Aleksandr Isaevič Solženicyn premio Nobel per la letteratura nel 1970
Possiedi solo ciò che puoi portare con te; conosci le lingue, conosci i paesi, conosci la gente. Lascia che la tua memoria sia la tua sacca da viaggio
Aleksandr Isaevic Solgenitsin è un autore russo nato a Kislovodsk l’11 dicembre 1918, ma da subito trasferito con la madre a Rostov-sul-Don. Nel 1924, a causa degli espropri ordinati dal regime, i due si trovano nella miseria, nonostante ciò Aleksàndr continui gli studi e si laurea in matematica nel 1941. Sarà in quell’anno che si si arruolerà come volontario nell’Armata Rossa e poi inviato sul fronte occidentale.
Scritto fra il 1958 e il 1968, Arcipelago Gulag (Gulag è l’acronimo russo di «Direzione centrale dei lager») è un saggio di inchiesta narrativa. Gulag è il sistema coercitivo per sopprimere la libertà degli oppositori e dei critici del sistema centrale, accusati di essere i nemici del comunismo. L’autore ripercorre la sua vita da carcerato, dalla condanna al termine della pena.
Una giornata di Ivan Denissovic, primo capolavoro dello scrittore viene pubblicato nel 1961 dalla rivista Novyj Mir, in questo romanzo c’è tutto l’orrore che aveva vissuto e l’accusa contro chi permetteva che esistessero i lager staliniani. Quello che mette in evidenza nello scritto è che nei lager la cosa peggiore non era la violenza fisica contro i prigionieri ma quella psicologica e il condizionamento dei pensieri.
Nonostante venga insignito del premio Nobel per la Letteratura nel 1970 Aleksandr Isaevič Solženicyn, verrà espulso dalla Russia nel 1974 e in quell’anno andrà a Stoccolma, dove pronuncia un discorso rimasto negli annali: affermerà di parlare a nome di tutti i prigionieri e soprattutto di quelli che non usciranno mai vivi dai lager sovietici.
Dopo anni vissuti con la famiglia in America, farà ritorno in patria solo nel nel 1994; la riconciliazione col suo paese, che tanto dolore gli aveva procurata avverrà solo nel 2000 quando incontrerà il presidente Vladimir Putin.
Ti riporto uno stralcio di uno scritto del critico letterario Antonio D’Orrico per definire lo scrittore russo e il suo ruolo nel Novecento:
L’importanza (ma la parola è inadeguata) di Solzenicyn, non per la storia della letteratura ma per quella del mondo, è immensa. Spesso si dice, e con qualche ragione, che è stato Karol Wojtyla a far cadere il Muro di Berlino. Con molte ragioni in più va detto che è stato lo scrittore russo ad abbattere quasi da solo il socialismo reale e, addirittura, la filosofia da cui traeva ispirazione. Un’impresa titanica. Vi sarete chiesti in qualche momento della vostra vita a che serve la letteratura. Ecco, la letteratura in alcune occasioni può servire a questo, ad abbattere un regime, piegare un impero. E non è un’esagerazione. Basta pensare alla vita di Solzenicyn, prima ancora che leggere la sua opera, basta guardare i suoi libri, messi su un tavolo come i modelli per una natura morta, per capire quello che semplicemente è successo. Solzenicyn è una forza (come si dice in fisica ma anche nei film di fantascienza di Lucas). Ricordate il ragazzo di Tienanmen davanti al carro armato? Solzenicyn è un po’ come lui, con l’aggiunta che il carro armato l’ha smontato a mani nude (ci sono mani più nude di quelle di uno scrittore?). Però Solzenicyn non è conosciuto quanto dovrebbe essere conosciuto (in Italia specialmente).
Solženicyn è morto a Mosca il 3 agosto 2008, è stato un grande uomo, prima che un grande scrittore. Ha lottato contro il comunismo e ne ha fatto conoscere al mondo il vero e orrendo volto che lui stesso aveva conosciuto.