Protagonista dell’appuntamento di oggi con la nostra rubrica Autori in tasca è Derek Walcott, premio Nobel per la letteratura nel 1992. Derek Walcott nasce a Castries (la capitale di Saint Lucia, un’isola delle piccole Antille) nel 1930 da padre inglese e madre discendente della tribù Ashanti.
Il file rouge delle sue opere è l’esplorazione della cultura caraibica, nelle sue sfaccettature di identità pluriculturale. La sua produzione è soprattutto in lingua inglese, riservano però ad alcune opere minori il creolo delle Antille.
Nel 1992 gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: ”per un’opera poetica di grande luminosità, sostenuta da una visione storica, frutto di un impegno multiculturale”.
Gli studi di Derek Walcott si svolgono prima al St. Mary’s College di Santa Lucia e, successivamente, presso l’Università delle Indie Occidentali in Giamaica. A fine degli anni cinquanta del secolo scorso, Derek Walcott decide di studiare teatro e per farlo si reca a New York. Da quel momento e fino alla sua scomparsa avvenuta nel 2017, si divide tra la sua patria natia e gli Stati Uniti d’America, riflettendo questa scissione fisica e culturare in alcuni versi delle sue poesie.
Una selezione di opere di Derek Walcott
Le sue opere si dividono tra la produzione poetica e quella teatrale. Di seguito, una selezione tra quelle tradotte in italiano, per conoscere meglio questo importante autore: Omeros, Isole. Poesie scelte, Egrette bianche, Prima luce e La voce del crepuscolo.
Omeros
Isole. Poesie scelte
Una dedizione totale alla poesia e una preoccupazione per la condizione umana nate dalla volontà di rimanere fedele a un’epifania precoce – magistralmente narrata nel poema autobiografico Un’altra vita – che, alla maniera di Dante, ha segnato e continua a segnare il corso di un’intera esistenza. Ripercorrere l’avventura letteraria di Derek Walcott significa assistere al dispiegarsi di un dono poetico capace, come forse nessun altro ai nostri giorni, di coniugare il lampo lirico dell’istante “in cui ogni sfaccettatura” è “còlta in un cristallo di ambiguità” con il gesto aperto e impersonale dell’epica. Il risultato, sulla pagina, è un’opera di straordinaria versatilità formale, magnificenza linguistica e precisione metaforica, costantemente illuminata da una compassione ampia, come nei grandi poeti di ogni tempo.
Egrette bianche
Iosif Brodskij ha paragonato la poesia di Walcott alle onde di marea, a frangenti che montano, si ritirano e tornano a lambire la costa, mentre la magnificenza del suo linguaggio e la profusione di immagini evocano la lussureggiante natura delle Indie Occidentali. E il lettore non potrà che restare abbacinato a osservare “queste egrette / che incedono sul prato in truppe scomposte, bianche insegne / che arrancano derelitte; sono i rimpianti / scoloriti delle memorie di un vecchio, le loro strofe mai scritte. / Pagine che svolazzano come ali sul prato, segreti svelati”.
Prima luce
La voce del crepuscolo
“C’è un’esultanza fortissima, una celebrazione della fortuna, quando uno scrittore è testimone degli albori di una cultura che si definisce da sé, ramo dopo ramo, foglia dopo foglia…” scrive Derek Walcott parlando dei Caraibi, e di uomini e donne che “non leggono ma sono lì per essere letti, e se vengono letti nel modo giusto creano la propria letteratura”. Non stupisce allora che egli consideri scrittori fratelli Saint-John Perse, Aimé Césaire e Patrick Chamoiseau.