Caro lettore, lunedì scorso nel caffè letterario motivazionale ho anticipato la pubblicazione qui sul nostro sito del mio racconto breve intitolato Anna ispirato dall’incipit di La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante.
Mercoledì 01 luglio abbiamo pubblicato la prima parte, ed ecco il seguito:
…Anna – seconda parte
Parli poco, ma a me basta guardarti per capire quali emozioni ti sconvolgono. Fin da piccolina hai mostrato un’intelligenza fuori dal comune, hai pianto pochissime volte, come se già sapessi che non ti era consentito farlo.
Crescendo mi aiutavi con il lavoro, mi tenevi i vestiti che cucivo o rimanevi lì a guardarmi per ore. La sera ci addormentavamo abbracciate e non ci siamo mai separate fino al tuo primo giorno di scuola.
Quando sei entrata in classe, piccolina com’eri, mi si è svuotato il cuore. Ero felice che stessi crescendo ma avevo paura per il tuo futuro. Ma tu mi hai guardato e mi hai sorriso, eri serena ed io volevo che continuassi ad esserlo, avrei fatto di tutto per te.
Nonostante il dolore per ciò che era successo alla nostra famiglia sapevo che insieme potevamo farcela. Tu mi davi la forza per andare avanti.
Quando tornavi da scuola, spesso capitava che tuo padre dormisse, poi quando verso sera sapevi che stava per uscire ti chiudevi nella tua stanza, avevi paura. A volte tornava a casa ubriaco, ed io ti nascondevo.
Non si era forse nemmeno accorto che eri nata, né se ne preoccupava. Almeno così credevo.
Per anni ti ha ignorato e io spesso ti mandavo a casa di Tina per evitare che lo incontrassi. Non ne parlavamo mai, né tu mi hai mai chiesto nulla, anche perché ogni volta che mi domandavi qualcosa mi vedevi piangere.
E poi hai smesso di chiedere.
Una sera di febbraio, io e te eravamo in cucina, vicino alla finestra. Fuori pioveva e sferzava il vento, dai vetri filtrava un’inquietante luce blu. Tuo padre, come al solito, stava per uscire da casa, ti ho chiesto di nasconderti in bagno e tu eri lì dietro la porta mentre lui per la prima volta dopo tanto tempo mi parlò.
“Tua figlia è stata la nostra rovina, è colpa sua se ci hanno bruciato il negozio. La porterò via da qui”.
Questo è l’ultimo ricordo che ho.
Urlai per ore e quando mi svegliai mi trovavo in un ospedale. Ma non era un ospedale normale. Ero legata al letto e qualcuno, quando per pochi attimi mi svegliavo, veniva a pungermi il braccio. Non so per quanto tempo sono rimasta là dentro, ma so che non ti ho più rivista.
Neanche quando sono tornata a casa.
Gennaro non dormiva più tutto il giorno, sembrava si fosse ripreso. Gli chiedevo di te, ma lui diceva che stavi bene e che non avevi più bisogno di una madre come me, che ti aveva data a gente “buona”.
Io rimanevo a letto incapace di alzarmi, lui era sempre ben vestito, a casa portava fiori freschi ogni giorno, mi diceva “Rosa presto riavremo il nostro negozio”.
Non mi picchiava più. Ma io ero ormai morta dentro senza di te e non avevo neanche la forza di rispondergli.
Quando non era dolce e premuroso, mi minacciava. La mia vita era un inferno e il solo pensiero che mi teneva in vita era la speranza di ritrovarti.
Ogni notte pensavo a come poter scappare da quella casa che era diventata la mia prigione. Quando Gennaro usciva chiudeva la porta a chiave, ormai tutti in quartiere pensavano che fossi diventata pazza dopo la tua scomparsa, ma forse nessuno sapeva che era stato proprio tuo padre a portarti via.
ANNA Ti aspetta per il finale domani sempre alle 16:00
Spero che fin qui sia stata per te una buona lettura. Anna Francesca.
Il racconto è coinvolgente ed emozionante. Attendo ansiosa l’ultima parte . Complimenti vivissimi alla scrittrice ❤️
Grazie Ilaria! ❤️
Complimenti! Attendo il finale
Grazie Cri 😘
Sto tramando, bravissima. Riesci a trasmettere le emozioni di Anna. Aspetto con ansia il finale❤️
Sono davvero felice che ti abbia trasmesso delle emozioni. Grazie Erika😊❤️