Audrey Hepburn non è stata solo un’attrice, ma il simbolo stesso della grazia e dell’eleganza, un modello di stile, fascino classe e intelligenza.
Non sono solita leggere biografie, non è un genere tra i miei prediletti, ma quando ho avuto l’occasione di recensire Audrey Hepburn La farfalla di ferro di Alessandro Ruta edito da Diarkos non ci ho pensato due volte.
Sabrina, la principessa Anna, suor Lucia, poi Edda e Audrey, ancora ambasciatrice dell’Unicef, quante donne in una donna, quante vite in una vita,
Ho imparato a essere qualcosa di questo mondo che ci circonda, senza stare lì in disparte a guardare. Stai pur certo che ormai non la fuggirò più la vita… e neanche l’amore.
Per arrivare a dir queste parole la diva hollywoodiana, che certo non si atteggiava a diva, ha dovuto percorrere una vita difficile e piena, passando dai set più prestigiosi dei suoi tempi, dagli Studios a Cinecittà, a periodi chiusa nella sua dimora svizzera.
Alessandro Ruta ci racconta di un’icona che andava controcorrente, che vestiva di bianco e nero quando i colori erano sugli abiti delle altre attrici, che aveva un fisico asciutto e longilineo quando Marylin Monroe e Sofia Loren la facevano da padroni, che postava ballerine ai piedi quando il tacco dodici divenne un must.
I pro e i contro per Audrey Hepburn La farfalla di ferro
Sicuramente mi è piaciuto e a reso la lettura accattivante il fatto che siano stati ben integrati i pochi aneddoti conosciuti della vita privata dell’attrice con quella che è stata la sua vita pubblica. Inoltre ho trovato interessante come Alessandro Ruta abbia inserito le trame di alcuni film poichè non tutti i lettori sono conoscitori di ogni film con la Hepburn come protagonista.
Belle le descrizioni anche se avrei insistito molto di più sulle ambientazioni e sugli stati d’animo. La principessa Anna che gira in Vespa per Roma è conosciuta da tutti, insistere su questo personaggio con particolari riguardanti le riprese e le giornate passate nella Capitale avrebbe dato qualcosa di più al libro. Parigi, Cinecittà e gli Studios sono stati i luoghi che hanno visto e hanno partecipato alla svolta dell’attrice, sarebbe stato utile descriverne ancora meglio le atmosfere, così come durante le riprese in Congo e in Sud America. Anche il rapporto con le altre dive di quel tempo poteva essere uno spunto interessante per rendere ancor più affascinante la lettura.
Questo tipo di accortezza c’è stata nei primi capitoli, quando Edda è bambina e vive la guerra, poi è andata scemando fino all’inizio del secondo matrimonio. Ritroviamo qualcosa di lei, donna non diva, nei periodi che trascorre in Svizzera con il figlio Sean e a Roma al fianco di Dotti, in questi passaggi è mamma e moglie come il grande pubblico non la conosce.
Devo purtroppo segnalare alcune, non poche, imprecisioni che non hanno inficiato la lettura, ma danno la sensazione di un testo poco curato nella fase pre pubblicazione ed è veramente un peccato. Mi riferisco a errori di battitura, di sintassi e anche grammaticali. Probabilmente un editing più preciso e accurato avrebbe evitato questo tipo di problematiche.
Le biografie non sono le mie lettura preferite ma consiglierei questa agli amanti del genere, della diva e del grande cinema di quegli anni.