È stato trovato a Parigi, alla Bibliothèque Nationale de France, l’autografo di una lettera, per larghe parti inedita, scritta da Guicciardini a Machiavelli. A scovarla il professor Marcello Simonetta che la ha inserita nella nuova edizione del suo libro ‘Francesco Guicciardini, tra autobiografia e storia‘ pubblicato da Ronzani editore.
La lettera di Guicciardini a Machiavelli
Datata 7 agosto 1525, la lettera che fino ad oggi era nota ma solo parzialmente a causa di copie imperfette, è strategica per l’analisi della visione guicciardiniana della storia, contiene la celebre frase “ambuliamo in tenebris” che definisce pessimisticamente la condizione umana e in particolare un momento di guerra e di incertezza che è di triste attualità.
Il ritrovamento di Simonetta, senior scholar del Medici Archive Project a Firenze, dove vive, tra i curatori dell’edizione nazionale delle Lettere di Machiavelli e autore di numerosi libri – permette di correggere, spiega la nota dell’editore, svariate lezioni e di colmare le lacune dei due apografi noti (l’Apografo Ricci e il Vat. lat. 6528), consentendoci di affermare con certezza che il corpo centrale della missiva riguarda la tenuta di Finocchieto, visitata da Niccolò per conto dell’amico pochi giorni prima. Vent’anni fa Simonetta aveva ritrovato anche la missiva machiavelliana del 3 agosto 1525 con la beffarda “recensione” di Finocchieto come allegoria del cattivo governo.
L’autografo
L’autografo ritrovato è conservato nelle Nouvelles Acquisitions Françaises della Bibliothèque Nationale de France, num. 1470, terzo volume della Recueil de lettres, quittances et pièces diverses, la plupart des XVIe et XVIIe siècles, formé par le Dr. Payen.
Il dottor Payen era il medico ed erudito francese, nonché esimio montaignista, che evidentemente acquistò questo e altri autografi della collezione Succi all’asta parigina del 10 aprile 1863. La lettera era sparita dalla circolazione fino ad ora. Nel libro di Simonetta c’è un altro elemento importante. La riflessione intorno a un testo poco conosciuto, ma veramente originale ed esplosivo, l’Accusatoria, in cui Guicciardini immagina di essere messo alla berlina da un magistrato repubblicano.
Questo discorso, sottolinea la nota dell’editore,
“di solito viene trattato dagli studiosi come un mero esercizio retorico, ma Simonetta dimostra che i capi d’accusa sono tutti veri e incontrovertibili. E formula dunque contro Guicciardini l’accusa di praticare una forma di autobiografia travestita da storiografia, o un’auto-giustificazione obliqua del proprio operato. Un’accusa non del tutto infondata, come si nota riflettendo sul ruolo ambiguo di attore, e non solo di spettatore, che egli ebbe a giocare nel più drammatico frangente della storia italiana, dal 1494 al 1527 (col Sacco di Roma, di cui fu personalmente responsabile)“.