità economiche, che lo condusse in situazioni imbarazzanti ma anche in grandi avventure; ma procediamo con ordine: Alexandre Dumas è nato a Villers-Cotterêts il 24 luglio del 1802 ed è morto nel dicembre del 1802. Contro alla sua volontà, che consisteva nel riposare presso il cimitero del suo paese natio, dal 2002 le sue ceneri sono deposte presso il Panthéon di Parigi.
Perse il padre a soli tre anni e fu allevato dalla madre, Marie-Louise Elisabeth Labouret. Viste le sue condizioni economiche non riuscì a compiere degli studi troppo approfonditi, ma fin da giovane aveva un grande interesse per la letteratura di ogni genere. Sempre per via delle ristrettezze economiche, iniziò presto a lavorare presso l’albergo del nonno materno, Charles Labouret. Nel 1823 si trasferì a Parigi e grazie alla sua bella grafia divenne copista presso la corte di Luigi Filippo, duca di Orléans e futuro Re.
Fu nel 1824 che cambiò la sua vita in primo luogo perché da una relazione con Catherine Labay nacque il figlio omonimo Alexandre Dumas e in secondo perché iniziò a comporre testi per il teatro e a proporli; da questi progetti nacquero grandi successi e lo scrittore poté abbandonare il suo impiego come copista e dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. Tra i generi letterari di cui si occupò vi è il dramma romantico e il romanzo storico, in entrambi i casi godette di una grande fortuna. Le sue opere letterarie più note sono: La Regina Margot, I tre moschettieri e Il conte di Montecristo; tutte e tre pubblicate a puntate su delle riviste a partire dal 1844.
Tra le cose stravaganti che fece non posso non raccontarti la sua curiosa idea di acquistare un terreno a Marly-le-roi e di farci costruire il suo personale Castello di Montecristo; ad essa seguì la costruzione di un teatro che chiamò Théâtre-Historique e che accolse le opere dei più grandi autori del passato: Shakespeare, Goethe, Calderón de la Barca, Schiller. Il teatro fallì nel 1850 e portò lo scrittore alla rovina. Fu costretto a vendere il suo castello e a scappare dai suoi creditori rifugiandosi in Belgio.
Da questo momento inizia il periodo che l’autore ha dedicato ai viaggi con vari spostamenti tra: i Paesi Bassi, la Germania, l’Austria, l’Ungheria, la Russia per giungere fino al Caucaso. Di una sua visita alle Eolie è giunto a noi un diario di viaggio, in cui Alexandre Dumas racconta di alcune giornate trascorse in barca in compagnia dello scrittore Jadin.
Celebre è il suo tentativo, avvenuto nel 1860 di imitare il viaggio di Ulisse, che lo portò a iniziare una crociera nel Mediterraneo che lo portò ad incontrare Giuseppe Garibaldi che era partito per la Spedizione dei mille e lo sostenne con aiuti economici. Dalla sua presenza presso la Battaglia di Calatafimi, nacque I garibaldini, 1861. Lo possiamo inoltre trovare accanto a Garibaldi nel giorno del suo ingresso a Napoli. Dal 1861 al 1864 Dumas venne nominato da Garibaldi direttore degli scavi e dei musei di Napoli e fondò il giornale garibaldino L’Indipendente; da queste esperienze napoletane nacque la sua storia de I Borboni di Napoli, mentre la città e gli abitanti di Napoli sono brillantemente descritti in alcune sue opere tra cui: Il Corricolo e La San-Felice.
Trascorse gli ultimi anni di vita presso la villa di suo figlio Alexandre a Puys dove morì il 5 dicembre. Pochi anni prima di morire, anche se malato, iniziò a comporre Il Cavaliere di Sainte-Hermine, un’ultima e meravigliosa opera che doveva andare a concludere la serie dei romanzi storici iniziato da La Regina Margot e I tre moschettieri. I suoi scritti occupano 257 volumi, cui vanno aggiunti i venti volumi delle sue memorie.
Il Cavaliere di Sainte-Hermine
Un romanzo rimasto nascosto per centocinquant’anni e ritrovato grazie all’acume investigativo di Claude Schopp. L’inedito di Dumas che completa il suo grande romanzo della storia di Francia: dal Rinascimento ai suoi tempi, dalla Regina Margot al Conte di Montecristo.
La pubblicazione del Cavaliere di Sainte-Hermine, ultima opera, inedita e sconosciuta, di Alexandre Dumas Padre, ha suscitato in Francia grandissimo clamore. E non solo per il fatto, straordinario in sé, che fosse rimasto nascosto per centocinquant’anni un romanzo, scritto dall’autore forse il più popolare di tutti i tempi, il creatore di D’Artagnan e del Conte di Montecristo. Ma per due ragioni più speciali. Innanzitutto si tratta di un testo che nessuno aveva finora sospettato, tanto che la vicenda del ritrovamento, lunga tre lustri, costituisce da sola un romanzo del romanzo. La racconta nell’Introduzione a questo volume l’uomo a cui si deve la scoperta, Claude Schopp, il massimo esperto di Dumas, uno di cui si dice che abbia compilato una scheda biografica per ogni giorno della vita dello scrittore, ed è un’indagine indiziaria. L’intrigo inizia proprio alla Dumas, il giorno della sua morte in un paesino della Normandia durante la guerra Franco-Prussiana: il suo legatario, temendo saccheggi da parte delle truppe, sotterra in un cantina le ultime carte dello scrittore insieme all’argenteria. Ma restano tracce nelle lettere, brani che si chiariscono solo con qualcosa, un romanzo che deve esserci ma non c’è, pagine incomprensibili se non si collegano ad altre che mancano. Finché la caccia spasmodica si chiude in un castello della Boemia postcomunista: da un inaspettato archivio dumasiano, si ricompone il romanzo nelle mani del suo detective instancabile. La seconda meraviglia è che il romanzo non è uno dei tanti scritti di un autore tra i più prolifici, ma è considerato l’anello mancante della catena che nelle intenzioni di Dumas doveva unire tutta la storia di Francia: dal Rinascimento ai suoi tempi, dalla Regina Margot al Conte di Montecristo: un romanzo della storia, cui mancava finora la stagione di Napoleone, il «despota della libertà». Così, Hector de Sainte-Hermine ha suscitato una forte euforia nella critica; si è subito riconosciuto il posto ricoperto nell’impresa creativa di Dumas da questo eroe, nella sua rotta avventurosa di vendetta nei marosi della storia: «In Hector si trovano raccolte tutte le virtù dei sui antenati – ha scritto Bernardo Valli. – Ha la forza di Porthos; l’audacia di D’Artagnan; la saggezza di Athos; la raffinatezza di Aramis; la nobile indulgenza di Edmond Dantès. È impareggiabile nella spada; infallibile con la carabina e la pistola; perfetto nell’eleganza naturale; è colto; poliglotta; raffinato; irresistibile per le donne. È un aristocratico di sangue, di cuore e di tratto. È un corsaro intrepido e generoso. Un marinaio senza paura. Uccide le tigri di Birmania e spara la pallottola che durante la battaglia navale di Trafalgar uccide il vittorioso Nelson».